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Angolo del tifoso

ANGOLO JUVENTUS – Il tabellino non mente

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Tempo di lettura: 3 minuti

E’ il più comodo degli alibi nel calcio. Specie se non si è offerta una prestazione da lustrarsi gli occhi. “Quello che conta è il risultato”, si ripete spesso, a guisa di parafulmine. In maniera particolare quando l’incontro si conclude sull’uno a zero in proprio favore. Chi vede il bicchiere mezzo vuoto parlerà di “vittoria di misura”, chi lo vede mezzo pieno argomenterà di una squadra “cinica ma concreta”. Sta di fatto che, nel caso della Juventus di Allegri, l’esito di cui sopra è una costante quasi fissa al triplice fischio finale. Davvero troppo frequente perché sia frutto del caso. E adesso anche il più scettico dei critici comincia ad accorgersi dell’abilità diabolica del mister juventino. Ha costruito, dati alla mano, una macchina perfetta, capace di indirizzare l’andamento di ogni match nella direzione voluta. Il tabellino non mente.

Primo, non prenderle

A fine gara lo “zero” alla voce “reti fatte” assume un aspetto beffardo. Non che gli oppositori di giornata non ci abbiano provato a bucare la porta bianconera. In ogni maniera possibile. Il fatto è che il bunker difensivo architettato dal mefistofelico Max è di una efficienza inesorabile. Fior di bomber hanno provato a farlo saltare, nessuno ci è riuscito. Considerando anche la caratura degli aspiranti scassinatori è chiaro che l’inviolabilità del forziere è soprattutto merito di chi l’ha congegnato. Fedele al motto del “primo, non prenderle”, Allegri ha chiuso a doppia mandata ogni possibile varco in direzione della sua area di rigore. Chi detiene le chiavi della cassaforte è l’implacabile Bremer, il killer dei centravanti. Duro, deciso, veloce: il brasiliano è tornato ai livelli del Torino, quando riduceva regolarmente all’impotenza l’avversario di turno. Ultima vittima della serie il belga Lukaku, proprio quello che molti vedevano come l’ideale per la formazione di Max (cfr.https://www.lebombedivlad.it/2023/08/03/angolo-juventus-beghequartiere/#:~:text=ANGOLO%20JUVENTUS%20%E2%80%93%20Beghe%20di%20quartiere) . Ai suoi fianchi l’elegante Danilo e il feroce Gatti, ecco un trio addestrato a spegnere in pochi minuti ogni velleità degli antagonisti, chiunque siano. La bontà del lavoro finora svolto è comprovata dallo sbocco di ogni partita, sempre il medesimo. Il tabellino non mente.

Giocare in trincea

Ma questi fantastici tre non potrebbero far nulla senza avere una adeguata copertura a centrocampo. Consapevole di non disporre di gente particolarmente creativa in mediana, il tecnico bianconero ha predisposto un reparto da trincea. I due esterni (l’eclettico Cambiaso e il diligente Kostic) hanno la consegna di stringere al centro non appena il clima della gara si arroventa. I loro compagni in mezzo (il centometrista McKennie, il geometrico Locatelli e l’uomo ovunque Rabiot) spazzano senza complimenti ogni trama di gioco avversaria nei loro paraggi. La conseguenza è una robusta diga umana eretta a circa trenta metri dalla porta bianconera. Chi ne fa parte somiglia tanto a un blocco di granito, chi prova a sfondarla recita la parte dell’illuso. Quando, poi, uno di loro si libera, momentaneamente, dalle incombenze del presidio si assiste a dei micidiali raid a caccia della marcatura. Contro la Roma è toccato a Rabiot vestire i panni dell’incursore e firmare il successo. Non è la prima volta che succede, non sarà l’ultima. Lo stile essenziale della Juventus di Max Allegri lo prevede. Il tabellino non mente.

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Un tiro, un gol

Assicurata l’impermeabilità del reparto arretrato, non rimane che pianificare l’attacco alla porta dei rivali. La parola d’ordine è “concretezza”. Le punte bianconere (il bellicoso Vlahovic e lo sfuggente Chiesa) sanno bene che l’impostazione della squadra non gli consentirà di stazionare a lungo nei pressi dell’area avversaria. Troppo importante assicurare l’equilibrio a metà campo, troppo necessari i loro ripiegamenti per dare manforte ai compagni. Il dinamico duo si muove in maniera frenetica ma sapiente nella zona della trequarti, sempre in attesa del momento giusto per piazzare il colpo decisivo. Molte volte non ci sarà una seconda opportunità, un tiro in porta deve tramutarsi in gol. In alcuni casi i due moschettieri provvedono in prima persona a capitalizzare le occasioni da  rete, in altri si tramutano con disinvoltura in raffinati assist man. Nel match contro i capitolini è toccato al centravanti serbo smarcare il centrocampista francese, magari la prossima volta si vedrà restituito il favore. L’importante è che la conclusione sia quella desiderata. Il tabellino non mente.

Mantenere il risultato

Una volta sbloccato l’incontro i ragazzi di Allegri si sentono a casa. La gara è stata incanalata nei binari che preferiscono, possono recitare il copione che conoscono a menadito. I loro migliori alleati sono, adesso, nella testa dei loro avversari. Ansia, frenesia, imprecisione, nervosismo. Tutto è utile per appannare i riflessi della controparte, tutto torna a vantaggio della loro organizzazione. Si tratta soltanto di sorvegliare la propria zona di competenza, avere i sensi all’erta. Poi l’approssimazione dei passaggi altrui e la fretta di arrivare al tiro farà il resto. Chi ha l’obbligo di recuperare lo svantaggio gioca anche contro il tempo. Le lancette dell’orologio che girano sono come un perenne campanello d’allarme. Ti ricordano che devi sbrigarti, che non devi indugiare troppo a pensare. Mentre, agli orecchi di chi deve solo mantenere il risultato, hanno un suono confortante. Sembra quasi che ti scandiscano il tempo degli interventi. E sono la marcia d’accompagnamento verso il finale che hai concepito. Il tabellino non mente.

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