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Due o tre cose che so di Gianni Minà

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Tempo di lettura: 4 minuti

Con Gianni Minà se ne va un pezzo della mia vita professionale. Molti hanno hanno raccontato in queste ore la sua grandezza, la sua straordinaria capacità di avvicinare praticamente chiunque e di intervistare i grandi del mondo. Non potrei quindi aggiungere nulla a quanto è già stato scritto, se non un ricordo personale.

Il mio primo incontro con Gianni risale all’inizio del 1987, quando l’editrice Adelina Tattilo decise di pubblicare il settimanale sportivo “Special Sport”.

Ero abituato a vederlo in televisione e quando me lo ritrovai di fronte avevo una certa soggezione: io non ero nessuno, lui era uno dei personaggi simbolo della Rai. Quando mi disse che avrei fatto parte della redazione mi sembrò di toccare il cielo con un dito. Mi salutò con una stretta di mano e un “Benvenuto a bordo”.

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Di Gianni mi colpirono subito la mitezza, la gentilezza, la disponibilità. Mi aspettavo un uomo pieno di sé, invece era modesto e privo di pose da divo, anche se ne avrebbe avuto ben donde.

Minà era il Direttore del giornale, mentre il Direttore Responsabile era Gianni Perrelli, ex inviato dell’Europeo prima e dell’Espresso poi.

Eravamo un gruppo di ragazzi di belle speranze, qualcuno anche di ottime speranze per la verità. Il giornale chiudeva in tipografia il lunedì e puntualmente l’unico pezzo che mancava era l’editoriale di Minà. Allora non c’erano i cellulari, per cui trovare il Direttore era spesso un’impresa complicatissima perché Gianni si dimenticava di scrivere, oppure era in giro per il mondo, o magari era a pranzo col suo amico Maradona. Sta di fatto che ogni lunedì la redazione andava in fibrillazione finché non riuscivamo a portare a casa il sospirato editoriale. Di solito era Loredana, allora sua assistente e successivamente sua moglie, che ce lo dettava al telefono oppure ce lo consegnava personalmente.

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Inizialmente “Special” vendeva abbastanza bene, grazie anche a una campagna pubblicitaria imponente. Poi, un po’ alla volta, le vendite cominciarono a scendere fino alla decisione di sospendere le pubblicazioni.

Ricordo bene il giorno in cui mi ritrovai di nuovo a spasso, come mi era accaduto quattro anni prima: era il 3 febbraio, giorno del mio compleanno. Mi trovavo a Bologna insieme con Gianni Perrelli per realizzare un servizio per la trasmissione di Rai 3 “Domani si gioca”, condotta proprio da Gianni Minà. Il tema era la la cavalcata trionfale del Bologna di Gigi Maifredi, che stava dominando il campionato di serie B giocando un calcio entusiasmante. Mercoledì 3 febbraio 1988 dopo cena telefonammo a un collega del Comitato di Redazione che ci comunicò che il giornale aveva cessato ufficialmente le pubblicazioni quello stesso giorno. Una notizia non inattesa, ma riceverla il giorno del compleanno non era esattamente il massimo della vita.

Qualche giorno dopo passai dalla redazione di “Domani si gioca” per presentare la nota spese della trasferta di Bologna e Minà mi accolse con un grande sorriso, ben comprendendo il mio stato d’animo. In fondo per lui la chiusura di “Special” era un semplice incidente di percorso, mentre per me era molto ma molto di più. “Stai tranquillo Daniele – mi disse – vedrai che troveremo una soluzione. Intanto domani sera siete tutti miei ospiti a cena al Ristorante Delle Vittorie”.

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Non mancava nessuno all’ultima cena: giornalisti, grafici, segretarie.

Alla fine Gianni si appartò con ognuno di noi, chiedendo se avessimo qualche prospettiva in vista. Io non ne avevo proprio nessuna. A tutti disse di non preoccuparsi perché nessuno sarebbe rimasto a piedi.

E così fu: nessuno rimase in mezzo a una strada. Per questo Gianni Minà occupa un posto speciale nella mia vita e nel mio cuore.

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