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Angolo del tifoso

ANGOLO LAZIO – Sogna laziale sogna

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Lazio Olimpico
Tempo di lettura: 3 minuti

La Lazio ci aveva illuso, lo ammetto.

Ci eravamo illusi che la bellezza potesse cambiare il nostro mondo,  che si potesse combattere con la poesia il rude sistema del calcio.

Avevamo creduto che la fantastica utopia del sarrismo fosse più forte del destino e che anzi il destino fosse proprio Lui.

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L’arrivo di Sarri, con le sue parole spesso intrise di lazialità, ci aveva riportato indietro nel tempo, a sognare ancora Tommaso Maestrelli con la tuta sul campo di Tor di Quinto, alla Lazio di Bob Lovati che con la sua eleganza prima da allenatore delle giovanili, preparatore dei portieri, tecnico della prima squadra e poi infine da dirigente aveva legato il mondo biancoceleste con un unico filo.

E ti diranno parole rosse come il sangue, nere come la notte. Ma non è vero, ragazzo che la ragione sta sempre col più forte. Io conosco poeti che spostano i fiumi con il pensiero e naviganti infiniti che sanno parlare con il cielo”

Ci avevamo creduto a quella bellezza che avanzava prepotente, alle folate offensive che si scioglievano dentro alla rete, a quell’urlo di gioia misto a stupore.

Avevamo assistito stupiti alla trasformazione di alcuni giocatori, passati da brutti anatroccoli a cigni in pochi mesi.

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Secondi in classifica, di nuovo in Champions League, di nuovo protagonisti del calcio che conta. Lazio-Cremonese sembrava un sogno, uno stadio pieno e festante, i bambini felici vestiti di bianco e di celeste, squadra e tifosi in un corpo unico, un’unione d’acciaio.

“Sogna, ragazzo sogna, quando cade il vento ma non è finita, quando muore un uomo per la stessa vita che sognavi tu”

Poi passa l’estate, a fine agosto i primi temporali contro Lecce e Genoa sembrano spazzare via l’entusiamo già minato da una campagna acquisti poco in linea con le richieste dell’allenatore e dai malumori di Immobile tentato dalla cessione. L’addio del sergente serbo Milinkovic Savic, che ha appena salutato la compagnia per andare verso le dorate oasi arabe, si sente forte quando il campo verde si mette in salita, quando è più difficile arrivare vicino alla porta aversaria.

Alti e bassi continui, l’ebbrezza del goal di Provedel contro l’Atletico mitigata dalle enormi difficoltà per arrivare a rete, troppe le sconfitte che si alternano alle vittorie.

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Le critiche iniziano a montare forti, escono allo scoperto i vecchi nemici solo momentaneamente nascosti dietro la siepe: Sarri non va più bene, è integralista, non cambia modulo, non piace già più.

Due fulmini solo squarciano il cielo biancazzurro: il derby di Coppa Italia vinto che regala una semifinale e la notte di Lazio-Bayern. Un regalo di questi uomini, l’ultimo ma non lo sapevamo, alla gente laziale.

Una notte magica, una mano di bianco su un muro ingiallito, un tappeto che nasconde la polvere.

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Ma siamo alla fine, il mister è un uomo solo, non più al comando.

Sarri è accerchiato, isolato, attaccato.

La mossa, come fosse al Palio dell’Assunta in Piazza del Campo, la fa prima lui: si dimette, saluta la compagnia per dare una scossa, rinuncia a qualche bel soldo (i maligni insinuano ma la realtà dei fatti è questa) chiudendo il palco del sarrismo in attesa di nuove spettacoli in cartellone.

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“La vita è così vera che sembra impossibile doverla lasciare. La vita è così grande che anche quando sarai sul punto di morire pianterai un ulivo convinto ancora di vederlo fiorire”.

L’anima lacerata da un improvviso addio, il velo nero che nasconde il viso nei giorni di lutto offusca la realtà e non ci consente di vedere troppo in là.

Le fazioni si fronteggiano: Sarristi e anti, Lotitiani e anti, si punta il dito sui giocatori, spesso lontani dalle dinamiche della vita reale e sempre più attaccati ai soldi invece che a quel sentimento di appartenza che alberga nel cuore dei tifosi.

Più che un cambio di allenatore servirebbe un cambio societario, una presa di coscienza da parte di chi gestisce la Lazio da oltre vent’anni per liberare l’aquila verso altri boschi, altre vette. Ma questa si è un’utopia, un sogno a occhi aperti. E allora bisogna accontentarsi di un nuova guida tecnica, di un domani completamente diverso dal recente passato.

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Igor Tudor sta a Maurizio Sarri come due facce diverse della stessa moneta.

Modi opposti di concepire il calcio e di arrivare al bersaglio.

Se la scelta sarà stata azzeccata ce lo dirà il tempo, l’estate sarà teatro di un’altra rivoluzione. Cadranno teste importanti, saluteranno i vecchi idoli ormai logorati (loro…figuratevi noi) nella speranza di dare il benvenuto a nuova linfa.

Noi stupidi innamorati di Lazio resteremo dove siamo sempre stati: al nostro posto, al fianco di quella passione che accende da sempre i nostri cuori.

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Stanchi, delusi ma pronti a ripartire, come altre mille volte già, perché la Lazio non è di nessuno ma solo dell’amore di chi la vive.

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