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ROAD TO EURO24: Van Basten, la parabola del cigno

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Marco Van Basten
Tempo di lettura: 4 minuti

Van Basten, la parabola del cigno.

Olympiastadion di Monaco di Baviera, 25 Giugno 1988. Nella capitale tedesca si sta disputando la finale dell’Europeo di calcio. In campo ci sono l’Urss e l’Olanda. I tulipani sono in vantaggio grazie alla rete realizzata da Ruud Gullit alla mezz’ora del primo tempo.

Tuttavia non rinunciano ad attaccare e, dopo una discesa sulla sinistra, il centrocampista Arnold Műrhen crossa verso l’area di rigore avversaria. Il lancio raggiunge il centravanti Marco Van Basten che, pur defilato sull’estrema destra, sembra volersi coordinare per un tiro al volo in porta.

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Il pubblico trattiene il fiato, la traiettoria del pallone sembra non volersi abbassare, l’impresa appare impossibile. La posizione dell’attaccante è proibitiva, sarebbe complicato anche solo stoppare la sfera. Senza contare di fronte ha Rinat Dasaev, uno dei migliori portieri su piazza, un baluardo quasi invalicabile per colpo d’occhio e riflessi. Il sovietico, come da manuale, ha coperto al meglio il primo palo.

Ma Van Basten ha già sintonizzato la mente con il corpo, sa esattamente cosa fare. Colpisce il pallone di destro, collo pieno, gli imprime il massimo della potenza. E lo piazza nell’angolino opposto, infilando l’attonito estremo difensore. E’ una rete di stupefacente bellezza, un pezzo di bravura agonistica esposto su un prato verde, il gesto di un atleta che sa coniugare tecnica e sincronismo.

La parabola del cigno.

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Fisico da corazziere, movimenti da ballerino

Dalle sue parti li conoscono a memoria questi numeri. E’ cresciuto all’accademia calcistica dell’Ajax, studiando i leggiadri guizzi sul campo del suo idolo d’infanzia, il profeta del gol Johan Cruyff.

Ha esordito in prima squadra proprio in sua sostituzione, bagnando l’esordio con la prima di una caterva di reti. Dopodichè è stato il leggendario Johan in persona, in veste di allenatore, a prendersi cura di lui.

Marco è un qualcosa di mai visto prima: ad un fisico da corazziere abbina dei movimenti da ballerino. Nessuno possiede la forza devastante dei suoi muscoli, nessuno sa coordinarsi altrettanto bene in una frazione di secondo. Gli basta un attimo e un fazzoletto di terreno per mettere la palla in fondo al sacco. In qualsiasi modo e qualsiasi momento.

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La sua classe gli vale il soprannome di “Cigno di Utrecht”. Il suo curriculum (152 reti in appena 172 presenze) lo rende subito un pezzo da esportazione. I dirigenti dell’Ajax vendono il suo cartellino al Milan di Silvio Berlusconi. Si dice che al patron rossonero sia bastata la visione di pochi minuti di una videocassetta delle sue prodezze per innamorarsi perdutamente delle sue raffinate movenze. E per avere il desiderio di vedere il ballerino dei campi da gioco riprodurle alla Scala del calcio.

La parabola del cigno.

Il numero 12

Il suo primo campionato in Italia, però, è da dimenticare. I rudi interventi dei difensori avversari gli martoriano le già fragili caviglie e lo costringono a uno stop di sei mesi.

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Rientra giusto in tempo per festeggiare la conquista dello scudetto assieme ai suoi compagni ma il suo futuro è una incognita. Il c. t. olandese Rinus Michels non si fida del suo recupero e lo aggrega alla spedizione per l’Europeo tedesco solo con il ruolo di rincalzo.

Il centravanti titolare sarà Johnny Bosman, a Marco è riservata una anonima divisa con il numero 12. Lui sbuffa, smania dalla voglia di tornare in campo a mostrare cosa sa fare, pensa addirittura di rifiutare la convocazione. Solo i saggi consigli del suo mentore Cruyff lo inducono a tornare sui suoi passi.

