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Cenciarelli: “Nel calcio non c’è umanità. Voglio dare una mano alle persone. Su Camilli…”

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L’ex centrocampista di Gubbio, Viterbese e San Benedettese, Diego Cenciarelli, ha rilasciato un’intervista esclusiva ai microfoni di calciostyle.it

Diego Cenciarelli ha rilasciato una lunga intervista in esclusiva ai microfoni di Calcioistyle.it

cenciarelli

Di seguito le sue parole:

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Tu hai iniziato con la Fiorentina giovanile?
“Sì, prima della Fiorentina sono stato un anno e mezzo a Modena, quando il Modena era in Serie A.
Stavo in un convitto, in un appartamento a tre piani, con altri ragazzi che venivano da fuori. Io però ero il più piccolo che c’era dentro la casa. Gli altri partivano tutti dai 16 anni, se non sbaglio”. 
Qual è la tua esperienza a livello calcistico più stimolante, più bella che hai vissuto, insieme anche al discorso tifosi, società e obiettivi?
“Sono stato abbastanza fortunato. Da ogni esperienza che ho vissuto ho cercato nella mia vita di prendere il positivo.
Se invece, ti dico una piazza dove sono stato male, l’unica forse è Campobasso, ma perché c’era una società non all’altezza della situazione”.
Era poi all’inizio della tua carriera, diciamo a livello professionistico?
“Si, è stato il mio anno da professionista”.
Quindi teoricamente ti poteva pure distruggere la carriera essendo all’inizio?
“Eh, infatti all’inizio ho avuto un pò di problemi.
C’era un clima particolare all’interno dello spogliatoio.
Eppure stavamo facendo bene, tutti stavano facendo bene perché nel girone c’era il Perugia, che doveva arrivava primo perché doveva vincere il campionato, e noi eravamo secondi dopo 8, 9 giornate.
Poi si è sfasciato tutto. Io sono andato via, ho dovuto rinunciare a degli stipendi”.

Le ambizioni a Viterbo

Andando avanti con la tua carriera possiamo dire che forse proprio con la Viterbese hai avuto ambizioni importanti perché la squadra dove stavi era molto forte per per la categoria, con Sforzini, Jefferson?
“Sì, ho giocato sempre in squadre che hanno fatto play off, come minimo.
A partire dalla serie D e fino alla Lega Pro. Non ho mai lottato per salvarmi.
Mi sono trovato nel posto giusto al momento giusto e io ho sempre dato il mio contributo”.

Quella Viterbese, secondo te poteva fare pure meglio, vero?

“La Viterbese secondo me, l’anno che abbiamo vinto la Coppa Italia di Lega Pro, poteva vincere il campionato. Poteva ambire a stare tra le prime tre.

Se non fosse successo quel ritardo causato dal fatto che il presidente dell’epoca non voleva giocare nel girone del Sud ma voleva che noi fossimo messi nel girone del del Centro”.

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Su Camilli

Camilli, ogni tanto, ci ha messo del suo?
“Non è stato quello, lui è una persona secondo me con dei valori, con dei principi e le potenzialità per dire quello che pensa anche andando contro la Lega Pro.
Lui faceva le guerre da solo, per le sue cause. È una persona che che ho sempre stimato e che a me mi ha dato tanto.

Lui e pure i suoi figli erano molto attaccati all’ambiente viterbese. Infatti poi, hai visto che fine ha fatto? Segui ancora le tue ex squadre?
Sì, la sto seguendo. Per esempio la vicenda legata al campo con il sindaco che non vuole dare lo stadio”.
Diego, poi sei andato a Gubbio?
“Si, ho firmato un biennale a Gubbio, e lì è cominciato l’incubo. Ho incominciato a stare male e a non credere più in me stesso, ad aver paura di tutto. Tanto che un giorno durante un allenamento ho preso un pestone da un mio compagno e qualche giorno dopo avevamo un’amichevole contro il Livorno.
Io avevo paura di giocare questa partita, non so per quale motivo.
Era un’amichevole, avevo giocato davanti a 15.000 persone e in quel momento avevo paura di di giocare un’amichevole contro Livorno.
Poi mi sono dato un calcio sul piede dove avevo preso quel pestone. E lì per lì tutto bene. Poi ho pensato ma cosa ho fatto? Pensavo di aver fatto una truffa nei confronti della società. 
Ho pensato di andare in carcere per questa cosa e tutti provavano a spiegarmi che non era così. Io però non ascoltavo nessuno. Mi ricordo che andavo dagli avvocati per sentire se dovevo andare in carcere o meno”.
Quindi diciamo un pò di pressione personale, anzi depressione proprio?
“Sì”.

