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SILENT CHECK – Abiura senza rivoluzione: l’ha persa Sarri

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“Molti fallimenti nella vita sono di persone che non si rendono conto di quanto fossero vicine al successo quando hanno rinunciato”.

(Thomas Edison)

La Juventus era la grande favorita di questa anomala Champions League agostana. Avrebbe dovuto e potuto travolgere con tre o quattro gol un Lione poco brillante e poi l’avrebbe giocata in gare ad eliminazione diretta nelle quali sarebbe – a mio avviso – partita favorita contro tutti.

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Bastava giocarla da prima della classe, con determinazione, pazienza e carattere.

Dopo i due rigori probabilmente inesistenti o comunque dubbi del primo tempo, il secondo tempo doveva essere sufficiente per fare almeno due gol.

Ma la Juventus, poco top club, di ieri sera nulla ha prodotto, se non tiri rimpallati al limite dell’area o punizioni in barriera.

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Perché i giocatori hanno deciso di testa loro, con l’allenatore incapace di imporre un gioco diverso.

Palla in avanti a cercare Cristiano Ronaldo è spesso una buona idea, ma anche una schiavitù insostenibile.

Con Dybala acciaccato e Higuain bravo solo a prender falli, le potenzialità offensive si riducono quasi a zero, con unico sbocco il tiro – sovente “sforzato” – del numero 7.

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L’hanno persa tutti questa Coppa, ma – più di tutti – l’ha persa l’allenatore.

Perché non si rinuncia mai alle proprie idee, neppure se alleni CR7.

Lanciare dalla difesa saltando il centrocampo, giocare senza fraseggio a metà campo, attaccare senza diagonali è la negazione totale d’ogni principio per chi vuol giocare a calcio disegnando nella testa azioni che poi si materializzano sul prato verde.

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Maurizio Sarri alla Juve quest’anno non ha dato nulla. E senza due/tre partite vinte con un po’ di fortuna avrebbe perso pure lo scudetto.

La società bianconera adesso dovrà scegliere, o forse ha scelto già.

Gli appassionati di calcio – se potessero – volentieri darebbero un consiglio ad Agnelli, rischiando di essere etichettati come masochisti: vendere Cristiano Ronaldo (potendo – forse – recuperare un po’ di denaro e risparmiare un bell’ingaggio) e, con tanto coraggio, confermare Maurizio Sarri, cedendo giocatori poco adatti come Danilo, Ramsey e Rabiot e prendendo calciatori utili a chi vuol giocare a pallone e non prenderlo semplicemente a calci.

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Difficilmente accadrà, perché il mondo va così.

Ed un allenatore che ha tradito i suoi principi per tentare una scorciatoia sarà ricordato per questo fallimento, più che per tutto quanto di buono prima aveva fatto.

Il 2019/2020 di Sarri allenatore sarà ricordato come il più grande atto di abiura della storia recente d’un allenatore di una squadra di calcio. Il sacrificio di un’idea e di un impianto teorico all’altare di giocatori poco reattivi al cambiamento ed incapaci di cogliere l’importanza di vincere provando a disegnare calcio da ricordare.

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Qualcuno darà la colpa ai dirigenti, per aver dato l’allenatore sbagliato alla squadra giusta o l’allenatore giusto alla squadra sbagliata.

Ma la verità – come spesso accade – sta nel mezzo.

Perché con Khedira, Douglas Costa e Dybala a tempo pieno (e non a singhiozzo per i continui infortuni muscolari), quest’anno la Juventus avrebbe potuto certamente lavorare ad un’idea di calcio improntata sulla palla a terra, gli scambi in velocità ed il movimento rapido del pallone in avanti.

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Roba diametralmente opposta rispetto al lancio in avanti sperando che la prenda Ronaldo o auspicando qualche fallo (netto o meno netto) da rigore.

Maurizio Sarri ha vinto un campionato collezionando 83 punti (soglia scudetto più bassa degli ultimi anni), ha perso la Coppa Italia in finale ed esce dalla Champions agli ottavi. L’abiura ha fermato l’annunciata rivoluzione, avendo come risultato ciò che – da circa un decennio – è ormai il “minimo sindacale”.

Chi ha da decidere se l’allenatore toscano sarà in panchina il prossimo anno o diventerà rapidamente ex senza grossi rimpianti non viva però la scelta fatta un anno fa con rimorso.

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Rifletta, piuttosto, su quanto leda – in generale – un cambiamento predicato e mai praticato, cosciente che il più grande spreco del mondo sia la differenza tra ciò che siamo e ciò che potremmo diventare.

Spiace, in generale, per l’allenatore, non per l’uomo, le cui dichiarazioni post- partita sono, come spesso gli accade, l’epilogo peggiore di prestazioni non all’altezza.

Maurizio Sarri da questa vicenda dovrà trarne lezione, magari rimettendo la tuta, facendo una doccia d’umiltà e cercando – tanto il web ne è pieno – video-ricordi di cosa era il sarrismo e come davvero si è provato a fare la rivoluzione.

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Scenderà qualche lacrima, ma si troveranno anche tante spiegazioni.

“È nel momento più freddo dell’anno che il pino e il cipresso, ultimi a perdere le foglie, rivelano la loro tenacia”. (Confucio)

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