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NUMERO 14 – Il sentimento e la ragione

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Mons, capoluogo della provincia vallona dell’Hainaut (Belgio), 8 Giugno del 1984. Il Tribunale civile della piccola cittadina ha un ospite d’eccezione quel giorno. Si chiama Vincenzo Scifo, ha 18 anni da pochi mesi e ha deciso di diventare cittadino belga. Anche se il suo nome parla chiaro, anche se le sue origini sono italiane ha fatto la sua scelta. Alla fine la ragione ha prevalso sul sentimento.

Facce Nere

Non è stata una decisione facile, c’è una lunga storia dietro. I suoi sono emigrati dalla Sicilia nel 1952 per questioni di sopravvivenza. Sull’isola non sempre il lavoro era garantito e chi ha famiglia deve risolvere il problema del vitto quotidiano. La partenza è inevitabile, la destinazione finale è comune a molti concittadini. Il paese fiammingo non lesina sul lavoro, specie per chi non ha troppe pretese. Il posto alla miniera di carbone è faticoso, pieno di rischi. Ma è anche regolarmente retribuito, quel tanto che basta per vivere con decoro e crescere dignitosamente tre figli. Poi ci sono anche gli aspetti negativi, quelli non mancano mai. Chi è italiano, da quelle parti e in quegli anni, si scontra fatalmente con la diffidenza dei locali. Che ci mette poco a trasformarsi in ostilità, rimarcata dall’epiteto dispregiativo “Visages noirs” (Facce nere), riservato indistintamente a tutti quelli che provengono dall’Italia. E’ meglio far finta di nulla. O cercare di rivalersi in altri modi. Il terzogenito degli Scifo non ha grande passione per gli studi ma il Destino gli ha regalato un piede destro in cui c’è un pizzico di magia.

Le petit Pelè

Sul campo di calcio non valgono i pregiudizi razziali, se giochi vuol dire che lo meriti. Enzo dimostra di saperci fare: alza la testa, accarezza il pallone, lo indirizza al compagno meglio piazzato, la sua squadra va in vantaggio. E’ un copione che va in scena infinite volte sui campetti dove gioca. Naturale che le sue doti lo mettano in vetrina, inevitabile che l’Anderlecht, la squadra più prestigiosa del paese, lo voglia nelle sue fila. A 14 anni il ragazzino italiano si trasferisce  a Bruxelles. Per inseguire il suo sogno e  dare una vita migliore ai suoi familiari. Non paga lo scotto del salto dalla provincia alla grande città, il suo curriculum nelle giovanili dell’Anderlecht annovera ben 432 marcature in 4 anni. Quando viene aggregato alla prima squadra si presenta ai ben più anziani compagni con il soprannome di “petit Pelè” (piccolo Pelè).

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Il momento della scelta

L’allenatore, Paul Van Himst, stravede per lui, lo lancia come titolare anche se non è ancora maggiorenne. E viene ripagato con un campionato giocato da protagonista assoluto: gol ed assist con la disinvoltura di un veterano. I dirigenti della squadra gli propongono un ricco contratto quinquennale. A patto che prenda la cittadinanza belga, che faccia una scelta definitiva. Non si tratta solo di nostalgia, Enzo ha già conosciuto l’Italia. E anche le sue lusinghe. Ha disputato un torneo dalle nostre parti e ha impressionato tutti giocando come sa. I giornalisti ci hanno messo poco a costruirgli addosso il personaggio dell’emigrato di talento e lui ci ha messo del suo rilasciando generose interviste in cui si diceva entusiasta all’idea di tornare nel paese dei suoi avi da calciatore affermato. Giocare in uno dei nostri club sarebbe il miglior viatico per arrivare alla maglia azzurra. Ma quest’ultimo particolare non è di poco conto per il Guy Thys, c. t. della nazionale belga. L’ha visto, lo apprezza, lo vuole nella sua selezione per gli Europei del 1984 in Francia. Fino all’ultimo Enzo spera in una chiamata dall’Italia ma i contatti con i club nostrani (Juventus, Inter, Milan e Atalanta) si risolvono in un nulla di fatto. Non c’è più tempo, bisogna dare una risposta all’Anderlecht. Scifo si reca al Tribunale di Mons, vestirà la maglia dei Diavoli Rossi.

