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SPECIALE NATALE – L’albero di Natale: dalle origini del 4-3-2-1 fino al suo culmine

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Siamo arrivati al giorno cardine di queste festività: il Natale. Il 25 dicembre è uno dei giorni più attesi dell’anno da persone di ogni età: bambini, adulti ed anziani. Indipendentemente dal legame cristiano, poiché è associato con la nascita di Gesù Cristo, il Natale è sicuramente la festa più conosciuta in tutto il mondo. Al quale sono stati dedicati film, canzoni, storie ma persino dei moduli calcistici. Uno degli emblemi di questa festa è proprio l’albero di Natale, tradizione nata tantissimi secoli fa, addirittura tra i Germani. Ma il famoso albero di natale a cui facciamo riferimento, nel mondo calcistico ha quasi 50 anni. Scopriamo insieme, dunque, la storia del 4-3-2-1, dalle origini al culmine con il Milan 2003/2004 di Carlo Ancelotti.

IL 4-3-2-1: LE ORIGINI

C’è chi crede che il 4-3-2-1, così come lo conosciamo, sia nato con Ancelotti e il suo Milan. Ma la storia, invece, ci racconta tutt’altro. In realtà risale all’inizio degli anni ’70, dunque ha poco meno di cinquanta anni. Un’età relativamente giovane che però ha alle spalle, comunque, una bella storia. La prima apparizione di questo modulo l’abbiamo avuta con il Crystal Palace di Bert Head. Nella stagione 1968/1969 ci fu l’approdo in First Division: allora la maggiore competizione inglese. Head condusse la squadra ad alti livelli fino al 1973 quando fu poi sostituito da Allison, che fallì rovinosamente. La prima volta che venne menzionato questo nuovo schema fu da Peter Dobereiner, che commentò così la sfida tra Palace e Newcastle:

“La scorsa stagione il Palace giocava con un poco compromettente ‘9-1’, adesso invece con un disinvolto 4-3-2-1 anche se la trama di gioco non è cambiata molto. La palla avrebbe comunque dovuta arrivare sempre a Queen il cui ruolo tattico sarebbe rimasto sempre quello di riuscire a fare a sportellate con i quattro difensori avversari che gli agiscono contro contemporaneamente. […] Quando però la palla tornava avanti, i giocatori del Palace sembravano sempre in inferiorità numerica, uno contro due. Poi accadde un evento straordinario, quasi senza precedenti: due giocatori del Palace, dimenticandosi di essere fuori posizione, si trovavano nell’area avversaria. Birchenall portava il pallone verso la porta, Queen, forse innervosito dopo aver visto uno dei suoi compagni così vicino prontamente rientrò e Birchenall calciò in rete”.

Sono questi gli albori di un inconsapevole 4-3-2-1, che però non aveva ancora raggiunto la sua massima espressione. L’utilizzo – consapevole – del Christmas Tree come oggi lo conosciamo, pare sia avvenuto in Olanda. A raccontarcelo è Jonathan Wilson nel suo ‘Inverting the Pyramid. The History of Football Tactics’: 

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“Il 4-3-2-1 è solo una variante del centrocampo a cinque.Un centrocampista offensivo può essere sacrificato per un titolare aggiuntivo, realizzando così il 4-3-2-1, l’albero di Natale o il moderno 4-3-3. Co Adriaanse sembra essere stato il primo esponente del 4-3-2-1 al Den Haag verso la fine degli anni ’80”.

Passeranno poco più di 20 anni prima di rivedere in Premier League il 4-3-2-1. Dopo il Palace di Head, lo ritroviamo con il Leeds di Wilkinson, che semplicemente arretrò due attaccanti dietro la punta principale. Ma il suo massimo impiego e la sua più grande forma fu raggiunta pochi anni più tardi in Italia, con il Milan di Ancelotti.

