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NUMERO 14 – Orgoglio contro pregiudizio

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Pizza! Mafia! Spaghetti!”. I ragazzini di Cardiff, quando vedono spuntare quel loro coetaneo cosi alto e grosso, non mancano mai di ricordargli da dove viene. Nel modo peggiore, tra provocazione ed insulto. E’ italiano, i suoi vivono da anni in quel luogo ma non hanno mai rinnegato le proprie origini. Tanto meno l’ha fatto lui, nonostante le pressioni del suo insegnante di ginnastica. Lo vuole a tutti i costi nella squadra scolastica di rugby, lo sport britannico per eccellenza. E a Giorgio Chinaglia la palla ovale non dispiace per nulla. Ma il suo sangue tricolore pulsa in direzione del pallone da calcio. Pertanto, tanto di cappello alle tradizioni albioniche e un saluto senza rimpianti agli spocchiosi gallesi: si torna a casa per inseguire a testa alta il sogno di una carriera da professionista. Orgoglio contro pregiudizio.

Un bisonte in azzurro

L’impatto è positivo: dopo tre ottime stagioni in Serie C approda nella massima serie con la maglia della Lazio. E’ il centravanti e trascinatore della squadra, non ha paura di nulla, rincorre ogni pallone come se fosse l’ultimo. Il suo nome finisce ben presto sul taccuino degli osservatori federali e viene incluso nella lista dei preconvocati per il Mondiale messicano del 1970. Al momento di stilare l’elenco definitivo dei 22 viene tagliato ma il debutto in azzurro è solo rimandato. Il 21.06.1972 Chinaglia gioca in Nazionale contro la Bulgaria e bagna l’esordio con una marcatura. Si ripete, poi, nei due successivi incontri mettendo una seria ipoteca al ruolo di titolare. Al tecnico Valcareggi piace la sua implacabile sete di vittoria: quando vede quel bisonte partire all’assalto della porta avversaria sa che il gol è nell’aria. E il suo vigore atletico è più che raddoppiato dalla maglia che indossa, è il suo riscatto dalle offese subite durante la sua adolescenza in Galles. Orgoglio contro pregiudizio.

Sfida a Wembley

Il 14.11.1973 c’è l’amichevole Inghilterra – Italia allo stadio “Wembley” di Londra. La data non è casuale: quello stesso giorno, 39 anni prima, le due squadre si sono affrontate in un memorabile incontro allo stadio di “Highbury”. I padroni di casa hanno vinto  per 3 a 2  ma la gloria è stata tutta per gli italiani, capaci di restare in partita dopo aver subito tre reti nei primi 12 minuti, di segnare due goal nella ripresa e di sfiorare un clamoroso pareggio nel finale. I giocatori odierni sembrano essere dei degni eredi, pochi mesi prima hanno colto il primo successo contro gli avversari in maglia bianca, battendoli 2 a 0 a Torino. L’alterigia albionica ha preteso immediatamente un match di rivincita, scegliendo con cura il giorno del confronto, un periodo in cui anche le condizioni ambientali giocheranno a loro favore. Gli azzurri raccolgono il guanto di sfida, in prima linea Giorgio Chinaglia, deciso più che mai a contrapporre la sua fierezza tricolore ai sopraccigli inarcati degli inglesi. Orgoglio contro pregiudizio.

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Campagna diffamatoria

Gli avversari lo temono, sanno che è l’uomo da tenere d’occhio più di ogni altro. E cercano di destabilizzarlo sul piano psicologico, ancora prima che l’arbitro dia il fischio d’inizio. La stampa inglese organizza una campagna diffamatoria contro la nazionale azzurra definendola una “squadra di camerieri”.  Un commento spregiante riferito non solo al gran numero di italiani emigrati in Inghilterra per lavorare nella ristorazione ma soprattutto a lui. Giorgio, durante la sua permanenza in Galles, ha dato una mano nel ristorante di famiglia servendo ai tavoli e, all’occorrenza, anche lavando i piatti. Il fatto che i tabloid britannici siano andati a scavare nel suo passato per denigrarlo ottiene l’effetto opposto. Il bellicoso Chinaglia ha adesso un motivo in più per dare tutto in campo: c’è l’affronto di stampo razzista da parte dei britannici da seppellire a furia di assalti di consapevolezza italica. Orgoglio contro pregiudizio.

