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ANGOLO DEL TIFOSO JUVE – Cristiano, e il resto scompare

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Il mondo sa che durante la settimana di Sanremo io non esisto. E non faccio selezione, io non ci sono per nessuno: non esco, alle venti e trenta sono in pigiama davanti alla tv, leggo i testi prima che il Festival abbia inizio. A discapito della mia giovane (sì, a 28 anni mi definirei decisamente giovane) età, per me Sanremo è un rito, mi fa sentire parte di qualcosa.

L’eccezione di quest’anno, perché un’eccezione c’è sempre, è Hellas Verona – Juventus. Di sabato sera, durante la finale di Sanremo. Ditemi voi se non è già una presa in giro questa.

Veniamo da una settimana di polemiche post Fiorentina, dove Commisso non ha ancora smesso di parlare, dato che ogni giorno si ricorda di dire qualcosa di nuovo. A me però piace che a parlare sia il campo, e allora abbasso al minimo il volume della TV, da cui Amadeus ha appena cominciato a sciorinare la classifica parziale, quando il signor Massa fischia il calcio d’inizio del match.

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E in realtà, farei meglio a rialzarlo il volume della tv, a spegnere il pc e a godermi la musica, perché al Bentegodi per me sono solo tromboni sfiatati, violini scordati e pianoforti senza tasti. Non riesco davvero a credere che quella in campo sia la mia Juventus, quella che ha vinto otto scudetti consecutivi, quella dal monte ingaggi da non so quante centinaia di milioni di euro. Un tiro di Higuain, dopo di ciò, il nulla, almeno dai dieci undicesimi della squadra. Anzi, dobbiamo stare ben attenti perché l’Hellas ci assedia nella nostra area di rigore, e sfiora il vantaggio con Faraoni prima (sempre santo Szczesny che vola come un falco per evitare di dover recuperare lo svantaggio), poi con Rhamani.

In tv c’è Fiorello. Bravo Fiorello eh, mi piace, mi fa ridere. C’ho voglia proprio di ridere dato che devo vedermi prendere a pallate dal Verona. Che poi sarà Amadeus l’interista che porta sfiga?

Sarri intanto si è affidato a Douglas Costa dal primo minuto, e il ragazzo corre, eccome se corre. La traversa sta ancora tremando e il mio divano sta ancora soffrendo per quanto c’ho saltato sopra al tiro al volo di Douglas. Ma la convinzione di poterla sfangare dura poco, c’è il goal del Verona. Mi avvisa il cellulare, lo streaming è in ritardo. Lo scaravento via, il tempo necessario per sapere che in realtà c’è fuorigioco.

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Michele Zarrillo, usato sicuro. Il pezzo non è memorabile, sono lontani i tempi di Una Rosa Blu, ma io poco ci posso fare se la sua voce continua ad emozionarmi. “Io resto ancora in piedi, sia nell’estasi o nel fango”, sia con, sia senza fuorigioco.

Siamo in piedi, noi, il palo centrato da Cristiano credo invece stia soffrendo qualche problema di stabilità. Che poi il problema di stabilità ce l’ha tutta la squadra, tranne lui, tranne Cristiano, che nel giro di cinque, sei minuti si piazza davanti alla porta di Silvestri almeno tre volte, con il palo, con un tiro a giro, con la testa, non sa più nemmeno lui come fare per calciare e insaccare dietro le spalle del portiere, e la sua stizza si vede tutta.

Che poi una pezza ce la mette sempre lui. E mi innervosisco da morire perché gioca da solo, un’azione costruita da lui, tessuta da lui, tutto da solo. Questo è il suo ventesimo goal, è la sua decima partita di fila a segno, e io comunque non posso festeggiarlo. Perché Dybala, Higuain e tutto il centrocampo della Juve insieme hanno messo a segno appena la metà dei goal di Ronaldo, e questo è un problema grave.

