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SPECIALE NATALE – Glory Glory in Excelsis

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Tempo di lettura: 5 minuti

Ad Emma.

Che la vita Ti  doni

Lo Spirito di Roy,

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Il Talento di Ryan.

E i Successi dei Devils.

 

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A Cork l’aria punge già a metà agosto. Mattine limpide in cui le nuvole si concedono un po’ di riposo: il sole litiga col vento e si fa tiepido, il silenzio prende il posto della birra e del vociare della notte. Senti fischiare la brezza, che spazza le vie del centro e solleva puzza di vomito dagli angoli delle strade. È una di quelle mattine, è il 1971: nel calcio dei buoni sentimenti, sta nascendo l’Anticristo.

Diverrà leggenda per classe ed efferatezza, sxegli tu in che ordine. Roy Keane incarnerà ogni stilla dell’odio viscerale che gli Irlandesi provano per gli Inglesi, riversandolo contro chiunque indosserà una casacca diversa dalla sua.

Si farà conoscere al Nottingham Forrest: oltre venti espulsioni, una su tutte. Undici giornate di squalifica. Non so cosa gli abbia fatto, quell’arbitro, per sentirsi dire

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Tua moglie è più carina con me…

è tuttavia la prima pagina del romanzo noir di Roy lo Psicopatico.

La Gloria arriverà ad Old Trafford. Al debutto, subentra a Robson – Old Legend – e ne mette due allo Sheffield United. Il Destino aveva lasciato andare la biglia giù per il piano inclinato. Toro furioso col Sedici sulle spalle, illuminerà la scena tra aperture geniali ed entrate omicide.

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Con lo United vincerà tutto, ma proprio tutto. Nulla, se paragonato all’epopea delle sue malefatte.

Sabato inglese di settembre 1997, i Red Devils sono di scena a Leeds: Roy il Boia va a contrasto con il norvegese Alf Inge Haaland e si rompe il crociato. Nella concitazione del momento, il poveraccio pensa che Keane stia simulando e gli sussurra qualcosina mentre si contorce dal dolore.

Gli Irlandesi non dimenticano.

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Haaland passa al Manchester City e Keane se lo ritrova davanti: sono trascorsi quattro anni, dai! è acqua passata. Al triplice fischio manca un niente, il pallone ruzzola tra i piedi del norvegese quando Keane prende una sinistra rincorsa: sul Teatro del Calcio cala improvviso il silenzio, lo stomaco di chi lo conosce ha già capito. Si sentirà soltanto il crac del ginocchio di Haaland, che non tornerà a posto mai più. Rosso diretto, nemmeno mezza protesta e sguardo fiero fin dentro gli spogliatoi. Tre giornate di squalifica. Più in là Keane non farà difficoltà a commentare quell’intervento: premeditato, ammetterà, alla luce di ciò che Haaland gli aveva urlato anni prima. La squalifica verrà allungata di cinque giornate: Haaland smise di giocare e forse anche di camminare. Non di fare all’amore, ed una sarà la volta giusta. Il figliolo è quello che come la tocca, segna: domandare a Manchester (sponda Sky Blues) e in Westfalia.

Roy Keane ha trascorso la vita alla ricerca del Nemico. Personificazione stessa del Manchester United, la Nemesi non poteva che giocare ad Hibury.

Marmorea colonna dell’Arsenal, principale interprete della coolness wengeriana, Patrik Vieira rappresenta l’esatto opposto di Keano. Non avrebbero potuto non odiarsi nemmeno sforzandosi.

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Comincia tutto in una di quelle notti per le quali la FA Cup è un privilegio. 1999, semifinale: Man Utd – Arsenal è ai supplementari. Keane è stato espulso – ovvio – e Bergkamp al novantesimo ha sbagliato il rigore della qualificazione. Vieira – episodio mai più ripetutosi dopo d’allora – sbaglia un facile appoggio orizzontale, intercettato dal calciatore più incantevole che i miei occhi abbiano visto, che da centrocampo se ne va in porta col pallone. C’è chi sostiene che quello di Ryan Giggs fu il gol più bello della storia di questo sport: l’impresa è epica, l’errore di Vieira è decisivo e Keane comincia a sfottere.

Passano pochi mesi, è Premier League: Vieira manda gambe all’aria Beckam. A far giustizia, indovina un po’, i tacchetti di Keane sul ginocchio del francese. Cazzotti, senza se e senza ma. Il giocatore che sottrae Patrick dalle grinfie di Keane è l’altro irlandese dello United, Denis Irwin: è l’opposto di Roy, bravissimo ragazzo dentro e fuori il campo. Il Pazzo gli vuol bene, capita di rado.

La scena madre nel 2005. Teatro è l’angusto, cadente, meraviglioso cunicolo che dagli spogliatoi porta sul prato verde di Hibury. È la casa di Gunners, ma Keane non conosce il rispetto.

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L’antefatto non è banale. L’andata se l’aggiudicano i Red Devils, tra macellerie difensive e polemiche arbitrali. Si distingue Gary Neville, fedele luogotenente di Keane nello spogliatoio, che all’ennesimo tackle premeditato su Robert Pires – altra delizia agli occhi – scatena l’insurrezione della French Connection che comanda lo spogliatoio di Wenger. Nel rovente dopogara, Fabregas trova Sir Alex al buffet e gli tira il pudding in faccia. L’accoglienza per il return match non si preannuncia delle migliori.

Nel tunnel di Hibury, Vieira va a muso duro con Gary Neville. Keane è ancora dentro, ma deve aver sentito qualcosa. Fiuta la rissa, pregusta la scazzottata ed inforca il corridoio, ritrovandosi tra Vieira e Neville: ignaro di quale fosse la questione, si avventa sul francese, che tra manate ed insulti quasi sbianca. Qualcuno porta via Patrick, ridotto un cencio, ma Roy lo insegue e davanti alle telecamere urla in mondovisione uno spaventoso Ci vediamo là fuori! Graham Poll, arbitro del match, prova a frapporsi, a farlo ragionare. Keane è laconico:

Digli di chiudere quella cazzo di bocca!

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Gioco, partita, incontro.

Non molto tempo dopo ha smesso di giocare. È tutt’ora il capitano più vincente nella storia del Manchester United.

Ha allenato il Sunderland e l’Ipswich Town, i cui rispettivi spogliatoi sono stati dichiarati zona di guerra durante la sua gestione. Marcus Evans, presidente dell’Ipswich, ha ricevuto esplicite intimidazioni da parte di Roy dopo averlo esonerato.

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Gli avrebbero chiesto, una volta ritiratosi, chi fosse stato il suo allenatore preferito. Domanda posta retoricamente, giusto per sentir nominare Ferguson.

No doubt: Brian Clough.

Ma come? Sei stato il simbolo, l’anima, l’incarnazione del meraviglioso Manchester United di sir Alex…ma perché?

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Gennaio 1991, ovviamente FA Cup, tra Nottingham Forest e Crystal Palace si disputa il replay del terzo turno. Il Forest è avanti di un gol a un minuto dalla fine. Roy, appena diciannovenne, si inventa un retropassaggio senza senso: Salako pareggia, sarà ancora replay. Negli spogliatoi, davanti a tutta la squadra, Clough prende Keane per la gola, lo attacca al muro e gli sferra un pugno in faccia: il ragazzino non ha la forza di reagire. Anni dopo, il killer di Cork commenterà l’episodio.

È stato l’esempio migliore abbia mai ricevuto. La rabbia è un’emozione e fa parte del gioco. Se un tuo giocatore ti delude e tu non provi rabbia, forse questo lavoro non fa per te.

Serve aggiungere altro?

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