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Donnarumma, l’erede designato a tavolino

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Donnarumma PSG
Tempo di lettura: 3 minuti

Gigio Donnarumma, un fenomeno di portiere o l’erede di una grande dinastia di numeri uno designato a tavolino?

Chi vi scrive ama il Calcio oltre ogni ragionevole dubbio e questo non vuol essere un ‘J’accuse” pretestuoso e sensazionalistico,  ma forse è arrivato il momento, per tanti, di fare pubblica ammenda ed ammettere che, oggettivamente, “vi siete sbagliati”, decidendo d’impeto, a scatola chiusa ed in modo irrazionale, che Gigio Donnarumma fosse il naturale erede della più grande dinastia di portieri che una nazionale di calcio abbia mai annoverato tra le proprie fila.

Scomodare il Combi di Pozziana memoria, il Bacigalupo del Grande Torino, il SartiBurgnichFacchetti (scusate è partita la filastrocca) del mago Herrera, l’eroico Albertosi nella “partita del secolo”, potrebbe apparire ai più un mero esercizio di stile, ma  il pensiero vola agli immensi Zenga, Pagliuca, Peruzzi e Toldo, giunti a centimetri (e a secondi) dalla gloria eterna in mondiali ed europei e ,nonostante mai sopiti rimpianti pieni di amarezza, a ogni pensiero che li riguardi ci si illumina d’immenso.

Generazione di fenomeni

Immaginiamo solamente il senso di frustrazione provato dal  giaguaro Castellini, quello di Claudio Garella e di Franco Tancredi nel veder tarpate le proprie ali mentre provano a spiccare il volo da titolari in nazionale maggiore.

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Parliamo di portieri che nonostante siano stati capaci di vincere lì dove era impossibile farlo (Torino, Verona,  Napoli e Roma), hanno raccolto briciole in Nazionale.

Portieri dalla mostruosa personalità, estremi difensori che hanno segnato in modo indelebile la Golden Age del calcio italiano e mondiale per quasi 20 anni.

Guanti d’oro

Anche la straordinaria carriera di un ragazzone con i baffi venuto dalla provincia umbra fino a salire sul tetto del mondo con la vecchia Signora a Tokyo nel 1985, è parte della storia unica che lega il nostro calcio ai campioni tra i pali. Un mostro di bravura  Tacconi, ma in Nazionale sempre un passo dietro a Walter Zenga

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Stefano aveva appena raccolto, con incosciente spregiudicatezza, il testimone dal monumento nazionale calcistico per eccellenza, un mito vivente di nome Dino Zoff. Un uomo che,  alla veneranda età di 40 anni come se fosse  il miglior Refosco dal Peduncolo Rosso d’annata, fu capace di deliziare il popolo italico in un afoso pomeriggio catalano e di ubriacare, insieme agli eroi del 82′ il più grande Brasile non vincente di tutti i tempi.

Alzare la coppa Mundial davanti al Re di Spagna, giocare a scopone in aereo con il Presidente della Repubblica Italiana più amato della storia sono gesta epiche che narrano il mito di un calcio che non c’è più.

Fino ad arrivare a Buffon che chiude la porta in un valigia e ci porta a Berlino, forse il portiere più forte del mondo all time. Tecnica, fisico e personalità ancora oggi al servizio dell’Azzurro.

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Erede a tutti i costi

Ma anche lui è ormai un lontano ricordo. Un enorme buco nero nel quale siamo sprofondati inesorabilmente, un vuoto tecnico senza precedenti che abbiamo cercato di colmare con l’ansia di chi vuol individuare ad ogni costo, whatever It takes, un simbolo al quale aggrapparsi.

Ma, con il dovuto rispetto, perché Lui?

Perché Donnarumma?

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Analizzando le sue performances d’oltralpe è oggettivamente palese come la sua crescita tecnica sia totalmente assente, quasi un involuzione tecnica, che denota in modo lapalissiano un q.i. calcistico di medio/basso livello.

Al fisico mostruoso donatogli da madre natura non ha mai corrisposto quella padronanza tecnica cosi tanto richiesta ai portieri contemporanei. Il gioco con i piedi, sempre più centrale nel ruolo, è chiaramente sotto la media e gli errori che spesso le sue squadre compiono in uscita dal basso è la riprova.

L’incapacità di leggere correttamente lo sviluppo delle azioni è diventata una brutta consuetudine che a un occhio attento non può sfuggire.

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Raramente si è vista una tale dissonanza tra ciò che si narra e le reali prestazioni sportive di un atleta.

Serviva un altro Buffon, serviva l’erede della dinastia e voilà: ecco a voi Gigio Donnarumma. Chiaramente il ragionamento è un’iperbole messa nero su bianco. La descrizione fatta non mira a far passare il portiere del PSG per uno scarso carneade, che ovviamente non è, ma a focalizzare l’attenzione sulla differenza abissale con chi l’ha preceduto. Ed è per questo che possiamo affermare, senza timore di smentita, che se al posto di Donnarumma andassero in porta Vicario o Provedel la situazione non peggiorerebbe, anzi…

Detronizzare il sovrano attuale della porta dell’Italia non è assolutamente lesa maesta quindi, ma va rivendicato con forza per amore di questo sport e del ruolo in assoluto.

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Perché, per il momento che vive il calcio italiano, non possiamo permetterci il lusso di aspettare un atleta che dopo nove anni di remunerosa carriera ha visto la sua crescita sportiva restare praticamente immobile, soldi a parte ovviamente.

(Articolo a cura di Mario Aorta e Alessandro Piacentini)

(Foto depositphotos)

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