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ANGOLO NAPOLI – Modello Kvaratskhelia

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Kvaratskhelia Napoli
Tempo di lettura: 3 minuti

La terza partita di Champions League si gioca in una bella e mite serata in terra tedesca, in uno stadio che evoca bei ricordi in patria e contro una squadra che i numeri della vigilia davano in forte crisi di risultati e – inevitabilmente – anche di gioco.

Una storia di integrazione, pace, uguaglianza e determinazione quella dell’Union Berlino. Da leggere, analizzare  e, forse, anche da far studiare.

Nel rettangolo verde, invece, una partita, almeno all’inizio, assai diversa da quella che era lecito attendersi.

Napoli lento nella circolazione della palla e nella costruzione dal basso, con Lobotka impreciso, Zielinski fuori dal gioco e Cajuste, soprattutto, lontano parente di quello ammirato a Verona.

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Raspadori in difficoltà con i più fisici centrali tedeschi, terzini troppo bassi nonostante l’enorme spazio per andare in profondità e Kvaratskhelia sistematicamente raddoppiato e fermato con falli spesso al limite del cartellino giallo, estratto solo una volta dal poco fiscale arbitro bosniaco.

Tre immagini che basterebbero – da sole – a sintetizzare un primo tempo tutt’altro che memorabile in terra tedesca, finito, per demerito di entrambe, a reti bianche.

Troppa distanza tra i reparti, per lunghe fasi del match davvero troppi i settanta metri tra Rrahmani e Raspadori.

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La porta del cambiamento, però, si sa, si apre dall’interno. E si comincia – spesso – dalle piccole cose.

Rudi Garcia, che aveva inizialmente deciso di iniziare da dove s’era finito a Verona, in apertura di ripresa ha invece inserito Elmas.

E’ entrato il 7, ma la differenza – come sempre – l’ha fatta il 77.

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E’ il georgiano l’uomo in più, capace di mettersi la squadra sulle spalle e traghettarla nei momenti più complicati del match.

Con lui ottime le prestazioni, specie nel secondo tempo, dei due centrali difensivi, con Natan diventato ormai più che una certezza ed un vero leader davanti a Meret.

Decisivo, sino alla fine, il gol di Giacomo Raspadori, che ha indirizzato una gara spigolosa, ostica, impegnativa e molto dispendiosa dal punto di vista fisico.

Simile alla vittoria ottenuta poco più di un mese fa in Portogallo, quella ottenuta dai Campioni d’Italia nello stadio in cui gli azzurri di Marcello Lippi divennero diciassette anni fa Campioni del Mondo è, forse, più importante, specie per la piega che, così facendo, prende il girone.

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Il Napoli non ha perso di vista, fino alla fine, l’obiettivo, ottenendo il risultato positivo che era lecito attendersi alla vigilia, ma che fuori dai confini nazionali non può dirsi mai scontato.

Tanto passa, nell’undici sceso in campo a Berlino in maglia nera, però, dal fuoriclasse georgiano. 

E’ un Napoli inevitabilmente “modello Kvaratskhelia”, che si accende quando si illumina la stella più luminosa.

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Il muro deve cadere” è lo slogan che ha accompagnato (e ancora accompagna) tanti momenti di gioco dell’Union Berlino per merito di una tifoseria encomiabile che non ha smesso di applaudire neppure dinanzi alla nona sconfitta di fila. Non è stato facile abbattere la resistenza tedesca, ma gli uomini di Garcia – specie nel secondo tempo – hanno meritato prima il vantaggio e poi la vittoria finale.

C’è nuovamente un cielo azzurro sopra Berlino, meno importante nel contesto complessivo, ma ugualmente bello, magico e pieno d’orgoglio, senza alcun pregiudizio.

Bene così, con le mani salde sul manubrio e gli occhi fissi verso il lungo cammino ancora da fare.

(Foto: Depositphotos)

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