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Con i piedi, con le gambe, con il petto, ma non con le mani. Ricordando “Garellik”….

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Con le mani, con le mani, con le mani proprio no. A Claudio Garella, il portiere degli storici primi scudetti di Verona e Napoli, che ci ha lasciato qualche ora fa, le mani servivano poco per parare. Con i piedi, col ginocchio, con lo stinco, con la pancia, in uscite basse a valanga, addirittura con la punta di una scarpa. Non contava come, l’importante era impedire che la palla varcasse la sua porta. Le manone, avvolte in guanti enormi, facevano per lo più da spauracchio per i temerari, da monito per chi volesse segnarlo: potevano superare il raggio d’azione delle mani, ma non del resto del corpo, volontariamente o meno. Questo non vuol dire che di gol non ne prendeva il buon Garellik, soprannome che ricorda a metà le mirabolanti imprese del Diabolik dei fumetti e le impossibili sfighe del Dorellik di Johnny Dorelli coniatogli dal quotidiano “L’Arena” di Verona, tanto che negli anni romani (sponda Lazio) a metà anni ’70 gli venne affibbiato un altro termine: “Garellate”. Poche in verità, a confronto col suo stile unico: inconsueto ma efficace, disordinato ma efficiente.

Un caos calmo in gigantografia (vista la sua stazza di 1,84 m. per 80 kg) e concretezza (443 gol subiti in 521 presenze tra Torino, Juniorcasale, Novara, Lazio, Sampdoria, Verona, Napoli, Udinese e Avellino) che gli è valso essere l’estremo difensore di due battesimi tricolore nell’ ‘83/’84 e nell’ ‘86/’87 (oltre ad una Coppa Italia, vinta al termine di quella che fu una memorabile stagione partenopea con re Diego), in due città come Verona e Napoli che non lo avevano ancora vinto. Due città che si affronteranno proprio tra qualche giorno, nella “prima” della nuova stagione, e che sicuramente in quella circostanza onoreranno la sua carriera e la sua figura nel miglior modo possibile. Con i piedi, con le gambe, con il petto, ma soprattutto con un grande cuore. Ciao, ciao mitico Garella!

P.S. – Perché intitolare una rubrica “Autogrill”? Immaginate di trascorrere là un’intera giornata: in 24 ore quante storie vedreste e ascoltereste? Quante persone incontrereste e osservereste? Quanti gesti, parole e situazioni, che rimandano a luoghi vissuti da tanti altri volti? E’ quello che si proporrà di fare questa rubrica: approfondire, dal campo o fuori dal campo, delle storie che si conoscono e rilanciare delle storie che si conoscono poco. Raccogliere respiri di vita, attimi di condivisione, istanti dove cogliere l’essenziale nei particolari, briciole di esistenze in un luogo sì preciso ma di passaggio. Come in un autogrill, appunto, un luogo in cui tutti passano per un minuto o per un’ora, un luogo dove s’incrociano casualmente esistenze, incontri ed emozioni….

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