ANGOLO SALERNITANA – Io amo il quinto quarto

Nella periferia di Empoli c’è una botteguccia ambulante: un tendone sdrucito, due tavolini ed un bancone con il bendiddío delle frattaglie. Trippa, nervetti, birra di sottomarca: untuoso stuolo alla corte di Sua Maestá il Lampredotto.
La Tripperia si rivelerà l’unica nota lieta della gita infrasettimanale in Toscana: di ritorno, la vista sull’Atalanta recava non dirò apprensione, ma comunque una punta d’ansia fastidiosa. Pertanto, Atalanta sia.

Nel primo quarto di gara li studiamo: Zapata è gigantesco, Ederson un dolce ricordo, il civettuolo 7 con la K ruba sempre l’occhio. Però li teniamo, non fanno poi tanta paura.

Dal 23′ il Monsone dell’andata ci ritrova, ancora più violento ed incazzato. La pioggia è talmente fitta da impedire lo sguardo dagli spalti al campo: mai visto nulla del genere a metà maggio. Forse ai Caraibi e nemmeno ci giurerei. Di quanto accade nel secondo quarto, in tutta onestà, poco so dirvi.

Posso però testimoniare che negli spogliatoi torna Coulibaly e rientra Yaya Touré: calciatore sontuoso, ormai pronto per una grande squadra. Una grande Salernitana, intendo: chi lo vieta? Cominciamo a macinarli, Dia e Piątek sprecano ma crescono tutti. Nessuno dei nostri abbassa lo sguardo, non saprei indicare uno solo tra i Granata che non preannunci il finale rossiniano.

Nell’ultimo quarto di gara la Dea è ridotta ad una vacca da squartare: la loro metà campo è un macello e gronda sangue orobico. Il pari al 90′ è strettissimo, volano santi e ricomincia la tempesta.

Ma se ad Empoli ci siamo intossicati lampredotto e salsa verde, la Sacra Sfera -eterna puttana della mia vita- ci regala un quinto quarto spettacolare. Tutto il gusto più screanzato esplode con il destro di Candreva. È l’apoteosi dei cinque sensi.

Ceda il passo la cacciatrice Atalanta: è tempo di celebrare il divino Bacco. Scorra generoso vino, s’attinga a fusti di birra.
A Salerno è Serie A.

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