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ANGOLO JUVENTUS – Risultato o gioco?

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Juventus Allegri
Tempo di lettura: 3 minuti

La Juventus di Max Allegri batte di misura l’Atalanta di Gian Piero Gasperini e si aggiudica la Coppa Italia.
La squadra del tecnico toscano aveva necessità, per motivi di immagine e bilancio, di concludere la stagione alzando almeno un trofeo.

Pertanto ha fatto, come succede spesso, di necessità virtù e ha capitalizzato al massimo il gol iniziale di Vlahovic, giocando un attento match di contenimento e ripartenza.

L’esito sembrerebbe dare ragione al credo speculativo del mister bianconero, prevalente rispetto all’intensità propugnata fervidamente dal suo omologo atalantino.

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E’ l’ennesimo capitolo di una della più antiche diatribe del nostro calcio: risultato o gioco?

Più realista del Re

Il curriculum del trainer di Livorno, del resto, parla molto chiaro.
Nel corso della sua carriera non si è mai atteggiato a profeta della panchina né ha mai preteso di essere ritenuto più decisivo dei giocatori che manda in campo.

E’ un aziendalista convinto, il suo unico obiettivo è soddisfare le aspettative del proprio datore di lavoro. Che spesso consistono nel rimpinguare il palmares di vittorie, non importa in quale modo. La sua Juventus non ha avuto mai pudore nel lasciare l’iniziativa nelle mani degli avversari né quella di agire prevalentemente di rimessa. Allegri è, per natura, più realista del Re: tutto quello che conta è acciuffare il bottino pieno. All’estetica si dedichino pure gli altri.

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E al novantesimo sarà il tabellone a fare da giudice. Risultato o gioco?

Integralismo tattico

Allo stesso modo, non ha mai ritenuto fondamentale insegnare calcio, puntando tutto sulla gestione di giocatori già formati.

L’esatto contrario del suo rivale di oggi, uno provvisto di una solida fama di guru del pallone. Gian Piero Gasperini, torinese doc e un passato di coach nelle giovanili bianconere, ha fede solo nel suo integralismo tattico.

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E’ un allenatore  di campo, ama costruire i suoi atleti giorno per giorno, plasmarli in base ai suoi dogmi. Per lui non esiste il singolo, ma solo la squadra.

I suoi undici devono muoversi sul terreno di gioco come se fossero un sol uomo. E aggredire l’avversario sempre e comunque.

Nei momenti migliori le sue formazioni sembrano squadre di rugby, tutti protesi nella metà campo avversa, uniti da una compattezza granitica.

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Spesso il suo modo di lavorare ha prodotto partite spettacolari e valorizzato giocatori ritenuti mediocri in altri contesti.

Ma non ha mai alzato al cielo un trofeo, finora. Dando alimento all’eterno dibattito: risultato o gioco?

Furore contro flemma

Il momento positivo della sua Atalanta ( finale di Europa League da disputare e in piena corsa per un posto Champion’s) sembrava l’ideale preludio all’agognata prima tacca da vincitore da segnare sulla cintura.

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Regalando, tra l’altro, un successo che a Bergamo manca dal preistorico 1963. E travolgendo proprio la squadra di Allegri, il collega in assoluto più distante da lui, per mentalità e metodologia di lavoro.

Certo, sbrigare la faccenda non è esattamente facile come mandar giù un bicchiere d’acqua. Il tecnico livornese, a dispetto dei suoi modi naif, non è uno sprovveduto.

Conosce il suo modo di approcciarsi all’incontro e ha predisposto le adeguate contromisure.

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Ai suoi basta indovinare il pertugio giusto in apertura di partita e infilare il pallone in rete.

E poi predisporsi a mettere in scena il copione che conoscono a menadito, controllo e rilancio. Basterà l’intensità di stampo gasperiniano per ribaltare la situazione? Prevarrà il suo furore agonistico o la sardonica flemma allegriana? Risultato o gioco?

Avanti a testa bassa

Il repentino svantaggio non smonta per nulla i bergamaschi. Prendono possesso della metà campo avversaria con i metodi abituali.

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Tutti i giocatori della squadra vengono coinvolti nella manovra di costruzione, a tratti assomigliano a un gruppo di formiche, procedono ben saldi verso il bersaglio.

Ma gli altri vantano una ben rodata organizzazione difensiva e, all’altezza dei sedici metri, i tentativi orobici di sfondare si infrangono.
Le maglie nerazzurre assomigliano a un ariete che si sfianca a dare cornate a un baluardo inespugnabile. Tuttavia continuano ad andare avanti a testa bassa.

Fiducia cieca negli insegnamenti del mister oppure mancanza di alternative? Che il pragmatismo di Allegri sia capace di spegnere gli ardori atletici ispirati da Gasperini? Risultato o gioco?

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Fino alla fine

Anche nella ripresa la situazione non muta. Orobici all’assalto, torinesi assestati in difesa. Ma pronti a pungere non appena ne hanno l’opportunità.

L’assedio degli uomini di Gasperini è spesso inframmezzato dagli estemporanei raid offensivi dei ragazzi di Allegri. E, non di rado, la porta bergamasca corre il rischio di essere violata per la seconda volta.

Al triplice fischio di chiusura dell’arbitro il punteggio non è mutato e, quindi, è il capitano bianconero ad alzare la Coppa Italia. Agli atalantini e al loro mister resta l’onore delle armi e il piazzamento d’onore.

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Hanno lottato fino alla fine e hanno onorato loro stessi e il loro modo di stare in campo. Per le vittorie se ne riparlerà in un’altra occasione, per ora tocca guardare gli altri festeggiare.

Magari anche con qualche rimpianto. Risultato o gioco?

(Foto: DepositPhotos)

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