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Un Istinto del Diavolo

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Tempo di lettura: 3 minuti

La spinta interna, congenita e immutabile, ad agire e comportarsi in un determinato modo.

Istinto.

Quella stessa caratteristica che al termine dei 180 minuti avrà premiato una sola tra le due squadre in gioco.

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È la Champions. È il calcio. È la vita.

Un ‘double match’ che premia chi a quell’istinto è abituato, un aspetto intrinseco di chi su quei palcoscenici ci è nato e si è fatto le ossa.

O almeno è quello che vogliono farci credere.

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Il Milan ai quarti non ci arrivava da ben 11 anni, società, squadra, istinti diversi appunto. Un Ibrahimovic, più in giacca e cravatta che in casacca numero 11, come unico superstite di quell’allegriano ricordo. Il Napoli al battesimo.

In tutto e per tutto due squadre nuove, alle prime armi per questi livelli. Non basta il nome, non basta il blasone, non basta l’abitudine dei tempi che furono. Non prendiamoci in giro. Sul tappeto verde ci vanno loro, i protagonisti. Carne, ossa e muscoli di 22 atleti che mai prima d’ora erano arrivati a questo punto della propria carriera. Non il nome, non i trofei e, di certo, non i tifosi.

Poi c’è il campo.

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Che prende in prestito occhi, orecchie e voce per raccontarci di fútbol. E ci dice che chiunque fosse passato l’avrebbe meritato. L’ha fatto il Diavolo. Al di là degli errori arbitrali che sono stati evidenti e che, tra andata e ritorno, hanno inevitabilmente condizionato ed indirizzato la doppia sfida; ce ne sono stati, alla pari, degli altri tecnico-tattici.

Perché è così.

Il calcio è fatto di episodi, momenti, errori, giocate. E nei 180 minuti si sono visti tutti. Come si è vista la compattezza del muro rossonero che si scalfisce, senza lasciare strascichi, solo a 40 secondi dal triplice fischio della partita di ritorno. O ancora il cinismo di ottimizzare le poche occasioni create. Come pure gli sprechi dei partenopei in occasione delle palle gol, o la poca furbizia nello spendere il giallo per evitare ripartenze che si sono rivelate poi fatali.

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This is football! direbbero gli inglesi.

Quel che resta, il mattino seguente, sono due squadre che continueranno a lottare.

Il Milan per una finale che manca da 16 lunghi anni.

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Il Napoli per un tricolore che non cuce sul petto da 33.

E allora, al netto delle delusioni, che possano provenire da un’uscita dalla Champions o dal non riuscire a mantenere il titolo conquistato un anno prima, c’è da fare i complimenti a due squadre che hanno raggiunto traguardi a cui, tra griglie e grigliate varie, nessuno credeva ad inizio anno. E ai quali non si sta dando il giusto peso.

E allora continuare a sognare non costa nulla.

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D’altronde, il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei loro sogni.

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