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Angolo del tifoso

ANGOLO NAPOLI – Prodigi al Maradona

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Da NapoliAtalanta non ci si aspetta mai una partita normale. Perché di fronte sono Spalletti e Gasperini, ma anche perché gli orobici sono probabilmente, sulla carta, una delle avversarie storicamente più ostiche.

Primo tempo intenso, quarantacinque minuti passati velocemente con gli azzurri in costante proiezione offensiva (e vicini al gol soprattutto con Politano) e i bergamaschi impegnati innanzitutto a non subire.
Aggressione alta e tanta pressione da parte degli azzurri, giro palla veloce e tentativi, specie dalle fasce, di trovare la rete.
Molti contatti e fisicità spinta a volte anche all’eccesso, con Zielinski ed Anguissa più in difficoltà degli altri.
Secondo tempo iniziato col fuoco negli occhi, specie in quelli dietro la maschera di Victor Osimhen, prima vicino ad un gol in acrobazia e poi prezioso assist-man per lo slalom speciale del 77 georgiano.
Pressing feroce, personalità da vendere da parte di tutti e tanta qualità da parte degli uomini di Spalletti, il modo migliore per dimenticare l’inciampo patito con la Lazio.
Il raddoppio di Rrahmani è stato il giusto premio ad una fase centrale di secondo tempo dove ha giganteggiato Kim (monumento assoluto alla difesa intelligente e precisa del Napoli di quest’anno) ed alla quale Ndombelé ed Elmas hanno dato nuovo e vivace smalto.
Nulla ha potuto controbattere l’Atalanta di Gasperini allo strapotere tecnico-tattico della squadra nettamente più forte della Serie A, capace di regalare una prestazione solida e determinata dinanzi ai propri tifosi.
Anche nell’anno in cui si può raggiungere il sogno, l’emozione che si prova mentre si corre è straordinaria, unica e difficilmente descrivibile con le solite parole e gli aggettivi più comuni.

Bisognerebbe inventarsene di nuovi e ristampare i dizionari, perché tra poco per dire “gioia” basterà mostrare l’immagine di Spalletti a fine partita, impegnato a rincorrere ed abbracciare tutti i ragazzi in maglia azzurra, per raccontare la forza di un muro che respinge tutto quanto arriva di fronte sarà sufficiente usare le tre lettere stampate sulle spalle del colosso coreano, per predicare merito e abnegazione sarà naturale disegnare la fascia di capitano al braccio di un ragazzo italiano da copertina. Ed infine, per onorare il talento straordinario e cristallino, non ci sarà maniera migliore che ripetere all’infinito un nome soltanto: Kvara-Kvara-Kvara-Kvara-Kvara e ancora Kvara.
La capolista se ne va, riparte più forte che mai.

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E per cammini come questi, per un incedere così trionfale, se proprio deve trovarsi un solo vocabolo, se tutto va sintetizzato in un’unica parola, questa non può che essere “prodigio”.
Perché fenomenicamente si va oltre l’ordine naturale delle cose, si sfiora il meraviglioso, si trascende il senso di onnipotenza.
Osimhen lotta come un leone ed esce dal campo furente e famelico, Lobotka dipinge calcio, Kvaratskhelia illumina la scena.
Sono tanti i prodigi al Maradona, una gioia per gli occhi ed un manifesto di una stagione che – di partita in partita – regala la consapevolezza di una ricerca della perfezione sempre più vicina all’obiettivo più grande.

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