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Angolo del tifoso

ANGOLO JUVENTUS – L’allenatore nel pallone

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Allegri Juventus
Tempo di lettura: 4 minuti

Angolo Juventus, l’allenatore nel pallone.

Salve, Mister. La chiamo ancora cosi, a dispetto dello scarno comunicato con cui la società per cui lavorava annuncia che Lei “è stato sollevato dall’incarico di allenatore della Prima Squadra.

Lo stesso documento precisa che “l’esonero fa seguito a taluni comportamenti tenuti durante e dopo la finale di Coppa Italia che la società ha ritenuto non compatibili con i valori della Juventus e con il comportamento che deve tenere chi la rappresenta”.
Neanche una parola, dunque, sull’ultimo trofeo conquistato, quella Coppa di cui si fa accenno solo per rimarcare la Sua condotta.
Tantomeno si è fatto menzione degli altri risultati da Lei ottenuti alla guida della squadra. Sarà anche umorismo involontario ma il ritratto che emerge da quelle righe fa pensare, più che al coach di una formazione di livello, a quello di una macchietta cinematografica. Oronzo Canà, il profeta della B zona, l’allenatore nel pallone.

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Questione di incompatibilità

Ricorda il film, Mister? Il personaggio di Lino Banfi, un mediocre tecnico abbonato agli esoneri, veniva ingaggiato da una squadra neopromossa in Serie A.

Al termine del campionato, concluso con una insperata salvezza, si toglieva lo sfizio di sbeffeggiare il suo Presidente, rinfacciandogli l’infedeltà della consorte.
Atteggiamento più che comprensibile, considerato che il cialtronesco dirigente gli aveva esplicitamente chiesto di perdere l’incontro decisivo, subordinando a questa condizione il rinnovo del contratto.
Il motivo? Una retrocessione in B era più conveniente per le sue tasche rispetto alla permanenza in massima serie.
Ora, Mister, al netto delle sue intemperanze, la coerenza di Canà meritava tutto il rispetto di questo mondo. Specie se comparata ai sotterfugi della controparte.
Lei, di fronte a decine di colpi bassi del genere, ha ingoiato rospi a ripetizione per poi sbroccare solo all’ultimo. E l’hanno fatta pure passare per “incompatibile”.

L’allenatore nel pallone.

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Un rapporto complicato

E se l’addio non è stato dei migliori, neanche al principio erano state rose e fiori.

Ha presente, Mister? Al Suo primo allenamento a Vinovo c’erano un centinaio di tifosi ad accoglierla. Con cori e striscioni di contestazione. Era colpevole di aver sostituito Antonio Conte, idolo della curva e trascinatore di folle.

Peccato che un tale condottiero avesse avuto la brillante idea di mollare tutti al secondo giorno di ritiro, lasciando giocatori spaesati e dirigenti costretti a  scovare un nuovo allenatore in poche ore.
L’avevano intercettata mentre stava accordandosi con la Federazione per la panchina della Nazionale azzurra, aveva accettato una sfida che chiunque altro avrebbe rifiutato.
Ed era arrivato in punta di piedi, apprezzando l’ottimo lavoro svolto dal Suo predecessore e cercando di cambiare il meno possibile.
I risultati si erano visti: un nuovo scudetto e una meritata finale di Champion’s League, traguardo mai raggiunto da chi L’aveva preceduta. Eppure il rapporto con la tifoseria e la stampa restava complicato.
Si diceva che Lei vivesse di rendita, sfruttando gli uomini e l’organizzazione di gioco del precedente tecnico. Un improvvisatore, un mistificatore. L’allenatore nel pallone.

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Per lo spettacolo rivolgetevi altrove

Certo, in tutto questo la Sua ironia toscana non facilitava per nulla le cose. Si divertiva a zittire gli interlocutori in conferenza stampa.
A volte anche ridimensionando il suo ruolo (“Il tecnico più bravo è quello che fa meno danni”) oppure replicando a muso duro a chi pretendeva prestazioni scintillanti (“Chi vuole divertirsi vada a teatro o al Luna Park”).
Il Suo modo di pensare era perfettamente in linea con quello della società, l’unica cosa che conta sono le vittorie.
E i Suoi dirigenti, in nome della sacra prevalenza del risultato su ogni altra cosa, erano sempre stati sordi alle invocazioni di bel gioco da parte della critica.
Almeno fino ad un certo punto. Nonostante l’ennesimo scudetto, nella primavera del 2019 L’avevano messa alla porta con un “arrivederci e grazie”.
Tuttavia, i suoi successori, prima il ruvido Maurizio Sarri  e poi il novizio Andrea Pirlo, non avevano portato la tanto attesa evoluzione tecnica.
Dopo due stagioni in naftalina, L’avevano richiamata in servizio con contratto quadriennale.
A quanto pare, Lei non era inferiore ai suoi conclamati rivali, nonostante la sua immagine naif. L’allenatore nel pallone.

Prospettive mutate

Ma, al Suo ritorno, le cose erano cambiate. In peggio.
Le prospettive, per la Juventus, profondamente mutate. La società non aveva più la forza economica del passato e alcuni giocatori, fiutata la situazione, preferivano cambiare aria.

E quando ci si ritrova nello spogliatoio un Moise Kean al posto di un Cristiano Ronaldo è lampante che ci saranno da celebrare le nozze con i fichi secchi.

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Di nuovi successi manco a parlarne, ormai la Sua unica missione era quella di tenere ben salda la barra del timone verso le uniche destinazioni possibili, i piazzamenti d’onore.
E Lei, come da precise richieste dei dirigenti, ha sempre puntato a condurre i suoi ragazzi ad una qualificazione Champion’s, rinviando i sogni di gloria a momenti migliori.
Che, però, saranno appannaggio di un altro, più gradito ai piani alti, meno soggetto a crisi d’isterismo. Qualcosa di diverso da un allenatore nel pallone.

Cambio al vertice

Infatti, il terremoto che ha azzerato i vertici societari, ha determinato anche l’arrivo di un nuovo Direttore Generale, Cristiano Giuntoli.
Il nuovo manager aveva il preciso compito di resettare tutto, servendosi dei metodi che preferisce e scegliendo le persone di suo gradimento.
Inevitabile che volesse anche un uomo di sua fiducia in panchina, di conseguenza Lei era divenuto di troppo.
Un ingombro da risolvere, in barba al contratto firmato. Così è cominciata una logorante guerra fredda, fatta di silenzi, prese di distanze e discussioni accese. E contatti neanche troppo sotterranei con altri tecnici.
Una delegittimazione palese, anche agli occhi della squadra. A queste condizioni la conquista di un trofeo assumeva i contorni di una impresa epica, sarebbe stato elegante mettere da parte per un attimo le divergenze e festeggiare tutti assieme il successo.
Ma c’è stata una goccia che ha fatto traboccare il vaso, e Lei si è fatto travolgere dall’amarezza. Sarà, purtroppo, questa l’ultima sua immagine come tecnico della Juventus. L’allenatore nel pallone.

(Foto: Depositphotos)

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