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Tutta colpa di Zielinski?

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Zielinski Napoli
Tempo di lettura: 2 minuti
Non mi piace puntare il dito contro un singolo calciatore dopo una brutta prova di squadra, ma stavolta non è possibile farne a meno.
Sì, perché il responsabile principale della mancata vittoria di ieri, come di tutto questo orripilante inizio di stagione, è il signore in foto.

È infatti lui che avrebbe potuto, ieri sera, chiudere i conti mettendo in porta un pallone comodo comodo, sul quale poi, non a caso, è nato il pari tedesco.

Ma Zielinski ha colpe ben più gravi di un goal sbagliato a pochi metri dalla porta.
Zielinski è molto di più e di peggio, Zielinski è simbolo e anche metafora di tutto ciò che non va.
Incarna l’egoismo che muove questa squadra: come è possibile, dopo aver contribuito a realizzare un sogno lungo più di tre decenni, pretendere di rinnovare un contratto?
E’ possibile, dopo anni di impegno, senza mai una parola fuori posto, pensare di rinnovare alle stesse cifre del contratto precedente o, addirittura, a cifre superiori?
Come è possibile non capire che un professionista che abbia raggiunto, insieme al resto del team, un traguardo storico, deve accettare (anzi, dovrebbe partire da lui stesso la richiesta) di guadagnare di meno? Come osa, costui, sperare di vedersi riconosciuto quanto fatto?
Costui veramente osa sognare che il suo datore di lavoro lo elogi pubblicamente per aver rifiutato offerte mostruose in nome del legame che lo stringe forte ad una maglia e ad una città?
Taccia, il polacco, taccia e rinnovi alle cifre imposte dal padrone, perché solo così si dimostra di amare Napoli.
E lo stesso vale per Kvara, sia chiaro. Che vuol dire essere stato il miglior calciatore della Serie A nell’anno del trionfo? A chi interessa che ci sia la fila di top club europei per riconoscergli stipendi quattro o cinque volte superiori? Sì, è il terzo meno pagato della rosa e il meno pagato dei trenta giocatori arrivati alla nomination per il Pallone d’oro: e quindi? Giochi.
Pensi a giocare.
Si alleni con le stesse motivazioni che avrebbe un dipendente gratificato, perché lui la gratifica l’ha ricevuta: il sole, il mare, il cibo, Napoli.
Taccia, quindi, anche il georgiano, e non pretenda alcun riconoscimento, perché solo così si dimostra di amare Napoli.
Certo, magari un giorno qualcuno si chiederà, o qualcuno ci spiegherà, perché soltanto qui si ama una città intera ma i soldi li deve risparmiare un uomo solo (manco napoletano) ma questa è un’altra storia, che nulla c’entra col rendimento di questi mesi. Vero? O no?

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