Battaglia nel fango

Sin dal primo minuto gli si para di fronte il truce terzino Mc Farland, mostrandogli i tacchetti. Giorgio fa spallucce: è cresciuto sui loro campi, naturale per lui metterla sul piano fisico. Gli inglesi cercano di imporre subito un ritmo serrato alla gara, proponendosi in vertiginose folate offensive. La difesa azzurra rintuzza puntualmente e cerca di far arrivare prima possibile il pallone a Rivera in modo che possa innescare Chinaglia. La  sua prima progressione, al quarto d’ora, produce un tiro secco da posizione angolata che impegna il portiere avversario Shilton. E’ il primo segnale, i difensori gli si stringono addosso mentre gli altri aumentano l’intensità delle puntate verso l’area di rigore italiana. L’Inghilterra ha fretta di sbloccare il risultato ma non osa scoprirsi troppo per timore dei devastanti contropiedi di Chinaglia.  La pioggia che cade sul terreno di gioco sembra favorire i padroni di casa, a volte il centravanti azzurro resta solo nella metà campo avversaria mentre tutti i suoi compagni sono impegnati a contenere l’assalto inglese. Il prato viscido e melmoso  complica il possesso palla degli azzurri, si presta meglio ai lanci lunghi delle ali britanniche verso le loro punte. Chinaglia si batte alla pari con i difensori inglesi, la sua grinta tutta italiana non ha nulla da invidiare all’atletismo sprezzante dei padroni di casa. Orgoglio contro pregiudizio.

La vendetta è servita

All’intervallo si va sul risultato di 0 a 0. La nazionale inglese ha collezionato solo un  buon numero di corner. Al rientro in campo Chinaglia si lancia subito in avanti e conquista un calcio di punizione. Riva sparacchia sulla barriera. Pochi minuti dopo un suo perentorio colpo di testa è fuori di poco. Gli inglesi reagiscono stringendo d’assedio l’area di rigore italiana in maniera ossessiva quanto rabbiosa. A volte sembra che il fortino azzurro sia sul punto di capitolare ma, all’ultimo, c’è sempre l’intervento di un difensore che sbroglia la matassa e rilancia in avanti per il contropiede di Riva e Chinaglia. Alla mezz’ora un cross di Benetti trova il centravanti laziale pronto alla deviazione di testa e solo un intervento prodigioso di Shilton evita  la rete. Quando, poi, si profila l’ipotesi di un pareggio a reti bianche c’è la svolta della partita. L’ennesima puntata inglese viene sventata dai difensori azzurri che poi fanno pervenire la palla a Capello. Il regista alza la testa, vede lo scatto del bisonte Chinaglia sulla fascia destra e gli indirizza il pallone. La progressione dell’attaccante è inesorabile: brucia sullo scatto il marcatore, lo destabilizza a sportellate, controlla la sfera, la porta al limite dell’area di rigore ed esplode in un tiro secco. Shilton riesce a metterci una mano e a deviare il pallone, rimandandolo all’indietro, proprio sui piedi dell’accorrente Capello che lo  spedisce in rete. E’ il gol della prima, storica, vittoria in terra inglese. E’ il trionfo di Chinaglia, una perfetta rivincita contro i suoi detrattori d’oltremanica. Orgoglio contro pregiudizio.

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Nella terra degli emigranti

Pochi mesi dopo ci sono i Mondiali in Germania. La comitiva azzurra, favorita nei pronostici della vigilia, è alloggiata in un albergo sul lago nei pressi di Stoccarda. Chinaglia, punta di diamante della Nazionale, è, tuttavia inquieto. Ci tiene molto a ben figurare, il pubblico sugli spalti sarà composto quasi integralmente da emigranti italiani, i tifosi a cui si sente in assoluto più vicino. Ma non ha buone sensazioni, si sente uno dei tanti in quella squadra, di certo non ha la leadership di cui gode nella Lazio. Il gruppo è diviso in tanti piccoli clan: rivalità ed invidie la fanno da padrone. Il primo incontro con i dilettanti di Haiti, rischia di finire in tragedia con gli avversari che passano subito in vantaggio. Gli azzurri rimettono subito le cose a posto ma Chinaglia è nervoso quanto impreciso. Il  c. t. Valcareggi lo richiama in panchina, i compagni gli fanno un ironico applauso, lui reagisce con uno gestaccio di stizza ripreso in mondovisione. Negli spogliatoi è una furia, sfascia qualsiasi cosa si trovi a portata di mano e poi sparisce nel nulla. Quando viene ritrovato viene sottoposto al giudizio dei dirigenti e solo una improvvisata dichiarazione di scuse gli evita l’espulsione dal gruppo. Sarà comunque messo ai margini e non potrà poi incidere sui destini della squadra che andrà incontro ad una precoce eliminazione. Questa volta il suo attaccamento alla maglia è stato travolto dalle preclusioni ambientali. Orgoglio contro pregiudizio.

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