IL 4-3-2-1: COS’È

Prima di addentrarci nell’analizzare quel Milan campione d’Italia nel 2004, è giusto capire per bene di che cosa parliamo. Il 4-3-2-1 è una scomposizione più dettagliata dei ruoli in campo. A metà tra un 4-5-1 puro e un 4-3-3, l’albero di natale prevede alcuni punti cardini dotati di caratteristiche ben precise. Una linea a 4 difensiva, con davanti un centrocampista-regista davanti alla difesa; a quest’ultimo è affidata – come da nome – la regia e la costruzione del gioco che parte dalla propria metà campo e si sviluppa in avanti. Affianco al regista due centrocampisti di spinta che hanno comunque il compito di ripiegare in fase di non possesso. E due attaccanti dietro la punta principale. Trequartisti o mezze-punte, a seconda delle esigenze.

Il primo elemento fondamentale, come già anticipato prima, è il regista. Un centrocampista leggermente più arretrato da cui parte l’azione; con una visione di gioco più elevata rispetto agli altri e con una coordinazione occhio-piede eccezionale. L’altro punto cardine, che collega il 4-3-2-1 ai suoi simili è la punta. Un attaccante abbastanza forte fisicamente a cui arriva la palla: colui che ha il compito di affrontare la difesa avversaria e segnare. Sono gli unici elementi – il mediano e la punta – ad essere presenti sia nel 4-3-3 che nel 4-5-1.

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Nel primo la differenza sta nella linea dei due davanti, che si uniscono all’attaccante a formare un’unica linea da 3: una classica punta nel più generale dei casi; o un falso nueve, senza punti di riferimento, in casi più particolari.

Quando gli esterni d’attacco arretrano fino ad aggregarsi al centrocampo, parliamo di un più difensivo 4-5-1. Modulo decisamente più propenso alla chiusura rispetto ai primi due; con più possibilità, però, di svilupparsi sulle fasce rispetto ad un 4-3-2-1 più verticale.

IL CULMINE DEL 4-3-2-1: ANCELOTTI E IL MILAN DEL 2004

Siamo arrivati alla fase clou di quest’ampia lettura del 4-3-2-1. Quello di Carlo Ancelotti del 2004. Il Milan di quella stagione vinse lo scudetto e raggiunse i quarti di finale di Champions League. Con Dida in porta, la prima linea della decina di movimento è composta da Maldini, Nesta, Stam e Cafu. Una super-difesa per una squadra straordinaria, ricca di grandi campioni. La squadra ideale per un albero di Natale; una rosa che rispecchiava tutte le caratteristiche per costruire un 4-3-2-1 perfetto. Pirlo era la punta di diamante del centrocampo di Ancelotti. Un regista a tutto tondo, in grado di servire magnifici assist in lontananza e di far partire il gioco alla grande. Con accanto Seedorf e Gattuso, due centrocampisti con caratteristiche differenti ma utilissimi alla causa. Il primo più tecnico rispetto al secondo, dotato di grande velocità e di una buonissima tecnica; l’altro un incontrista puro, capace di strappare palla a tantissimi grandi calciatori. Una tecnica decisamente più scarsa, ma un’aggressività pari a pochi. Kakà e Rui Costa, un baby fenomeno ed un classico nº10.  Due talenti straordinari, entrambi diversi tra loro, con alla base una straordinaria tecnica di base. In grado però di parlare la stessa lingua – oltre che il portoghese – calcistica. E lì davanti Andriy Shevchenko: veloce e potente, abile di superare ferocemente le difese avversarie. Un attaccante sopraffino, che ogni tanto veniva sostituito da un grande rapace d’area come Pippo Inzaghi: meno tecnica ma più furbizia sotto porta. Ovviamente a disposizione i vari Serginho, Ambrosini, Kaladze, ottimi sostituti per far rifiatare i più grandi di sempre. Una squadra gloriosa, che si trascinava dal passato quel gran Milan di Sacchi. È proprio dallo studio della squadra di Arrigo che Carletto ha elaborato la sua idea di Christmas Tree. Sempre lo stesso tecnico di Reggiolo ne ha parlato nel suo libro “Il mio albero di natale. Storia e schemi dell’allenatore più vincente in Europa”.

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Perché così come nelle tradizioni mondane, è dalle cose più semplici che nascono anche quelle più belle. Dal 4-4-2 al 4-3-2-1. La magia del Natale e quella del calcio paiono diverse, ma hanno alla base la stessa semplicità e brillantezza. Con la differenza che l’abete natalizio viene smontato dopo il 6 gennaio; mentre l’albero di Natale del calcio rimarrà impresso nella storia per sempre.

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