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ZONA CESARINI – Dimme “Josè”

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…che ce fa campà sta vita così piena de probblemi, che mme fa sentì ‘mportante anche se nun conto gnente cantava Venditti anni fa.

Passato, glorioso e umiliante, ma vivo. Attraverso l’essere nulla nel gotha del calcio, nutriti solo da noi stessi, a essere a volte aghi di una bilancia di poteri, afflitta dal peso di frutta marcia e ingombrante.

C’è un pre-Viola e un post. C’è un pre-Totti e un post… e c’è un pre-Mou. Non c’è ancora un futuro. Il futuro della Roma sono le 23 (forse più) di stasera.

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Non ci sono partecipazioni Champions, non ci sono toto-allenatori, compravendita di umanità al calciomercato. Il futuro è stasera, c’è la coppa di “Schroedinger” che la Roma avrà vinto e perso allo stesso momento.

Come lo stesso portoghese ha detto, c’è solo una finale da giocare, dove mettere tutto, perchè ci “siamo fatti un c… così per arrivare”. Un culo vero, tutti noi.

Non ricordo quale giornalista ha definito la semifinale (esteticamente discutibile magari), la più bella partita a cui abbia assistito, perchè alla fine faceva male tutto. Io stesso, in piedi, avevo le spalle indolenzite, le dita rattrappite, il fiatone, sudato.

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Si era tutti in campo. E’ stata una coppa, nelle fasi eliminatorie, dove eravamo tutti lì, tutti insieme.

Quello che succede stasera è già storia. Chiunque abbia bisogno di racchiudere una finale in vinta/persa, chiunque aspetti la fine per dare voti, chiunque non sia concentrato solo su questo, resti fuori dalla porta.

La storia della Roma è oggi, per il solo fatto che sia Oggi. Se tre anni fa, dopo il decadentismo “Pallottiano” (strutturale ed emotivo), mi avessero detto che la Roma avrebbe giocato tre semifinali europee e due finali, consecutive, chissà dove lo avrei mandato e a far cosa…

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Ma Mourinho, dicono i filosofi del pallone, non è un allenatore, bensì un capopopolo, un furbo comunicatore e,  secondo voi, di cosa aveva bisogno il popolo romanista, mangiato e umiliato dall’interno delle sue stesse viscere da vermi sì solitari, ma compatti in una missione di deidentificazione personale (otre che dissesto “finanziario”). Citando Batman,  non è l’eroe che ci meritiamo, ma quello di cui avevamo bisogno.

Mourinho, il più paraculo di tutti magari, è venuto in un mondo che non è il suo, ma prima di farlo si è preso tempo. Che le sue dichiarazioni, le sue attenzioni, siano vere o recitate, poco cambia.

Al contrario di molti, ci ha studiato, ci ha capito, è entrato in quello che chiedevamo e facendo questo ci ha rispettato. Il grido dei trofei ha sempre nascosto altro, soprattutto in questo decennio.

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Volevamo unione di intenti, senza nemici tra le mura amiche. Poi un presidente, un DS o un allenatore possono anche sbagliare scelte, ma tutto nella stessa direzione.

Chiedevamo rispetto, chiedevamo di esistere, “r”esistere e competere.

L’Olimpico è ridondante di gente da due anni, in trasferta non sanno più dove metterci. Il maestro insegna e i suoi studenti, dopo anni, tirano fuori quello che avevano già dentro e non ricordavano. Allo stesso tempo restituendo una lezione con contenuti che lui, il vecchio maestro, non aveva neanche immaginato. Siamo studenti e professori.

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Siamo di nuovo brutti, sporchi e cattivi. Con le giuste esche, rimestando nel guano del movimento calcio Italia, stanno venendo fuori tutti i sorci e il pifferaio Mougico li sta portando in giro per la città. La Roma non ha alcuna forza per tagliare loro le teste, ma almeno sono là, evidenziati di giallo fosforescente, a dispetto delle loro giacche (o giacchette) a tutti i livelli.

Quello che succede stasera, credetemi, non è importante. E’ importante che stia succedendo. Non è il solito discorso del perdente che mette le mani avanti (sia chiaro, se perdo me rode il chicchero).

Non era importante la coppa lo scorso anno, non è vitale vincere questa. La vita, come il calcio, va vissuta, si muore per viverla. Il percorso con cui l’hai vissuta è importante e il fatto di farlo, poi si sta al 50 e 50, vale per noi come per il Siviglia e, Monchi a parte, abbiamo gli stessi diritti degli andalusi.

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Perchè il portoghese abbia condotto due stagioni trionfali in coppa e mediocri in campionato si può spiegare, forse.

Lo Special One gioca sui nervi e la tensione delle umanità a lui affidate. Una stagione di 38 partite sui nervi, puoi vincerla se Maicon sale, se Snejder scavicchia e se Milito butta dentro quei due palloni che arrivano (o metteteci nomi madridisti).

La Roma non ha questa forza, ha pochi fuoriclasse o anziani (anche se non so come ho vissuto calcio senza Matic) o deteriorati. Il resto sono giocatori buoni che stanno dando tutto ciò che hanno, cuore e anima.

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Questo su 38 partite è impossibile, se poi vengono a mancare le punte, arrivano infortuni tutti insieme (parleremo in altre sedi dei postumi “politici” di Cremona abbattutisi sulla squadra)… mentre, magari, su 14 o 15 ci puoi provare. Così è stato.

Io credo/temo di aver capito cosa succederà stasera (non il risultato), ma indipendentemente da ciò è stato un viaggio incredibile, un biennio di romanismo puro e sincero. Spero che da queste lezioni si sia appreso il cammino e credo che anche il vecchio leone abbia imparato tanto da noi.

Grazie ai Friedkin e al loro lavoro, ai loro silenzi, al loro (magari sbagliato) lasciar voce a Leonida, a Toro Seduto. Magari stasera “moriremo” ma, in fondo, non è quella la prima regola per andare in Paradiso?

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A domani fratelli, vi auguro di innamorarvi della prima cosa che vedrete aprendo gli occhi, qualunque sia!

 

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