I problemi personali

Poi, appunto, sei andato alla San Benedettese?
“Si, il problema è che lì ho smesso di prendere le medicine perché in quel periodo prendevo delle medicine”. 
Sempre per il problema dell’ansia?
“Si, da lì incominciai a fare cose che non stanno né in cielo né in terra. A San Benedetto ero convinto anche lì di dover andare in carcere, che tutti ce l’avevano con me.
Poi siccome avevo ancora un altro anno di contratto, il Gubbio per per giusta causa mi ha rescisso il contratto e mi sono ritrovato a spasso.
Ma ero fuori di testa. Mi hanno fatto pure un TSO perché ero scappato per per due settimane. Stavo a Civitanova Marche e dormivo in macchina o al mare con un sacco a pelo. Non mi trovava nessuno, avevo fatto perdere le mie tracce”.
Gubbio è stata, perciò, l’ultima apparizione vera e propria da calciatore?
“L’ultima da professionista l’ho fatta con la San Benedettese. Poi ho smesso e sono andato in Sicilia da mia mamma. Avevo all’incirca 28, 29 anni. Da lì è iniziato il tutto”.
Adesso che sei più consapevole di te stesso, hai una giustificazione a questa situazione, oppure non non sai ancora realmente il motivo di questa esplosione di ansia?
“Non te lo so dire perché ancora me lo domando, mi chiedo il perché”.
Ma tutto quello che è successo è dovuto alle pressioni che si hanno da calciatore professionista?
“Il periodo che sono stato con Camilli no. Io sono stato tre anni con lui, sono stato l’unico che lui ha proprio voluto. Ad esempio, un anno avevo la possibilità di andare via in Serie B a Terni e lui non ha voluto. Ma perché fondamentalmente c’era un legame molto importante quasi padre figlio. Sono stata una persona a cui lui ha voluto bene”.

Cenciarelli e la Viterbese

Ricordo che ti amavo tutti alla Viterbese, giusto?

“Cerco sempre di farmi voler bene, infatti quando non ci sono riuscito, tipo a Gubbio o a San Benedetto, è perché sono stato male.Non c’ero con la testa. Adesso mi trovo a Villa Azzurra in una comunità terapeutica da due anni e mezzo e ci dovrò rimanere per altri tre.

Devo ringraziare alcune persone perché mi stanno dando affetto, amicizia. E non è scontato in un luogo di lavoro trovare persone che ti danno la propria amicizia.
Devo ringraziare la dottoressa Claudia Sammartano, Matteo Asaro, Annamaria Inzerillo, Valeria Piazza, Giovanni Inglese, Valeria Genova.
Se adesso comunque sono più consapevole della mia patologia e anche perché in questi due anni e mezzo, stando in un luogo protetto, ho avuto la possibilità di pensare a quello che realmente è la mia patologia”.
Cosa ti ha dato il calcio? Cosa ti ha tolto?
“Il calcio sicuramente mi ha dato soddisfazioni a livello personale. Però in questo percorso ho anche incontrato persone poco umane, perché in questo sport purtroppo non c’è tanto umanità. 
Si guarda solo ai risultati a alle prestazioni”.
C’era un allenatore o un giocatore che secondo te poteva ambire a piazze più importanti?
“Te ne dico quattro di allenatori. Calabro, Sottili, Bertotto e Vivarini.
Riguardo Sottili, secondo me, l’unico suo difetto era la gestione del gruppo squadra, però si lavora molto bene con lui. A me ha aiutato a crescere, mi dava bastone e carota”.
Calciatori invece?
“Potenzialmente tanti. Mi ricordo di Fabihno a Perugia, Chiricò. Luca Baldassin a me piaceva molto, eravamo compagni di reparto con Damiani. Un altro forte era Amadio”.

Il futuro

Adesso cosa farai? Hai già pensato a cosa fare al momento?
“Non ci sto pensando. Fondamentalmente, vivo giorno per giorno. Mi piacerebbe umanamente aiutare le persone.
Devo ringraziare anche mia mamma. Non è che io abbia un bel rapporto con mamma però non posso negare che io gli sono riconoscente, ho rischiato anche la vita. Ho tentato il suicidio, sono stato in coma.
Ho toccato con il fondo, ecco perchè adesso non non c’è niente che mi spaventa, forse.
Un altro errore che ho fatto nella mia vita è sicuramente la ludopatia. Giocavano solamente alle slot. Però ho buttato un sacco di soldi alle slot machine”.
A proposito di questo fatto, che ne pensi del faccenda legata a Tonali e Fagioli?
“Io posso solo augurargli di uscire fuori da questa cosa. Non mi sento di condannare questo tipo di cose perché quando sei un ragazzo e soprattutto hai milioni di euro a disposizione è molto facile cadere in tentazione.
Sicuramente questa esperienza che hanno avuto, anche a livello mediatico, che li ha esposti in maniera così così forte, li fortificherà e li farà diventare delle persone migliori.
Se io penso ai soldi che ho buttato alle slot machine, quante di queste persone avrei potuto aiutare.
Sono fondamentalmente stato un egoista, ma non volontariamente, perché io non andavo per vincere soldi. Io ero ammaliato da quelle maledette musichette.
Son cose che ti fanno perdere proprio il senso del mondo, ti creano un mondo parallelo.
Per me è stata una malattia e solamente adesso posso dire di esserne uscito fuori perché non voler più buttare nemmeno 1 €”.
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