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ANGOLO NAPOLI – Azzurro pallido e viola di rabbia

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Il posticipo serale della ottava giornata di campionato metteva di fronte due squadre appaiate al quarto posto, con 14 punti in classifica. Risultati ottenuti in maniera assai diversa e vissuti – come è fisiologico e normale – in modo differente. Partita subito assai aperta e con squadre molto lunghe, con i viola abili e fortunati a punire dopo appena sette minuti una difesa statica ed ingenua, mortificata anche da un Meret apparso poco reattivo.

Dopo il vantaggio, la pressione alta della Fiorentina ha provato ad escludere Lobotka dalla costruzione offensiva del Napoli, mettendo molta difficoltà anche agli altri centrocampisti azzurri, con Anguissa subito in ritardo, come capitato non di rado in stagione.

Sugli scudi, invece, gli opposti, con Arthur, Bonaventura e Duncan una spanna sugli altri.

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Primo tempo per larghi tratti pieno di tutti i difetti palesati quest’anno: lentezza nelle coperture, difficoltà nella costruzione verticale e poche soluzioni offensive con scarsa precisione nelle diverse occasioni in area avversaria.

Punita ad ogni sbavatura, dunque, la squadra di Garcia vive quasi il terzo tempo del turno di Champions contro il Real Madrid, mostrando un Osimhen solitario e quasi svogliato e – in generale – una peggiore qualità di corsa rispetto agli avversari di giornata, bravi a non buttar mai via la palla.

E’ venuto poi un provvidenziale e nettissimo calcio di rigore (e forse ce n’era un altro appena un po’ prima), utile per restituire al centravanti nigeriano sorriso, esultanza e precisione dagli undici metri, ma anche per rimettere tutto in parità al riposo.

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Ripresa iniziata sulla falsariga dei primi quarantacinque minuti, con squadre assai capaci palla al piede, ma un po’ in sofferenza nelle corse all’indietro. 

Non premiata la scelta di Rudi Garcia di avanzare di qualche metro con l’ingresso di Raspadori, parso un pesce fuor d’acqua ed incapace di aumentare il potenziale offensivo mettendosi a ruota di Politano, Kvaratskhelia e Osimhen.

Apparentemente presente in campo ed equilibrata, invece, la squadra nell’ultima mezz’ora, capace di affacciarsi con regolarità nell’area viola con folate importanti e manovrate azioni d’attacco, punita – però – ancora una volta da Giacomo Bonaventura, calciatore abituato, purtroppo, a far gol agli azzurri con ciascuna delle maglie via via indossate. Davvero troppi ormai i gol subiti dalla difesa dei campioni d’Italia, con responsabilità solidali negli altri reparti, ma con risultati che eufemisticamente ormai possono dirsi preoccupanti.

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Tanta fatica del Napoli a trovare uomini liberi tra le linee e – soprattutto – coloro che, davanti, sarebbero sempre chiamati a far la differenza. 

Due squadre abituate a giocare bene palla a terra (Lazio e Fiorentina) hanno maramaldeggiato al Maradona e la circostanza – per i più attenti – non può essere un caso.

Ad un quarto d’ora dalla fine, poi, scelte tecniche che la dicono lunga sul momento azzurro: fuori tre giocatori simbolo della stagione scorsa e dentro Simeone con Lindstrom e Gaetano. Poco o nulla di rilevante, in ogni caso, poiché i viola di Italiano non si battono con improvvisazione ed episodi.

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Molto male gli azzurri, che pure avevano avuto la buona sorte di pareggiarla allo scadere del primo tempo e che in tanti episodi potevano in ogni caso recuperarla. In questo periodo, però, gira così, E l’inerzia non si combatte con approssimazione, ma solo con lavoro e tanto sacrificio. 

Contro la Fiorentina la sconfitta è meritata, col terzo gol preso nel recupero che ha dato anche la giusta dimensione ad una supremazia apparsa netta in una notte buia e triste che finisce con la seconda – netta – sconfitta stagionale.

Nella metà delle partite giocate, la squadra di Garcia non è riuscita a vincere, meritando di perdere nelle due uscite in casa contro le squadre di Sarri ed Italiano e tutto sommato di non vincere negli altri due pareggi esterni contro Genoa e Bologna.

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Si va alla sosta solo con quattordici punti in classifica, in ritardo rispetto alle prime due davanti e con una generale sensazione che siano smarrite le certezze che la stagione scorsa indicavano la strada.

E’ un azzurro pallido che rende i tifosi viola di rabbia.

Giusto merito alla bella squadra avversaria, ben attrezzata ed ancor meglio allenata, ma anche dolorosa presa di coscienza che gira tutto storto, anche – probabilmente – qualche scelta un po’ avventata negli avvicendamenti dalla panchina e nella lettura delle gare.

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Chi può intervenire, intervenga.

Chi può parlare, lo faccia.

Chi deve decidere, decida.

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La sosta capita a fagiolo. 

Anche per guardarsi in faccia e realizzare che c’è uno scudetto cucito sulla maglia da onorare senza soluzione di continuità, non solo a tratti.

 

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