Assiste dalla panchina alla sconfitta dei compagni nel match d’esordio contro l’Urss. E’ evidente che qualcosa  non va nella squadra, c’è bisogno di lui. Il numero 12 disputa la seconda partita del torneo contro l’Inghilterra dall’inizio. L’allenatore ha deciso di credere nei suoi mirabolanti colpi di genio.

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Tris all’esordio

Gli basta meno di un tempo per dimostrare che è tornato quello di una volta. Ad un minuto dall’intervallo Gullit supera un difensore e lo serve con un traversone rasoterra.

E’ un lampo: Marco controlla il pallone, si libera dell’avversario con una irresistibile piroetta e spedisce il pallone in rete. Gli inglesi riescono poi a pareggiare ma lo show del rinato asso olandese è solo all’inizio.

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E’ ancora il fidato Gullit a pescarlo in profondità per un sinistro in corsa che non perdona. Siamo a quota due e ancora non è finita. C’è un calcio d’angolo a favore dell’Olanda, il pallone viene spizzato di testa da Wim Kieft in direzione di Van Basten. Una veloce coordinazione  del busto  e una mezza girata  di destro confezionano il suo tris d’esordio. In un colpo solo ha risolto tutti i problemi offensivi della squadra ritrovando, nel contempo, sé stesso.

E adesso tutti devono fare i conti con la sua voglia di riscatto. Una rivincita da prendersi a suon di finezze.

La parabola del cigno.

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Un degno rivale

La successiva vittoria contro l’Irlanda qualifica i ragazzi di Michels alla semifinale contro la Germania Ovest. Il diretto avversario di Marco, colui che si occupa di marcarlo, è un lungagnone con i baffi di nome Jűrgen Kohler.

Fa dell’anticipo il suo punto di forza, è dotato di una concentrazione ferrea, ha fama di non lasciar neanche respirare chi controlla. Una bella sfida per il Cigno di Utrecht, eleganza contro tenacia. Lo stopper tedesco sa bene che fermare

Marco vuol dire mettere una ipoteca sulla vittoria e si applica nel compito con feroce determinazione. Il centravanti olandese non si sottrae al confronto con il degno rivale e la partita segue l’andamento del loro duello. Poi un rigore realizzato da Lothar Matthäus spezza l’equilibrio che viene successivamente ristabilito da un nuovo tiro dal dischetto messo a segno dal libero orange Ronald Koeman.

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Il fallo che ha dato origine al secondo penalty è stato commesso proprio da Kohler su Van Basten. La fredda lucidità del tedesco è stata offuscata dai trucchi da illusionista dell’olandese che aspetta la fine dell’incontro per piazzare il tocco d’artista. Mancano due giri d’orologio, c’è un lancio in profondità di Jan Wouters. Sul pallone si fionda Van Basten, seguito come un ombra da Kohler.

Il secondo sembra in vantaggio ma il primo si insinua tra l’avversario e il pallone e lo beffa, allungandosi quel tanto che basta per toccare il pallone e spedirlo in porta con un tocco vellutato. E’ il suo proverbiale biglietto da visita: velocità da rapace e slancio da airone.

La parabola del cigno.

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L’ultimo capolavoro

La finale contro l’Urss ripropone lo scontro della prima partita. Il calcio atletico dei sovietici non è facile da digerire, gli olandesi ne hanno già avuto un assaggio.

Tuttavia molte cose sono cambiate dall’incontro di esordio e, soprattutto, c’è un Van Basten caricato a mille. Marco fornisce di testa l’assist per il primo gol di Gullit e poi aspetta l’occasione per prodursi in un nuovo capolavoro, l’ultimo.

E’ da poco iniziata la ripresa, c’è la fuga di un compagno sulla fascia, il suo istinto gli suggerisce di posizionarsi all’estremità opposta dell’area di rigore. E poi c’è quel traversone e tutto quello che ne consegue.

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La parabola del cigno.

(Foto: DepositPhotos)

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