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NUMERO 14 – Un drink e una sigaretta

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Una sigaretta per rilassarsi e poi un drink per preparare i muscoli”. Non sembra essere un metodo adatto a un atleta professionista, considerato anche che il bicchiere era pieno di una robusta vodka, ma era questo l’irrinunciabile rituale prepartita di Lev Yashin, gigante russo, a tutt’oggi l’unico portiere a vincere il Pallone d’Oro.

Mai stato bambino

La sua storia è quella di una infanzia annullata dalla guerra: nato nel 1929 a Mosca in una famiglia di operai, viene mandato a lavorare in fabbrica a soli 12 anni. E’ in corso il secondo conflitto mondiale, tutti gli uomini validi hanno in braccio un fucile per combattere in difesa della patria, per mandare avanti l’industria bellica si è fatto largo uso di manodopera minorile. Lev, come tanti altri, ha il compito di sostituire gli adulti mandati al fronte. Non che la cosa lo spaventi: è più alto di una buona spanna rispetto ai coetanei, ha braccia muscolose e mani dalla presa sicura. I suoi compagni di reparto non tardano a scoprirlo e inventano un singolare gioco per ingannare il tempo nelle pause di lavoro. A turno si divertono a bombardare il ragazzino con lanci di viti e bulloni, sicuri che riuscirà ad afferrarli tutti al volo prima che tocchino il terreno. Senza mancarne mai nemmeno uno.

Alla fine della guerra e del servizio militare, nel 1947, Yashin è un prestante diciottenne dal fisico d’acciaio che non manca di attirare le attenzioni dei club professionistici. Viene ingaggiato dalla Dinamo Mosca, la squadra del Ministero dell’Interno, sotto il diretto controllo del KGB, il Servizio Segreto Sovietico. La sua carriera sportiva, da allora e fino al giorno del suo ritiro, sarà sempre in parallelo con la militanza nei quadri del Ministero, con uno stipendio di circa 200 rubli mensili.

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Il suo ruolo, viste le attitudini e la struttura, è quello di stare tra i pali ma la squadra ha come portiere titolare  una leggenda vivente, Aleksej Khomič, uno che per la sua agilità e i suoi balzi felini si è guadagnato il soprannome di “La Tigre”.

Esordio da incubo

Per Yashin, data la fama e il curriculum del rivale, ci può essere spazio solo nelle amichevoli. La prima in assoluto è segnata da uno spiacevole episodio: su un rinvio lungo del portiere avversario la palla arriva fino all’area di rigore della Dinamo. Yashin esce in presa alta ma non si avvede di un compagno di difesa accorso per il rinvio. E’ scontro tra i due con il pallone che rotola in rete per una marcatura che ha il sapore di una beffa. Dirigenti e allenatore scuotono la testa, perplessi, ma decidono di fare finta di nulla, almeno per il momento. Seconda amichevole e infortunio che manda negli spogliatoi Khomič a tre minuti dalla fine. Dinamo avanti per uno a zero e seconda prova di Yashin tra i pali. Avviene l’incredibile: di nuovo una palla alta, di nuovo uno scontro in area con un compagno, ancora il pallone in rete e pareggio clamoroso per gli avversari. Un dirigente irrompe furibondo negli spogliatoi e ordina l’esclusione immediata dalla squadra per quel “cretino”. Esclusione che viene subito mutata in un dirottamento alla squadra di hockey su ghiaccio. Non sarà una cattiva idea: Yashin diventa subito il titolare e anche con un buon rendimento. Rimarrà fino al 1953, anno in cui vince anche una Coppa Sovietica.

Il Ragno Nero

Il tempo di Khomič come portiere titolare della Dinamo è finito. L’età avanzata e un tremendo infortunio mettono fine alla carriera della “Tigre”. A 25 anni, nel 1954, per Yashin è arrivata l’ora del vero esordio con la maglia della squadra di calcio. L’esperienza fatta nell’hockey su ghiaccio gli ha affinato la tecnica e temprato il carattere. Adesso al consueto fisico statuario abbina una freddezza glaciale e uno straordinario senso del piazzamento tra i pali. Come se non bastasse tutto questo è in grado di dirigere con precisione i compagni di difesa e partecipa anche alla costruzione del gioco con lunghi e calibrati rinvii dal fondo. Un tal carisma non può lasciare indifferenti i tecnici federali, al punto che nello stesso anno arriva per Yashin anche la chiamata della Nazionale Sovietica con annesso debutto in un incontro contro la Svezia. E’ agile, è scattante, è una sicurezza tra i pali. Dopo il match di esordio non c’è dubbio che meriti sicuramente il posto. La militanza tra le file dell’URSS lo fa conoscere a livello internazionale. Tutti rimangono impressionati dalla sua abilità di portiere, si fissa nella memoria degli spettatori il suo look “total black” che gli frutta il soprannome di Ragno Nero.

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Melbourne, Stoccolma, Parigi

Il primo successo internazionale arriva alle Olimpiadi estive di Melbourne, in Australia. La nazionale sovietica deve riscattare l’umiliante eliminazione al primo turno della manifestazione precedente. Stavolta non si può sbagliare, è d’obbligo portarsi a casa la medaglia d’oro. La squadra, grazie all’apporto decisivo di Yashin in porta e del fantasista Streltsov (cfr. “La frase che costa una carriera”) in attacco, riesce nell’impresa, regolando in finale la Jugoslavia per 1 a 0. Al ritorno in patria Yashin è ormai una icona dello sport sovietico, ruolo che gli impone ancora più responsabilità. Al Mondiale di due anni dopo è tra i protagonisti più attesi e non tradisce le aspettative, trascinando la sua squadra a furia di parate sino ai quarti di finale, dove viene eliminata dalla Svezia padrona di casa e futura finalista del torneo.  Un ottimo risultato che fa, però, solo da preludio al trionfo di Parigi del 1960, quando la squadra sovietica vince la prima edizione del Campionato Europeo per Nazioni, battendo in finale ancora una volta la Jugoslavia per 2 a 1.

Il premio più prestigioso

Ormai cosa può mancare nella bacheca di Yashin? A parte i trofei in nazionale anche nel suo club non gli sono mancati i successi: i vent’anni e passa di militanza nella Dinamo sono stati contornati da ben cinque titoli di campione nazionale sovietico e tre Coppe dell’URSS. Ha avuto tutto dalla carriera, tranne un riconoscimento del suo talento a livello individuale, traguardo molto difficile da raggiungere per un portiere. Eppure neanche la Giuria di France Football, che decide in merito all’assegnazione del Pallone d’Oro, finge indifferenza di fronte alla bravura del colosso sovietico. Nel dicembre del 1963, con piacevole stupore degli addetti ai lavori, si decide di consegnare l’agognato trofeo proprio a Yashin, primo e finora unico estremo difensore a fregiarsi del titolo.

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