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NUMERO 14 – Nel nome del figlio

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Un sonoro ceffone per ogni quattro in pagella. Il Signor Pietro Luzzara, titolare di una osteria in Via Ghisleri a Cremona, è un uomo all’antica. Ci tiene che suo figlio Domenico prenda il diploma di ragioniere, vuole per lui un posto fisso e uno stipendio decoroso. Il ragazzo non è cattivo, solo ha una passione sconfinata per quel luogo. E’ come se ci fosse nato, adora gli odori che ne impregnano l’aria, non vorrebbe mai abbandonarlo. E si augura che il Destino non lo costringa mai ad andare altrove.

Una vita da romanzo

Il sospirato diploma arriva, cosi come anche l’altrettanto agognato impiego. Domenico Luzzara trova lavoro al Consorzio Agrario e, per arrotondare, mette su un gruppo denominato “Le primule”. Offrono un numero completo: tromba, violino e una chitarra ad accompagnare tre cantanti, un paio di ballerine a sgambettare e lui a coordinare il tutto in veste di presentatore. A volte lancia sul palco anche un suo amico, aspirante comico, che però non suscita l’ilarità del pubblico. Fino a poco tempo prima sbarcava il lunario al salumificio Negroni, Luzzara è sicuro che sfonderà. E’ il primo segnale della sua abilità di talent scout, quel ragazzo fa di nome Ugo Tognazzi. La sua vita ormai scorre serena, almeno fino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. I suoi genitori riescono a riparare in Svizzera, lui vorrebbe raggiungerli dopo la dichiarazione di armistizio. Si trova ad Orte, passa un convoglio affollato e non riesce a trovare posto. Sembra che sia un dramma, è, invece, la sua fortuna. Il treno viene poi fermato dai tedeschi e tutti i passeggeri catturati e spediti in un campo di concentramento. Riesce avventurosamente a non farsi prendere per altri due anni e, alla fine del conflitto, è pronto a tornare a casa per ricominciare.

Imprenditore di successo

L’ufficio dove lavorava non esiste più, deve trovare un altro impiego. Inizia a collaborare con un suo parente, titolare di una piccola ditta di impianti elettrici. Non ha mai fatto quel lavoro ma si appassiona rapidamente. Osserva, impara e prende iniziativa. Dopo un anno è già in grado di rilevare l’azienda. Parte con sette dipendenti e un giro d’affari limitato al circondario di Cremona. Arriverà, in breve, ad avere circa 400 persone alle sue dipendenze, filiali sparse in tutta Italia fino alla Sicilia e clienti di ogni genere. A fine anni Sessanta l’incarico che gli cambia la vita. La squadra della città ha bisogno di rinnovare l’impianto di illuminazione dello stadio comunale “Zini”. L’appalto è vinto dall’azienda di Luzzara che, a fine lavori, presenta una parcella di 12 milioni. I dirigenti della Cremonese non hanno i fondi per pagarlo. Gli propongono, come contropartita, delle quote della società. Luzzara è scettico, non si è mai accostato all’ambiente del calcio neanche come tifoso. Ma suo figlio, l’adolescente Attilio, è un appassionato tifoso della squadra grigio rossa. E lo contagia con il suo entusiasmo. Lo scambio è cosa fatta, nel 1967 Domenico Luzzara è commissario straordinario della squadra appena retrocessa in serie D.

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Un presidente filosofo

In seguito diviene presidente, nel campionato 1970-71, con l’intento di risollevare il club. Il primo passo è l’ingaggio di un nome importante, Aristide Guarneri. L’ex stopper della Grande Inter di Helenio Herrera è un cremonese purosangue, è entusiasta di tornare a casa. Rifiuta le avances di vari club di Serie A pur di vestire la maglia grigio rossa. Porta con orgoglio la fascia di capitano e contribuisce attivamente alla promozione in Serie C. A questo punto mantenere la categoria sarebbe l’obiettivo minimo ma il presidente non vuole fermarsi. Il suo adorato figlio Attilio non c’è più, vittima di un incidente stradale, ma ormai il seme è stato gettato. E ha dato i suoi frutti: Luzzara vuole realizzare il suo sogno, vedere la Cremonese in Serie A. Si è calato nel ruolo con la sua solita mentalità imprenditoriale, condita, però da un pizzico di spirito filosofico. Ama ripetere che “di calcio lui non capisce niente” ma è soltanto una personalissima versione in salsa padana dell’ironia di stampo socratico. Luzzara usa la sua presunta incompetenza per incentivare le qualità dei suoi collaboratori. La Cremonese, dopo alcuni anni, ottiene la promozione in Serie B. Ormai è pronta per lottare per la promozione in massima serie.

