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ANGOLO JUVENTUS – Nulla cambia tranne la classifica

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Vlahovic Juventus
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Ci si mette tanto a costruire ma per distruggere può bastare un attimo”. A sentire il commento di Max Allegri dopo il sofferto pareggio di Verona sembra che la crisi della  Juventus dipenda soltanto da un momentaneo calo di forma. In realtà “l’attimo” di cui parla il tecnico livornese dura da quasi un mese. Dopo, infatti, la vittoria contro il Lecce dello scorso 21 Gennaio, la squadra bianconera non ne ha più azzeccata una. Sono arrivati in sequenza: l’inatteso stop casalingo con l’Empoli, la disfatta di San Siro contro l’Inter e il clamoroso rovescio con l’Udinese allo Stadium. Una simile carenza di risultati, in un momento cruciale del torneo, spinge a porsi degli interrogativi. E’ dipeso tutto dal venire meno dell’invidiabile unità d’intenti esibita fino ad ora? O sono i singoli che non riescono più a cambiare passo? Di certo il distacco dall’Inter capolista è aumentato a dismisura mentre riemergono tutti i dubbi di inizio campionato sulla reale possibilità di agguantare una delle prime quattro posizioni. Nulla cambia tranne la classifica.

Involuzione di gioco

Le maggiori preoccupazioni provengono dall’inquietante involuzione della manovra di gioco. Negli ultimi quattro match agli spettatori è sembrato di rivedere un film già proiettato troppe volte la scorsa stagione. Una Juventus abulica, incapace di proporre anche solo un abbozzo di manovra, perennemente in attesa dell’errore dell’avversario per portarsi a casa i tre punti. E la retroguardia, da sempre il principale punto di forza del team, ha smarrito la sua proverbiale impermeabilità, finendo per venire infilata anche da giocatori di non primissimo piano. A meno che la vista delle maglie bianconere non li motivi al punto di sfoderare doti insospettabili è chiaro che le loro mirabolanti prestazioni sono largamente determinate dalle defaillance degli uomini di Allegri. Le due reti del Verona pesano parecchio sulla coscienza dei difensori: l’incerto Rugani, il grezzo Gatti, persino il solitamente impeccabile Danilo. I difetti endemici dei primi due si ripresentano nel momento peggiore e tolgono smalto anche al terzo. E fanno riaprire discussioni che il filotto di risultati positivi dell’autunno aveva sopito. Nulla cambia tranne la classifica.

La conta degli assenti

Certo, nella disastrosa prestazione di ieri ha il suo peso anche l’assenza di Bremer. Il centrale brasiliano è diventato, per meriti acquisiti sul campo, l’ago della bilancia del reparto. Quanto sono mancate le sue implacabili chiusure, quante recriminazioni sono state fatte vedendo all’opera il suo sostituto, il tremebondo Rugani. E, anche se non si può buttare la croce addosso a chi è sceso in campo, è altrettanto deprimente trovarsi a fare la conta degli assenti per cercare di giustificare l’insuccesso. Un alibi del genere regge fino ad un certo punto: avere un impianto consolidato serve anche, all’occorrenza, a mascherare le defezioni dell’organico. Tutte argomentazioni già sviscerate più volte ma che si ripresentano ad ogni battuta d’arresto. Nulla cambia tranne la classifica.

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L’importanza degli episodi

Preoccupa anche la perdurante incapacità del gruppo di reagire una volta che ci si trova in svantaggio. La gara contro gli scaligeri ha visto per ben due volte i ragazzi di Allegri costretti ad inseguire. E riuscire a recuperare lo svantaggio soltanto grazie a degli episodi casuali. Nel primo caso è stato tanto freddo quanto lucido Vlahovic a realizzare un calcio di rigore. Dopo due errori consecutivi dal dischetto per il centravanti serbo trasformare un penalty era divenuta una sfida con se stesso. Nella seconda occasione, invece, una pregevole iniziativa tra due giocatori fin li deludenti (Locatelli e Rabiot)  porta al definitivo pareggio. Ma è evidente che sono più omaggi di Madama Fortuna che frutto dell’ingegno degli atleti. Per nulla ansiosi, tra l’altro, di smentire lo scetticismo di stampa e tifoseria.. Nulla cambia tranne la classifica.

Dolori della crescita

E se dell’uomo che doveva spaccare le partite si è persa ogni traccia anche il suo erede naturale non lancia squilli di tromba. Federico Chiesa era atteso ad un campionato da protagonista dopo le troppe pause dell’anno scorso. Dopo un avvio promettente si è smarrito al punto da dover lasciare il posto all’ultimo arrivato, l’imberbe Kenan Yildiz. I numeri del giovane turco, all’esordio, avevano fatto ben sperare, al punto di indicarlo come perno della rinascita bianconera. Ora, sarà che si è gridato troppo presto all’avvento di un nuovo profeta, sarà che il promettente rifinitore deve per forza rallentare dopo i fuochi d’artificio dell’esordio, ma è un dato di fatto che, nelle ultime partite, sia stato impalpabile. E il suo calo ha inciso molto sulla resa di un gruppo che ha cominciato troppo presto a fare affidamento sulle sue giocate. Il suo percorso di crescita non può che essere doloroso, è necessario aspettarlo. Nel frattempo nulla cambia tranne la classifica.

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