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NUMERO 14 – Bandito o patriota

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Santiago del Cile, 25 Ottobre 1987. All’Estadio Nacional, sede della finalissima del Campionato Mondiale under 20, la Jugoslavia diventa Campione del Mondo juniores battendo la Germania Ovest ai calci di rigore. Il leader della squadra, il centrocampista Zvonimir “Zorro” Boban, si concede, sorridente, alle foto di gruppo con la Coppa. Per chiunque, in quel momento, sarebbe facile pronosticargli un luminoso avvenire con la maglia della nazionale maggiore jugoslava, data l’indubbia caratura tecnica. Ma, per lui, il Destino ha altri piani. Diventerà sì un giocatore di livello internazionale ma con un’altra casacca indosso. Tutto a causa di un episodio a margine di una partita che farà di lui un criminale da perseguire oppure un combattente per la libertà della sua gente. A seconda dei punti di vista, Boban sarà bandito o patriota.

Il fuoco sotto la cenere

Il ragazzo viene da un territorio da sempre dilaniato dall’odio tra i vari gruppi etnici. Dopo la seconda Guerra Mondiale vi è stata una lunga opera di pacificazione ad opera del Presidente Socialista Josip Broz detto “Tito”, tesa a smussare i conflitti tra le varie etnie per unire tutti in un unico, grande Stato. Ma, nel 1980, al momento della morte del vecchio statista, le divisioni interne hanno ricominciato a farsi sentire, sino a deflagrare, all’inizio degli anni Novanta. Proprio alla vigilia del Mondiale italiano, alla quale la Nazionale jugoslava avrebbe dovuto partecipare da protagonista,  l’eterna rivalità tra serbi e croati esplode con violenza. La miccia viene accesa da un provocatorio discorso del Presidente Socialista serbo Slobodan Milosevic che, esaltando il nazionalismo del suo popolo, lo incinta allo scontro contro i croati. La reazione del suo maggiore oppositore, Franjo Tudjman, leader dell’HDZ (il partito conservatore della Croazia), è speculare. Adesso è guerra aperta.

I tifosi come soldati

I due utilizzano metodi similari, sfruttando la popolarità del calcio per i loro scopi. Milosevic utilizza il suo uomo di fiducia, Zeliko Raznatovic, per fare opera di proselitismo tra gli ultrà della Stella Rossa, la squadra più prestigiosa della Serbia. Quest’ultimo, destinato a diventare tristemente famoso come “La Tigre” Arkan, dopo il reclutamento li organizza militarmente per farli diventare un esercito privato al servizio del suo committente. Dall’altra parte, Tudjman, mette in moto i suoi contatti tra i tifosi della Dinamo Zagabria, il club più importante della Croazia, di cui Boban è il giovane leader e capitano. La data scelta per accendere la miccia è il 13 Maggio del 1990, in giorno in cui, a Zagabria, si disputa l’incontro tra Stella Rossa e la Dinamo. Sulla carta è una partita di nessuna importanza (i primi sono già matematicamente campioni, i secondi già sicuri della qualificazione alla Coppa Uefa), in pratica sarà il giorno in cui si deciderà il futuro della nazione. E Boban diverrà un nemico per i serbi e un partigiano per i suoi concittadini. Bandito o patriota.

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Preparativi di guerra

I tifosi croati hanno preparato, secondo le direttive che gli sono state impartite, una calda accoglienza per i rivali serbi. All’insaputa dei dirigenti e giocatori della Dinamo hanno nascosto armi e bombe all’interno dello stadio. Vogliono trasformare la partita in uno scontro armato, contando sull’impreparazione degli avversari. Che, però, hanno ricevuto una soffiata sulle loro intenzioni e sono stati messi sull’attenti. Il capitano della Stella Rossa, Dragan Stojkovic, bersaglio predestinato dell’iniziativa dei rivali, vuole comunque scendere in campo, anche se sa di rischiare molto. Il delegato della polizia segreta jugoslava, dopo averlo messo sull’avviso, si limita a consigliare a tutti di scappare negli spogliatoi al minimo segnale di pericolo. Allo Stadio ci sono più di ventimila persone, le scaramucce cominciano molto prima dell’inizio della partita. Dopo numerosi cori ingiuriosi da entrambe le parti, la situazione precipita: cartelloni pubblicitari divelti e lanciati sul campo, lancio di oggetti contundenti e tentativi di invasione del settore altrui. La polizia è costretta ad usare gli idranti per provare a disperdere la folla ma ormai è tardi, gli spettatori hanno rotto le recinzioni di sicurezza e hanno invaso il terreno da gioco.

