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DIVERSO PARARE – L’età dell’incoerenza

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Merito sì…

Uno degli argomenti, se non l’argomento principe, addotti da quanti hanno fin da subito osteggiato il progetto della SuperLeague è quello che si fonda sul valore supremo dello sport: il merito, vittima sacrificale delle ambizioni di Real Madrid, Juventus, Barcellona e compari. In prima linea si è schierato in tale battaglia il capo dell’Uefa, Ceferin. Questi lo scorso aprile, nel presentare il nuovo format della Champions’ a 36 squadre, affermava testualmente: «Abbiamo avviato questo progetto per modernizzare il processo delle nostre competizioni. Abbiamo avuto il supporto dell’Eca. Tutti i club sono classificati per merito, non come se fosse una bottega chiusa». Il merito è vivo, dunque, viva il merito.

…merito no?

Da quest’anno, però, sotto l’egida della medesima Uefa guidata da Ceferin, l’Europa League ha assunto un format che, almeno in parte, nega il principio sacro del merito sportivo nella sua intima essenza. In estrema sintesi, la Uefa ha deciso che le terze classificate ai gironi della Champions’ dovessero entrare nella competizione “minore” affrontando le seconde classificate ai gironi della stessa Europa League. Tale formula tutela, è vero, le prime classificate dei gruppi di Europa League mettendole al riparo dall’incrocio con le escluse dalla Champions’; è però innegabile che proprio a queste ultime venga concessa la possibilità di un ingresso soft nel torneo, visto che vanno ad affrontare squadre sulla carta molto, molto abbordabili (anche se poi può capitare che si incrocino un Napoli ed un Barcellona, ma questa è altra storia). Per il fatto di essere stati eliminati dalla coppa dalle grandi orecchie, in qualche modo, si riceve in premio un “bonus d’ingresso” in Europa League. Non male, come scelta, da parte di chi dice di volersi battere affinchè venga sempre riconosciuto il merito sportivo.

Ceferin UEFA

(Foto: sito ufficiale UEFA)

 

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