La forza del vivaio

L’arrivo in cadetteria è stato favorito anche dalle collaborazioni con alcune squadre di prestigio, pronte a favorire il passaggio in prestito alla Cremonese di alcuni giovani di talento. Con in organico i vari Cabrini, Prandelli, Marocchino e Bodini la squadra ha disputato ottimi campionati di Serie B e C senza mai centrare, però, il traguardo della promozione in massima serie. Luzzara intuisce che, per il salto di qualità, è indispensabile avere un gruppo formato da giocatori provenienti dalle giovanili. Allevati sin dai primi passi dai suoi uomini di fiducia (tutti ex giocatori grigio rossi) e con i colori della città nel cuore, saranno molto più utili alla causa rispetto a dei calciatori di passaggio. Mette subito in attuazione il progetto: creazione di un centro sportivo, attività capillare di scouting nei dintorni cittadini, preparazione accurata degli allenamenti sin dai pulcini. Alla fine del campionato 1980-81, dopo l’ennesima risalita in B, arriva anche il debutto del più promettente elemento del vivaio, un’ala tutta scatti e riccioli. Si chiama Gianluca Vialli.

Il sogno si realizza

E’ un ragazzo di ottima famiglia, suo padre è un ricco imprenditore. Il nuovo mister, Emiliano Mondonico (anche lui celebre ex giocatore grigio rosso ) stravede per i suoi colpi e giura sul suo avvenire di campione. Lo conosce alla perfezione, l’ha cresciuto nelle giovanili e, appena giunto alla guida della prima squadra, gli ha dato fiducia facendolo esordire. Vialli ripaga la stima a suon di gol ed assist, adesso il sogno non appare più tanto distante. E Luzzara, affiancato dal vecchio amico Tognazzi, ora affermato attore, può finalmente assistere, dagli spalti dello Zini, alla tanto sospirata promozione in Serie A nel giugno del 1984. E’ festa grande per tutti: mai, dai tempi dell’introduzione del girone unico, la Cremonese aveva mai giocato in massima serie. Luzzara ha finalmente dato vita al sogno di suo figlio, adesso diventato il suo sogno. E vuole continuare a viverlo, assieme all’intera città.

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Sempre assieme

La promozione comporta l’inevitabile sacrificio del gioiello Vialli. Più volte la Juventus aveva mandato i suoi osservatori a Cremona. Ma le relazioni non erano state positive, il ragazzo non era stato giudicato all’altezza del club bianconero. Luzzara non si scompone, il Presidente della Sampdoria Mantovani lo vuole nella sua squadra. E non si fa problemi a pagare il prezzo richiestogli. Con i proventi della sua cessione viene potenziato il vivaio e ristrutturato lo stadio Zini. Iniziano gli anni più gloriosi della storia del club, con vari campionati in Serie A disputati, molti talenti cresciuti e lanciati e alcune vittorie di prestigio conseguite in casa di club molto più blasonati. Il 27 marzo 1993 la presidenza Luzzara raggiunge il culmine, con la messa in bacheca della prima, storica coppa mai conseguita dalla società. Nella finale del torneo anglo – italiano, disputata nel prestigioso stadio di Wembley, la Cremonese batte il Derby County per 3 a 1  e si aggiudica il trofeo. E’ il momento più bello, Luzzara si volta in tribuna come se cercasse, tra i tifosi, di scorgere il volto di suo figlio. E sorride.

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