Eroe nazionale

I giocatori della Stella Rossa fuggono negli spogliatoi, quelli della Dinamo Zagabria restano sul campo. Boban, ligio ai suoi doveri di leader, incita i compagni ad opporsi alla prepotenza della polizia jugoslava, intenta a reprimere la carica degli ultras croati. Ad un certo punto vede un poliziotto intento a manganellare un giovane  tifoso. Interviene in sua difesa ed intima all’agente di smetterla. E’ da vigliacchi prendersela con i ragazzini, gli urla. L’uomo si volta verso di lui e lo assale alzando il manganello. E’ pronto a colpirlo ma il regista croato è più svelto, alza  di scatto il ginocchio e lo colpisce al volto con un calcio. Il poliziotto crolla a terra con la mascella fracassata, Zvonimir, dopo averlo messo fuori combattimento, porta il tifoso al sicuro e poi si dilegua assieme agli altri calciatori della Dinamo. Gli scontri proseguiranno per altri 70 minuti con un bilancio finale di 59 tifosi e 79 agenti di polizia feriti oltre a numerosi danni allo stadio e ai mezzi di trasporto. La lunga giornata di guerriglia si è conclusa, per fortuna, senza nessun morto e ha sancito la nascita di un eroe nazionale. “Zorro” Boban è diventato la bestia nera del nazionalismo serbo e, contemporaneamente, l’emblema dell’orgoglio croato. Bandito o patriota.

Conseguenze

Gli eventi di quel giorno hanno conseguenze esplosive. Franjo Tudjman strumentalizza l’accaduto, accusando i serbi di aver usato la polizia per massacrare i suoi compatrioti. I suoi avversari si difendono sostenendo di aver agito per proteggere i giocatori della Stella Rossa, e in particolare Stojkovic, dalla violenza dei tifosi della Dinamo. Allo stesso tempo puntano l’indice su Boban, il giocatore che ha fomentato i disordini, quello che ha colpito un agente di polizia. Ormai, che gli piaccia o no, agli occhi dei serbi è diventato un fuorilegge, esattamente come quel personaggio di cui porta il nomignolo. “Zorro”  Boban subisce un processo per resistenza e lesioni a pubblico ufficiale, da cui esce assolto grazie al provvidenziale ritrovamento di una cassetta con il video degli scontri. E’ la prova della sua innocenza: si vede chiaramente che ha reagito solo per difendere il ragazzo dalla violenza del poliziotto. Viene condannato solo ad una sanzione pecuniaria, per la gioia dei croati e la rabbia dei serbi. Volgare delinquente per gli uni, intrepido capopopolo per gli altri. Bandito o patriota.

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Assente al Mondiale

La Federcalcio Jugoslava, incaricata di giudicare sul caso, non può evitare di squalificarlo per un anno. La pena gli impedisce di partecipare al Mondiale che si svolge in Italia. Boban è fondamentale negli schemi della Nazionale, il c. t. Osim non vorrebbe assolutamente fare a meno di lui. Alla vigilia del torneo si fa pressione sui dirigenti della Federazione per sospendere la squalifica ma è tutto vano. Il gesto di Boban ha avuto una risonanza enorme, passarci sopra non è consigliabile, verrebbe preso come un gesto di debolezza da parte delle autorità, un incentivo ad ulteriori intemperanze. La squadra disputa il Mondiale senza di lui, ma i risultati sportivi sono ormai ridotti ad un dettaglio. L’odio latente tra le popolazioni che abitano il paese è ormai visibile a tutti e sfocerà ben presto in un conflitto armato. “Zorro” Boban, scontata una squalifica ridotta a sei mesi, tornerà a giocare solo in autunno, sia con la Dinamo Zagabria che con la nazionale jugoslava. Ma per breve tempo: una prestazione sontuosa contro l’Atalanta in Coppa Uefa gli frutta il trasferimento al Milan, la nascita della Federazione croata gli porta in dote la fascia di capitano della neonata selezione del suo paese. Zvonimir “Zorro” Boban, il ragazzo che per i serbi è il nemico pubblico numero uno e per i suoi compatrioti il simbolo della lotta all’oppressione, ha ricevuto la definitiva consacrazione. Un murales a Zagabria lo raffigura nel momento in cui ha sferrato la famigerata ginocchiata al poliziotto. Per l’eternità, bandito o patriota.

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