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Angolo del tifoso

ANGOLO JUVE – Brutti a chi?

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Partirei col dire che ci avevano detto che per vincere bisognava essere belli. Ma belli davvero eh, mica trascurati, con la tuta addosso, i capelli legati e lo smalto sbeccato. Belli proprio, tacco 12, mascara nerissimo e sguardo assassino. Peccato si siano però dimenticati che la bellezza è sempre negli occhi di chi guarda.

Allora in questa sera torinese non so cosa aspettarmi dalla Juve di mister Pirlo, perché siamo nel bel mezzo di una tempesta perfetta. La settimana che ci dirà dove vogliamo andare ma soprattutto chi siamo, se ci siamo ricordati di prendere la pochette griffata e se usciamo con la busta della spesa. Dopo Inter e Samp fuori casa, alla Roma di Fonseca tocca calcare la passerella verde della Continassa: squadra con qualche fastidio di troppo, di quelli che però non vanno via con la fisioterapia e gli impacchi di ghiaccio. Dzeko c’è, ma guarda il campo dalla panchina dopo la pace fatta col suo tecnico. E pensare che un’estate fa avrebbe potuto guardare quella panchina con occhi diversi.

Pirlo lascia a riposo Juan Cuadrado, e ributta nella mischia Alex Sandro. Coppia difensiva per eccellenza, Bonucci e Chiellini, con Danilo davanti a Szczesny, Morata e Ronaldo con il compito di mettere palloni in porta. A centrocampo Chiesa, Rabiot e McKennie con Arthur sulla sua bella sedia da regista. Qualcuno sembra davvero aver preso le redini di questo centrocampo qui.

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Ciak si gira, ma sono i giallorossi questa sera ad avere pieno possesso delle redini del gioco. La sensazione però è quella di non vivere affatto scomodi nella nostra metà campo, ma soprattutto che il coup de theatre possa arrivare da un momento all’altro.

Ci pensa lui, quello che aveva dimenticato come si mette un pallone in porta. L’assist è di Morata, ma la rasoiata chirurgica è di Cristiano. Angolino basso, nulla può Pau Lopez contro il portoghese che ha festeggiato trentasei anni ieri, tre dei quali trascorsi all’ombra della Mole. E sì, anche stavolta ci siamo dati un pizzicotto.

Le heat map del post partita non mentono: gli appigiamati stasera siamo noi, indubbiamente per merito di una Roma che palleggia e pressa molto bene, ma per altrettanto merito di una coriacea difesa bianconera, talmente solida e inossidabile che ad un certo punto la sottoscritta ha rischiato seriamente l’abbiocco.

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Avevo dimenticato infatti la sensazione della sofferenza, del non dover esser belli per forza, di non dover piacere a nessuno se non al tabellino a fine partita. Diversi i brividi lungo la schiena, uno è quello causato da un tiro di Cristante, alto sopra la porta di Szczesny per pochi centimetri. Cristiano torna di nuovo dalle parti di Pau Lopez con il destro, su ennesimo assist di Morata: il pallone fa tremare la traversa ma non supera la linea di porta. Il portoghese quasi non ci crede, testimone il suo profondo interesse nei confronti dello smartwatch del signor Orsato, che se la ride beatamente.

Momento di mandare qualcuno ad asciugarsi dalla pioggia che non smette di battere sull’Allianz Stadium: si riposa Morata, entra Kulusevski, ormai designata quarta punta. Torna in panchina anche Wes McKennie, questa sera autore di una prestazione non memorabile, a favore di Juan Cuadrado: a tutti possiamo rinunciare, anche alla divinità portoghese.

Ma a Cuadrado no. E conosciamo noi stessi, perché è lui a beccare proprio Kulusevski in area, pronto a passare il pallone a Ronaldo. La gioia per la doppietta personale viene però smorzata dall’intervento di Ibanez, che risparmia la fatica a Cristiano e segna l’autogoal valido per il due a zero della Signora di casa. Il match non si tranquillizza, anzi resta carico anche grazie alla bella prestazione di una Roma che giustamente non ha intenzione di tornare nella Capitale senza aver segnato nemmeno un goal.

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Eppure a volta accade, e sebbene ci provino Veretout e l’ex Spinazzola, l’impressione è che davvero questa partita sia destinata a finire con un clean sheet, nonostante il bassissimo fraseggio, le tante palle perse da Rabiot che ormai sono scontate come i Baci Perugina a San Valentino, però del resto chi è che non lo accetterebbe un tubo di cioccolatini? O meglio: chi è che non lo regalerebbe a questa squadra, che nel corso del tempo non ha mai appreso ciò che Sarri aveva voglia di insegnare ma allo stesso tempo non ha mai dimenticato i dettami di Allegri.

Catenaccio e quei due contropiedi giusti per dare un senso concreto alla serata. Che del resto mica conta quanto è bella. Conta come ti fa sentire.

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