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ESCLUSIVA #LBDV – Valtolina ‘#ACasaConVlad’: “Presidenti come Garrone non esistono più nel calcio. Fui ad un passo dal Lecce, ma Prandelli…”

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Primo ospite del giorno della trasmissione social ‘#ACasaConVlad‘, è Fabian Valtolina, ex calciatore di Venezia e Sampdoria, tra le altre.

Ai miei tempi bisognava essere costanti nelle prestazioni, oggi invece basta una sola partita per avere la luce dei riflettori puntata addosso“. Questo quanto dichiarato da Fabian a proposito dei suoi inizi. Poi continua: “Al Milan arrivai a 17 anni e giocai due Tornei di Viareggio. Negli ultimi tempi è una competizione un po’ decaduta ed è un peccato perchè è una vetrina importante per i giovani. Quello era un gruppo di giovani interessanti: c’era Albertini, che subito riuscì ad imporsi in prima squadra, ed altri che invece hanno fatto la gavetta nelle serie minori”.

A proposito di Serie C, un pensiero sulla riforma degli Under: “Credo non sia stata una scelta molto giusta. Ai miei tempi c’erano i cosiddetti calciatori di categoria, e avevi molto da imparare da loro, dentro e fuori dal campo. Questa regola la ritengo antidemocratica per gli allenatori stessi, che spesso si trovano costretti nelle scelte”.

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Sul passaggio al Monza: “Quella retrocessione pesa ancora adesso. Eravamo una squadra di giovani interessanti e quello rimane il rammarico della mia carriera. Pagammo subito il cambio di panchina ed il fatto che fossimo per l’appunto giovani. Progetto Berlusconi? Sono contento che ci sia questo progetto ambizioso, e punteranno al massimo. Quest’anno praticamente sono partiti da vincitori già in partenza”.

Sulle due stagioni successive tra Bologna e Chievo: “In rossoblu nei primi mesi ho trovato poco spazio, ma avevo bisogno di giocare di più. La scelta di andare a Verona si rivelò azzeccata perchè acquisii esperienza utile per il ritorno al Bologna. Raggiungere la promozione coi rossoblu è stata una grande emozione. Con loro facemmo una grande cavalcata in Coppa Italia. Peccato per quelle due semifinali contro l’Atalanta: all’andata fummo sfortunati nel primo tempo ed al ritorno non riuscimmo a ribaltarla. Ma fu comunque un grande cammino”.

La sua carriera prosegue poi a Piacenza: “Scadeva il mio contratto ed il Bologna giustamente ha puntato su un calciatore di alto calibro per la A. Il Chievo mi voleva ma il Piacenza rappresentò per me l’opportunità di stare più stabilmente in A. Riuscii ad emergere e a crescere. Il gruppo mi accolse bene: mi fecero sentire subito parte di loro e ci ritagliammo due belle salvezze, che all’epoca era come vincere uno scudetto”.

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Nel corso delle sue stagioni nelle fila del Piacenza, indimenticabile la rete in rovesciata allo scadere contro la Roma: “E’ un sogno che si realizza. Quella rete arrivò in un modo rocambolesco, a prescindere dal fatto che quel gesto non è semplice da riprodurre. Paragone con la rovesciata di Ronaldo? Sono dinamiche differenti, ma io continuo a preferire la mia (ride, ndr.)”.

A Venezia l’incontro con Walter Novellino: “Mi ha completato come giocatore, chiedendomi indifferentemente di fare le tre fasi e mi ha dato libertà di esprimermi. Lo ringrazierò sempre: è uno molto in gamba. Quella fu una stagione strana, ma l’arrivo di Recoba fu la svolta per noi. Con un pizzico di sfortuna sfiorammo anche l’Europa”.

Tanti cambi da parte di Zamparini nella stagione successiva, a partire proprio dall’esonero di Spalletti: “A me era piaciuto subito, però si rivelò ancora acerbo nella gestione del gruppo. E’ uno molto preparato e lo ha dimostrato con quanto fatto in questi anni. Purtroppo certi contesti non aiutano: cambiare tanti allenatori in poco tempo è confusionario. Impedimmo che Zamparini facesse fuori Novellino con i risultati, che non arrivarono poi l’anno dopo. A quel punto fare certe scelte per un presidente diventa più facile. A volte il cambio di panchina può dare la scossa giusta, ma spesso può essere controproducente. Allenare non è semplice, dai ragazzi fino alla prima squadra. Con i ragazzi magari hai più tempo, ma nelle squadre professionistiche ti chiedono subito i risultati. Se vediamo la media dei cambi di panchina tra oggi ed i miei tempi, notiamo una grande differenza. Ma non sempre è utile cambiare”.

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Nell’anno in Serie B, invece, l’incrocio con Cesare Prandelli: “Inizialmente non andavamo molto d’accordo. Non digerivo il fatto che lui mi avesse detto che non mi conosceva, quando già da alcune stagioni giocavo in A. Proprio per questo fui ad un passo dal Lecce, ma la partita prima mi mise addirittura titolare. E da lì diciamo che ho iniziato a giocare di più. Fu bello dimostrare sul campo di valere. Tolto questo, rimane un grande allenatore e, per l’epoca, un grande innovatore”.

Sulla sua esperienza alla Sampdoria: “L’obiettivo era di salire in A in due anni, ma ci riuscimmo subito. C’erano giocatori importanti e per questo fu difficile rientrare dopo i miei guai fisici. Garrone? Persona serissima e di grande spessore: è uno di quei presidenti che ormai non si trovano più nel calcio. Adesso è cambiato tutto: si sono persi certi valori e spesso i presidenti non osano così come veniva fatto in precedenza, quando si era più tifosi che imprenditori”.

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