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Ramsey per Douglas Costa, Marco Masini per il podio (ovviamente solo il mio)

Manco c’ho il tempo per festeggiare, perché c’è Marco Masini in tv, uno dei miei preferiti al mondo. Per lui il volume lo alzo eccome, anche perché adesso mi sembra si stia mettendo in discesa la situazione partita. “Non sei arrivato qui per sbaglio”: nessuno, niente arriva nella nostra vita per sbaglio. Non sono per sbaglio gli incontri, le casualità, non sono per sbaglio otto scudetti consecutivi.

E allora cosa ci succede. Cosa succede al Pipa, scuro in volto per la sostituzione per Dybala, anche se consapevole che dopo quel tiro sia rimasto evanescente come un ectoplasma, come il pezzo di Riki (chi è Riki?), di cui non mi ricordo manco il titolo. Non voglio entrare nel merito delle fragili, fragilissime fibre muscolari di Douglas Costa, che per l’ennesima volta quest’anno è costretto a rimettersi seduto. Cosa ci succede, quando in una squadra da undici ne gioca solo uno?

Succede che si dorme alla grande. E che a Borini viene praticamente concessa la scala di Sanremo in tutto il suo splendore, valletti ad attenderlo Bentancur e Pjanic, belli addormentati di questa edizione. Un po’ più sveglio il primo, reo di un po’ di pagliacciate gratuite, il secondo non riuscirebbe nemmeno a leggere dal gobbo, e lo fa da inizio stagione, ma credo che ieri si sia raggiunto l’apice. Tutto ciò, mentre Emre Can in Germania la mette dentro con un tiro da centrocampo. Fatemi sentire Achille Lauro, datemi qualcosa di forte, ho bisogno di distrarmi un attimo.

Gioca solo l’Hellas. Non so davvero cosa raccontarvi della mia squadra, se non che Bonucci, dopo secoli di carriera, decide di saltare in area di rigore che mi ricorda sempre Marco Masini di qualche anno fa, l’Uomo Volante, canzone vincitrice di Sanremo 2004. Per una volta che De Ligt non ci piazza la mano, ci pensa Leo. Rigore sacrosanto, Pazzini non sbaglia. Dire che sia meritato è riduttivo. Questo Verona sembra il Manchester City, noi sembriamo la squadra del dopolavoro ferroviario. Che poi qualcuno dovrà pure spiegarmi perché De Sciglio per Bentancur: Mister me lo spieghi tu?

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Mi spieghi perché deve giocarne uno su undici? Mi spieghi perché il problema deve essere di testa, in un campionato in cui le motivazioni per vincere il nono di fila non mancano, se sei un minimo vicino alla causa Juventina? Mi spieghi perché ogni settimana io debba conoscere nuovi cambi, stranezze varie, spiegami perché non siamo in grado di concludere una partita senza almeno due goal al passivo.

Spiegalo a me, spiegalo a tutti i tifosi juventini che ieri sono tornati avvelenati da Amadeus sghignazzante. Meno male che c’è Gabbani, c’ha ragione lui: “Perché sei tu che mi fai stare bene quando io sto male, e viceversa”. Questa è la serata del viceversa.

Che poi il festival lo vince il mio preferito, Diodato. Juventino anche lui, come Gabbani del resto, che è pure di Massa come Gigi Buffon.
Diodato è un’anima dolce, un’anima semplice. Ma stasera non riesco ad ascoltare il suo pezzo come l’ho ascoltato per tutte le altre sere, sono subissata dai tweet che urlano #SarriOut.

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Non sono d’accordo. Io ho amato Allegri, ma non le minestre riscaldate. Nelle relazioni, nei rapporti umani, nel calcio, se qualcosa finisce, è perché doveva finire. Non rivoglio Allegri, mi manca, ma voglio andare avanti, io voglio Sarri. Voglio che dimostri a me, e ai milioni di tifosi che da lui si aspettavano un cambio di gioco, ma non caterve di goal subiti ad ogni partita ed un atteggiamento in campo da vacanze a Gran Canaria, che non è un allenatore “da piccola”, che l’Europa League non è stata un caso, non è stata uno sbaglio.

A me la mia Juve assassina manca. Sono stata abituata bene, è vero. E abituarsi a qualcosa, farci la bocca, il pensiero, diventa un dannatissimo problema.

E non ne posso fare a meno oramai, di quel bellissimo rumore che fai.

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