Douce France

Il risultato della sua decisione è una maglia da titolare nel Campionato Europeo. Thys non ha timore di affidare ad un 18enne le redini del suo centrocampo. Sa di potersi fidare. Al suo esordio nel torneo contro la Jugoslavia è il migliore in campo, decisivo per la vittoria per 2 a 0. Nella partita successiva deve confrontarsi con la Francia padrona di casa. Il capitano degli avversari è Michel Platini, il suo idolo di sempre. Il fuoriclasse transalpino non usa molti riguardi nei confronti del suo giovane rivale: lo ignora a parole ma sottobanco dice ai suoi di tenerlo d’occhio per evitare rischi. Alla fine è goleada per la Francia, il Belgio viene sconfitto con cinque marcature a zero. Tuttavia per lui ci sono i complimenti del c. t. francese Hidalgo, uno che di campioni se ne intende. Il torneo per i belgi, in pratica, finisce qui. La sconfitta di misura nella terza partita contro la Danimarca è solo la conferma di una eliminazione annunciata. Ma Scifo ha convinto tutti, la Francia non è stata avara di soddisfazioni per lui, il futuro si annuncia radioso.

Tra le prime quattro

Continua ad essere un titolare fisso dell’Anderlecht e della Nazionale. Con la sua squadra di club vince scudetti a ripetizione e arriva fino alla semifinale di Coppa dei Campioni 1985-86, eliminati dallo Steaua di Bucarest che poi vincerà il trofeo. Con la nazionale disputa il suo primo Mondiale. In Messico, a poco più di vent’anni, è il trascinatore della sua squadra: 7 partite giocate, due gol messi a segno e un quarto posto finale. Mai il Belgio aveva conseguito un risultato simile, Enzo e i suoi compagni entrano di diritto nella storia calcistica del loro paese. E se sulla loro strada non avessero incrociato il miglior Maradona di sempre magari avrebbero potuto arrivare alla finalissima del torneo.

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Primo arrivo in Italia

Le grandi squadre italiane non hanno mai smesso di pensare a lui e, alla fine, Enzo sbarca nel Belpaese. Ad aggiudicarselo, nell’estate del 1987, è l’Inter di Trapattoni, per lui vengono spesi più di sette miliardi di lire. Il suo ambientamento, però, è difficoltoso e i risultati mediocri. Alla fine del campionato le 28 presenze e i quattro gol messi a segno non vengono ritenuti sufficienti per la riconferma. E’ già tempo di rifare la valigia, destinazione Bordeaux. Dovrebbe essere la tappa ideale per rilanciarsi ma, in realtà, è solo una nuova annata da dimenticare. Il suo effettivo riscatto avviene con la maglia dell’Auxerre, dove disputa due grandi campionati, concludendo il secondo con un brillante terzo posto finale in classifica. E’ ancora giovane, ha tanta voglia di dimostrare a tutti che non è finito. E la conferma arriva anche dal brillante Mondiale disputato in Italia. Il Belgio viene eliminato agli ottavi di finale ma Enzo dimostra la sua classe con un formidabile gol dalla distanza all’Uruguay. E’ l’acuto di un campione.

L’avventura al Torino

Si merita una seconda chance in Italia, a dargliela è l’ambizioso Torino di Borsano e Moggi. Enzo sbarca in una squadra giovane e con grandi prospettive. Il suo periodo all’ombra della Mole è strepitoso: due campionati, 62 presenze, 16 reti complessive, una Coppa Italia vinta, un prestigioso terzo posto e una memorabile doppia finale di Coppa Uefa con l’Ajax conclusa senza sconfitte. Alla fine della seconda stagione alcune incomprensioni con il trainer Mondonico lo inducono a cambiare aria. Ancora Francia e il Monaco prima di tornare all’Anderlecht per l’ultima stagione della carriera.

Nessun rimpianto

A chi l’ha criticato, accusandolo di essere troppo lezioso e poco concreto, Scifo ha sempre replicato enumerando i risultati ottenuti. Ha giocato nei più prestigiosi tornei europei e l’ha sempre fatto da protagonista. Ha vinto trofei ovunque. Ha partecipato a quattro edizioni dei Mondiali, arrivando in una occasione ad un passo dal podio. Di fronte a questo cosa importano le parole dei detrattori? Lui non ha nessun rimpianto, ha fatto le sue scelte senza mai rimpiangere nulla. Il suo talento ha tirato fuori la sua famiglia dalle insidie di una vita fatta solo di sacrifici. Poteva lasciarsi sedurre dal sentimento e cedere alle offerte delle squadre italiane. Ma ha prevalso la ragione.

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