Angolo del tifoso
ANGOLO JUVENTUS – L’evidenza dei paradossi

La Juventus acciuffa una vittoria di misura nel match in trasferta contro il Como.
Un successo colto in extremis e soltanto grazie alle prodezze dei singoli. I due acuti del mefistofelico centravanti Kolo Muani sono stati messi in cassaforte dalle acrobazie in porta di Di Gregorio.
Gli uomini di Thiago Motta non hanno giocato da squadra, preferendo affidarsi al caso, all’improvvisazione e agli spunti individuali.
Non si è visto neanche il consueto, se pur sterile, possesso palla: il pallino del gioco l’hanno sempre avuto in mano i lariani. Questi ultimi, comprensibilmente, sono usciti dal campo ieri lividi di rabbia.
E il risultato finale è soltanto l’ultima delle stranezze che hanno costellato finora la stagione dei bianconeri, una più eclatante dell’altra. L’evidenza dei paradossi.
Provette ed alambicchi
Sarà per la sua faccia perennemente stranita, sarà per il suo ciondolare incerto tra campo e panchina ma è un dato di fatto che mister Thiago Motta da sempre l’impressione di essere completamente fuori posto.
Era arrivato con tutti i favori della critica ed era stato acclamato dalla tifoseria come l’uomo della provvidenza. Alla luce dei fatti, dopo sette mesi di lavoro, l’aspirante demiurgo si è rivelato un alchimista pasticcione.
Può anche perdere intere giornate ad armeggiare con provette ed alambicchi, il risultato dei suoi esperimenti è sempre un miscuglio senza né capo né coda. La Juventus di inizio campionato aveva almeno il piglio giusto per controllare la partita senza troppi affanni, quella vista in azione ieri è stata dominata senza appello dagli avversari.
Schemi di gioco? Mai visti. Intensità nel pressing? Latitante. Velocità nel ribaltare l’azione? Pura utopia. Con queste premesse è inevitabile che l’unica strategia tattica partorita dalla fertile mente del timoniere bianconero sia il buttare il pallone in avanti e che Dio ce la mandi buona. L’evidenza dei paradossi.
Questione di fiducia
E il trainer juventino si è dimostrato incapace anche di stabilire un rapporto fiduciario con il suo gruppo. Ha esordito emarginando Danilo, uno dei leader storici della squadra, per consegnare la fascia a Gatti, subito accantonato a sua volta in favore di Locatelli.
Ma la coperta corta in difesa, diventata cortissima dopo gli infortuni di Bremer e Cabal, ha sottolineato senza pietà la scarsa lungimiranza dell’allenatore italo brasiliano. L’ostracismo ad oltranza nei confronti del terzino carioca l’ha costretto prima a buttare allo sbaraglio un novellino come Savona, poi ad affidarsi completamente alla versatilità da tuttofare di McKennie e, infine, a pensare addirittura ad arretrare Koopmeiners.
Risultato? Il bunker di inizio campionato adesso somiglia più ad un groviera e l’ingresso di nuovi difensori nel mercato di riparazione rende solo più chiara la presenza di colossali buchi, sia in retroguardia che nella programmazione. L’evidenza dei paradossi.
Scelte sbagliate
E il frenetico alternarsi di nomi e ruoli nel quartetto difensivo è solo uno degli errori di scelta di Thiago Motta. Non si comprende l’ostinazione con cui il Mister continua ad insistere su Koopmeiners. L’olandese (ex?) volante continua ad essere impalpabile, qualsiasi posizione occupi sul terreno di gioco.
Nei due davanti alla difesa della Juventus non azzecca un passaggio e costringe il compagno di reparto agli straordinari per rimediare alle sue amnesie. Tant’è vero che il gol del Como pesa tutto sulla sua coscienza. Se lo sposti nel trio di rifinitori, poi, non cambia mai il passo né inventa una giocata risolutiva sulla trequarti.
Non che i suoi sostituti facciano meglio: Nico Gonzalez è, assist a parte, un fantasma e Yildiz è stato facile preda dei suoi marcatori. Tutti uomini, comunque, scelti dal tecnico e da lui indottrinati su compiti e mansioni. Quali non è dato ancora saperlo. L’evidenza dei paradossi.
Divina Provvidenza
Con presupposti del genere (un tipo disorientato in panchina e gente ancora più disorientata in campo) la domanda nasce spontanea: come diavolo ha fatto la Juventus a portare a casa questa partita? La risposta è puro Manzoni.
In questo caso l’aiuto della Divina Provvidenza ha il volto e, soprattutto, le lunghe gambe di Kolo Muani. L’ex panchinaro del Paris Saint Germain è un tipo sveglio, ha capito sin dal primo momento cosa ci si aspettasse da lui e di cosa avesse bisogno la squadra. Per dirla in parole povere: un attaccante che la buttasse dentro alla prima occasione utile.
Non che ci volesse un genio per intuirlo, soprattutto alla luce delle difficoltà incontrate dal suo predecessore Vlahovic. Il francese non è un fuoriclasse come il serbo non è un bidone. Ma il primo sa cogliere l’attimo molto di più del secondo e capitalizza al massimo quei pochi istanti in cui gli capita la sfera buona per gonfiare la rete.
Il fatto che nessuno l’avesse capito fino ad ora o che ci abbia posto rimedio è la fotografia impietosa dell’ambiente bianconero attuale. L’evidenza dei paradossi.
(Foto: Depositphotos)