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ANALISI A BRIGLIA SCIOLTA: Napoli 4-0 Lazio

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Tempo di lettura: 5 minuti

Sotto gli olé dei tifosi azzurri, e degli occhi della statua di Maradona, il Napoli mata la Lazio. Novanta minuti di spettacolo a senso unico, di una squadra troppo più forte dell’altra, che si è divertita e ha fatto divertire, mentre i biancocelesti rimanevano a terra esangui come un toro nella corrida.

IL TORERO

Il Napoli ci ha messo poco a sferzare due tagli profondi sul corpo della Lazio. Bastano 7 minuti per il gol dell’1-0, e dietro c’è tutto quello che vedremo costantemente dall’inizio alla fine della partita. I padroni di casa spostano il vertice alto del centrocampo, Zielinski, mettendolo come mezz’ala destra. In questo modo si crea il dilemma tra Luis Alberto e Cataldi su chi deve prenderlo, e chi deve uscire su Lobotka, il vertice basso. È quello che succede anche in questo caso quando la squadra di Sarri sale in pressione. La palla viene gestita dal quadrilatero che ha congelato la sfera per tutta la serata: Koulibaly, Lobotka, Mario Rui e Fabian. In quattro fanno 490 tocchi sui 936 di squadra, con 441 passaggi sui 799 totali. Come detto, la Lazio sale, ma lo fa male. I quattro gestiscono, e quando la palla arriva a Mario Rui si imbuca verso Mertens, approfittando del movimento di Fabian che apre la linea di passaggio alle spalle di Cataldi, che si è alzato su Lobotka. A quel punto il belga, che è venuto incontro e non è stato seguito dai centrali, stoppa e apre subito a destra per Lozano. Di Lorenzo sovrappone, ma il messicano va dentro ancora dal suo numero 14. Nel rimpallo la palla rimane lì per Zielinski che la sblocca.

Tre minuti dopo il torero infierisce per la seconda volta sul toro. Si parte sempre dal solito quadrato magico in costruzione sul centro-sinistra. In questo caso scambiano anche la posizione Fabian e Mario Rui, e questo consente allo spagnolo di avere una verticale aperta verso Insigne. Contromovimento, e Patric se lo perde in profondità. Mertens impegna Luiz Felipe che esce in ritardo. Il capitano del Napoli lascia a quello che i tifosi di casa chiamano Ciro, che ne ubriaca due prima di trafiggere Reina. Sembra già in estasi il pubblico, ma non ha visto ancora tutto.

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Al minuto 29 il colpo di grazia. Costruzione sempre sul lato sinistro. Sta volta partecipa anche Insigne, che si abbassa e scambia con Fabian, mettendo in mezzo un Milinkovic ormai stanco di correre a vuoto. A quel punto cambio gioco del numero 8 azzuro. Di nuovo Lozano in uno contro uno con Hysaj, come sull’1-0. Questa volta la tocca dietro per Mertens, che si stacca dalla marcatura venendo fuori, e pennella il terzo gol. Il toro è stato matato.

”In sostanza, l’arte della corrida consiste nel trasformare in [ventinove] minuti un bel animale in una polpetta sanguinante davanti a un pubblico euforico” (Manuel Vicent)

IL TORO

Di fronte a tanto Napoli non si poteva chiedere molto alla Lazio, ma neanche così poco. Come ha ammesso anche Sarri nel post gara, sono andati sempre fuori tempo in ogni pressione. I padroni di casa non hanno facilitato il compito agli ospiti giocando sempre bene di prima o a due tocchi, ma è anche vero che tutto è sembrato troppo facile. A maggior ragione senza Osimhen, i biancocelesti sono stati alti, ma non hanno mai trovato risposta al quadrilatero Koulibaly – Lobotka – Mario Rui – Fabian. Quando avevano il pallone si sono viste invece cose interessanti. Almeno fino al 2-0 la Lazio giocava e cercava come suo solito di sfruttare le combinazioni con le catene esterne. In particolare è a destra che funziona meglio la connessione tra Milinkovic e Felipe Anderson. Il serbo è bravo a giocare a muro con il brasiliano, e al minuto 24 dimostrano di poter far male. Palla di Patric a Milinkovic, ricezione in posizione ottimale, di trequarti, per andare di prima dal 7. Saltato Mario Rui sul controllo, palla di ritorno al centrocampista laziale, che va da Luis Alberto al limite. Lo spagnolo tenta un gol al volo da far cadere lo stadio, ma Ospina respinge. Sarà anche l’ultimo tiro della Lazio in tutta la partita, perché 5 minuti dopo arriverà la doppietta di Mertens. L’ultimo respiro del toro prima di accasciarsi a terra e soffrire ancora per un’ora, attendendo solo la fine dello spettacolo.

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“La corrida non è arte o cultura, è una tortura” (Rinaldo Sidoli)

CONCLUSIONI

Vista a posteriori, ma anche a priori, questa sembrava una partita da giocare a uomo per la Lazio. Il Napoli non ha mai fatto fatica nella gestione del possesso, anche in un secondo dove non ha affondato ma solo gestito, trovando il quarto gol quasi per inerzia. Pressando a uomo l’obiettivo è quello di non far mai gestire in tranquillità la sfera agli avversari, cercando di forzare lanci lunghi. Si rischia di essere beccati in profondità, ma senza Osimhen gli azzurri non sembrano poterla minacciare con convinzione. Per un zonista convinto come Sarri però, non è previsto. Non gli rimane che fare tesoro di queste sconfitte, cercando di lavorare sulle distanze di una squadra troppo sfilacciata tra i reparti, che ha mostrato difficoltà nel muoversi unita in pressione. Difficoltà mostrate anche contro la Juventus, e da cui Spalletti ha preso spunto per colpire alle spalle del centrocampo biancoceleste. Il Napoli invece si gode e si merita il primo posto. Il pubblico ricorda Maradona nel suo stadio, si esalta con le gesta della loro squadra, e si diverte ad umiliare l’ex allenatore dei 91 punti. Dopo questa corrida i napoletani possono tornare a casa felici, come chi ama il calcio, che ha visto un grande spettacolo di una squadra che lo stesso Spalletti ha definito “tanta roba”. Ma la corrida divide, si sa, non piace a tutti: “Ho conosciuto uno spagnolo che odiava le corride. Era un toro” (Marcello Marchesi).

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