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De Rossi: “Giorno più difficile? Quando ho lasciato Trigoria. Sul Boca…”

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Daniele De Rossi, ex capitano della Roma, ha rilasciato una lunga intervista a Sky Sport. Ecco le parole del campione del mondo, riportate da TuttoMercatoWeb:

“Io ho fatto un percorso non unico, ma raro. Sicuramente non posso pretendere la stessa cosa se diventerò un allenatore, non esistono allenatori che resistono così tanto soprattutto a Roma. Mi piacerebbe allenare la Roma, ma prima devo diventare allenatore. Mi sono trasformato da calciatore vecchio ad essere un tecnico giovane, inizio a vedere le cose diversamente. Mi piacerebbe farlo, ma non ho questa fretta. Dovrà succedere perché sarò diventato uno bravo, non perché sono stato un calciatore simbolo“.

È già pronto per allenare?
Io inizierò questo percorso non solo perché mi piace, ma perché penso di poterlo fare. Sicuramente mi è sempre stato riconosciuto questo ruolo di leader, se vogliamo chiamarlo così. Per l’allenatore è tanto altro, come subire le pressioni“.

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Quali sono state le sensazioni il giorno del ritiro?
L’ho vissuta con gran serenità, ci sono stati dei momenti di vuoto ma durante la partita ero sereno. Lo ero perché ho fatto un percorso negli anni, mi ero preparato. Volevo far vedere ai tifosi che me ne stavo andando con un sorriso. Il discorso non lo avevo pensato. Ho solo chiesto ai miei compagni di giocare una partita vera“.

Qual è stato il momento più complesso?
Non ho scelto io di lasciare la Roma e non ho scelto io di lasciare il calcio. Sono stati due momenti difficili. Ho dovuto prendere decisioni che non avrei voluto prendere, la prima volta non ho deciso io per me. La mia famiglia, nel secondo caso, ha tratto gran beneficio dalla mia scelta di tornare. Dirigenti della Roma non ne ho sentiti, ho incontrato De Sanctis una volta. L’altro giorno mi ha scritto un dirigente, ma non ho sentito nessuno per eventuali ruoli. Non ho ricevuto chiamate, figuriamoci se lo faccio io“.

Rapporto con Riquelme?
La prima volta che l’ho visto gli ho spiegato meglio le mie situazioni. Mi sono sentito in dovere. Per me è stato un esempio, mi ha fatto effetto. Ho una nostalgia incredibile, pesante. Ogni tanto la sentiamo anche con mia moglie. Il Boca l’ho scelto da ragazzino, guardando Maradona che giocava. Mi sono appassionato a tutto, Tutti la conosco, ma nessuno la conosce. Se vai lì te ne accorgi“.

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Che cosa ha trovato a Buenos Aires?
L’esperienza è stata meravigliosa, ho imparato tantissimo. Mi sono ancor più reso conto che il talento senza organizzazione va sprecato. Diventa un po’ di confusione, bella da vedere, ma sempre di confusione stiamo parlando“.

Quanto è stata importante la figura di Lippi?
Lippi fu importante per quella nazionale, che aveva gran talento. Forse non era la più forte, il mondiale lo abbiamo vinto perché lui dal primo giorno ha creato una squadra di club. Lui è riuscito a creare un gruppo di amici, ha creato qualcosa di diverso. Quella nazionale era partita con una gran pressione. Io, senza quel rigore, avrei vissuto tutto con un sapore differente. Io sempre sentito la sua fiducia, due giorni prima della finale è venuto Peruzzi ha detto: “questo è matto e ti vuole far giocare dall’inizio”. Alla fine rimane uno dei ricordi più belli“.

L’allenatore a cui ispirarsi?
Come allenatore mi ha impressionato Crespo, ma Heinze anche è un tecnico competente e lo conoscono anche in Europa. Io avrò bisogno di sentire tutti, posso imparare da tutti. Chi si affaccia a questa professione deve interfacciarsi con i migliori, il migliore di sempre è Guardiola. Ci sono tanti allenatori bravi, Rino Gattuso e De Zerbi mi piacciono molto. Vorrei contattare Pozzecco, per il rapporto che ha con i suoi giocatori”.

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La decisione di vedere il derby in curva?
Avevo voglia di andarci, ma senza essere preso in braccio come un eroe. Volevo andare a Firenze, ma la Roma veniva da una serie di vittorie e non sono voluto andare per scaramanzia. Mi sono divertito. Un ragazzo mi ha riconosciuto dopo un secondo, ma non ha detto nulla (ride, ndr)”.

Il giorno più complesso è stato l’ultimo a Trigoria?
È stato il giorno più difficile, ma non significa aver smesso a Roma. Non è stato perché ho lasciato la Roma, ma perché ho chiuso quella porta dalla quale sono entrato a 18 anni. È un posto che non rivedrò mai più, si sopravvive ma è stato il momento in cui mi sono tremate le mani“.

Quale difficoltà si aspetta dalla professione di allenatore?
Andrò ad organizzare altro, non so se sarò in grado. Ci saranno tutte piccole difficoltà che hanno affrontato tutti. Io ho citato molti allenatori propositivi, ma devo imparare anche da chi gioca in maniera differente. Lo stesso Fonseca è un gran allenatore, mi sono complimentato con lui. Spalletti mi ha segnato, è stato uno dei più bravi insieme a Luis Enrique. Anche un pizzico di atteggiamento alla Capello non guasta mai“.

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Il soprannome più pesante?
Capitan futuro non mi è mai pesato e ci ho fatto l’abitudine“.

I progetti per il futuro?
I progetti sono tutti in stand-by, pensare a queste cose non mi sembra giusto. Ho anche un po’ di fretta, ma mi sento circondato da un alone di tristezza. Il primo giorno di allenamento facemmo questa partitella al Boca ci fu questo intervento duro, da quel momento ho iniziato anche io a divertirmi“.

Il messaggio di Bonucci?
C’è una percezione di Bonucci sbagliata, è un padre e un amico perfetto. In campo può sembrare antipatico, ma è anche frutto della maglia che indossa, quella maglia ti dà quella testa e quella mentalità lì, forse per quello vincono sempre. Lui mi ha tirato lo scarpino e mi ha preso sul sopracciglio ed io sono scattato subito (ride, ndr), era diventato un po’ meno scherzo. Ma è stato una delle mie vittime preferite, abbiamo un gran rapporto“.

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Il rammarico più grande?
“Non aver vinto qualcosa di importante, come lo scudetto. A volte mi hanno detto che sono sempre stato poco ambizioso, io rispondo che ho avuto l’ambizione di provare a vincere dove non si vince mai. Mi sento in pace con la mia coscienza, ma il rammarico c’è. Se guardo la mia carriera sono stato fortunato, se guardo la mia bacheca ho qualche rimpianto“.

Le sarebbe piaciuto giocare nel calcio inglese?
Da quando sono piccolo ho sempre amato il Manchester United“.

Come usciremo da questo momento?
Penso che usciremo e porteremo via delle cose positive solo se rimaniamo dalla stessa parte. È adesso che dobbiamo sentirci sulla stessa barca, tra nord e sud c’è stata sempre differenza. Una delle cose più intelligenti la disse Balotelli: io ho una madre che ha una certa età, voglio stare a casa. È il pensiero più banale, ma più giusto. Poi ci sono le cose più delicate, ma non spetta a noi“.

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