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NUMERO 14 – La battaglia di Belgrado – Parte Terza

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Il giorno precedente lui c’era. Era diversa solo la posizione in campo. La prima gara aveva visto Frank Rijkaard a fianco di Franco Baresi al centro della difesa rossonera.
Un difensore potente ed elegante, tanto abile nelle chiusure quanto veloce a far ripartire la manovra dalle retrovie.
Il mister Sacchi lo aveva scelto per questo. E per averlo in squadra non aveva esitato a mettersi in contrasto con il suo Presidente.
Berlusconi allora era vittima di una infatuazione. Calcistica, non sentimentale.
L’oggetto delle sue attenzioni era un giovane argentino, Claudio Borghi.
Faccia da indio e piede di velluto. Aveva conquistato il cuore del presidente rossonero con una prestazione da favola nel corso della finale della Coppa Intercontinentale dell’85 contro la Juventus.
La trattativa con l’Argentinos Juniors, squadra detentrice del suo cartellino, era stata fulminea. Cinque miliardi di lire e Borghi era sbarcato a Milano.
Ma tra lui e la maglia rossonera c’era un ostacolo, il limite dei due stranieri per squadra.
Data la presenza in squadra di Marco Van Basten e Ruud Gullit si era reso necessario il prestito al Como.
In riva al lago, in verità, Borghi non aveva brillato (sette presenze, nessun gol) ma questo non lo aveva sminuito agli occhi del suo tifoso più accanito che, anzi, caduto il limite del terzo straniero, non aveva perso tempo nel chiedere al suo allenatore di costruire una squadra impostata sul trio Van Basten-Gullit-Borghi.
Idea che lasciava freddo Sacchi, anzi decisamente contrariato.
Lui l’ha studiato in allenamento questo decantato fenomeno argentino e quello che ha visto non gli piace affatto.
Borghi gioca solo per se stesso, non per la squadra. E gioca solo con il pallone tra i piedi.
Una eresia per la concezione del gioco che ha Sacchi. Quel tipo di giocatore non esiste nella squadra che ha in mente. E non sa che farsene.
Al contrario Frank Rijkaard è quello di cui il Milan ha bisogno. Vuole lui come terzo straniero.
Per averlo si espone in prima persona. E rischia anche il licenziamento in tronco.
L’olandese queste cose le sa. E’ consapevole che se è al Milan lo deve soltanto al suo allenatore.
E lo ripaga a modo suo. Qualità e quantità. Giocate eleganti e contrasti decisi.
Anche la posizione in campo non è un problema. Frank gioca dove dice il mister. Oppure dove c’è bisogno.
E’ il caso di questa partita.
Ancelotti, già diffidato, ha rimediato una ammonizione ed è stato squalificato.
Non può essere della partita. C’è un buco a centrocampo.
Frank, uomo per tutte le stagioni, è il prescelto per rimpiazzarlo.
Non che sia un problema per lui cambiare posizione in campo.
E’ un colosso di uno e novanta, aumenta di brutto il peso specifico della squadra a centrocampo. Inoltre, a dispetto della stazza, ha piedi raffinati per impostare il gioco.
Infine, viene dalla scuola dell’Ajax, dove l’eclettismo è una regola fondamentale.
Bisogna sapersela cavare in ogni zona del terreno di gioco.
E lui, avanzato di posizione, quella sera se la cava alla grande.
Al centro del campo, al posto di Ancelotti e a fianco di Donadoni, è il metronomo della squadra.
Imposta e contrasta, taglia e cuce. Sciabola e fioretto.
Si fa vedere anche al quarto d’ora del primo tempo con un violento tiro da fuori area che il portiere slavo respinge con difficoltà. Se Mannari sulla ribattuta non mandasse fuori sarebbe il vantaggio per il Milan.
Stessa azione e stessi protagonisti poco più di dieci minuti dopo. Botta tremenda di Frank, risposta del portiere e tiro fuori di Mannari sul secondo tentativo.
Il Milan passa in vantaggio con una rete di Van Basten su cross di Donadoni.
Solo un guizzo diabolico di Savicevic, con taglio smarcante per Stoijkovic, consente alla Stella Rossa di mettere il risultato in parità.
Dopo vi è l’uscita di Donadoni e l’ingresso di Gullit.
Aumentano le sue responsabilità in fase di costruzione ma Frank tiene botta e aiuta la squadra a portare a termine la partita.
I tempi regolamentari si chiudono sull’ 1 a 1. I supplementari non cambiano il risultato.
Centoventi minuti non sono bastati per decidere le sorti di questa partita.
Il verdetto è affidato ai calci di rigore.
Tirare dagli undici metri non è esattamente la specialità della casa ma Frank risponde sempre presente quando c’è bisogno di lui.
Quindi fa parte della cinquina dei giocatori che si cimenteranno nei tiri dal dischetto.
Assieme a lui ci sono il capitano Franco Baresi, il suo connazionale Van Basten, “Chicco” Evani e il giovanissimo Cappellini.
Dragan Stoijkovic, il capitano della Stella Rossa, ha realizzato il primo rigore. 2 a 1.
La risposta del Milan è affidata a Franco Baresi. Il capitano rossonero realizza zittendo tutto lo stadio. 2 a 2
Secondo rigore per la Stella Rossa. Tira Prosinecki e segna. 3 a 2.
Si presenta sul dischetto Van Basten. Realizza di eleganza. 3 a 3.
Ora tocca a Savicevic. Il suo tiro viene parato dal portiere rossonero Galli.
E’ il turno di Evani per il Milan. Realizza con sicurezza. Ora i rossoneri sono in vantaggio per 4 a 3.
Mrkela per la Stella Rossa non può permettersi di sbagliare. La paura lo attanaglia e Galli para il suo rigore. Risultato fermo sul 4 a 3 per il Milan.
Il prossimo rigore sarà dunque decisivo. Vale la qualificazione.
Sarebbe stato il turno di Cappellini, il più giovane di tutti.
Ha solo 17 anni ma è il cecchino della Primavera. Non sbaglia mai dal dischetto. Sacchi l’ha inserito al posto di Mannari apposta per questo.
Tuttavia allo sguardo attento di Rijkaard non era sfuggita la sua ansia.
E’ pallido in volto. E trema senza riuscire a controllarsi.
Non è pronto per assumersi una simile responsabilità. Non sarebbe neanche giusto dargliela.
Frank non è uomo da volgere lo sguardo altrove. Avverte il mister che “il bambino sta tremando” e poi si rivolge al giovane compagno, intimandogli di cedergli il passo: “Lascia stare, ragazzo. Quel rigore lo tiro io”.
Sacchi aveva annuito e depennato Cappellini dalla lista.
Il quarto rigore sarebbe stato di Rijkaard con il quinto ed ultimo tiro affidato a Costacurta.
Tocca a Frank provare a mettere fine a questa partita infinita.
Si dirige verso il dischetto con il pallone tra le mani. Lo appoggia a terra. Breve rincorsa, tiro, palo interno e gol.
E’ finita, finita, finita. Finalmente.
Lo stadio intero è ammutolito e si sentono solo i cori dei pochi tifosi rossoneri.
Il Milan si è guadagnato la qualificazione e la strada è spianata verso la finale.

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