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Novembre 2017-2020: la Nazionale, dalla débâcle al rinascimento

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Era una consueta giornata di novembre nella fredda Milano che aveva gli occhi di tutta la nazione puntati
addosso. Allo stadio Meazza, colorato a tinte azzurre per l’occasione, colmo di trombe, urla e cori, la
nazionale italiana di calcio si giocava con una partita l’accesso ai campionati del mondo di Russia 2018:
normale amministrazione per la nazionale quattro volte campione.

Gli uomini delle due compagini nazionali allineati sulla linea di bordocampo, l’inno della squadra avversaria
e poi l’inno di Mameli, cantato a squarciagola con rapide e commosse urla dagli italiani: l’atmosfera era quella
di una normalissima partita della nazionale Italiana esterna ai campionati europei o del mondo.
Coinvolgimento emotivo forte ma una consapevolezza altrettanto forte del fatto che un qualsiasi risultato
diverso dalla vittoria sarebbe stato inaccettabile.

Le parole d’incitamento ricalcarono dagli spalti il susseguirsi delle azioni di gioco ma, nell’arco del tempo
regolamentare, andarono sempre più scemando, man a mano che il gol tardava ad arrivare. Di lì a poco i cori
e le trombe furono sovrastate da grida, lamenti, occhi lucidi e sguardi attoniti: col passare del tempo i
supporters diventavano sempre più consci di quel che stava per accadere e, più il tempo passava, più voci si
inserivano in un’eco di sconsolate urla.

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L’arbitro guardò l’orologio, erano finiti i minuti addizionali, portò il fischietto alla bocca e, con un triplice
suono, decretò la fine del match.

Dopo novanta minuti di agonia, non riuscendo a segnare neanche un gol contro la nazionale nordica a tinte
gialloblu – per la prima volta dopo sessant’anni e la seconda volta nella sua storia – la nazionale italiana non
riuscì a superare le fasi di qualificazione alla Coppa del Mondo.

Fu così che, il 13 novembre 2017, con Italia 0 – Svezia 0 si toccò il punto più basso della storia della nazionale
italiana di calcio. Cos’è cambiato dalla Caporetto della nazionale Italiana?

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Dopo un repentino cambio di gestione tecnica e una ricostruzione da zero del parco giocatori degli azzurri, la
nazionale ha rasentato quasi la perfezione in termini di partite vinte.

Ad oggi, infatti, dopo dieci partite giocate, gli azzurri si ritrovano alla guida del gruppo J a punteggio pieno
con quattro gol concessi e trentasette gol fatti.

La nazionale di Mancini ritorna quindi a proporre un calcio molto attento in fase difensiva, ricalcando quella
che è la filosofia calcistica tipicamente italiana e riuscendo però, allo stesso tempo, a produrre un gioco bello
da vedere, oltre che concreto: sono pochissime le partite vinte di misura.

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Riuscirà la nuova generazione di talenti italiani, insieme ai “senatori” d’esperienza, a portare l’Italia ai fasti
d’un tempo sotto la guida del c.t. Mancini?

Di certo, la conclusione del girone a punteggio pieno rappresenterebbe, per gli azzurri, una bella
dichiarazione d’intenti.

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