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ANALISI A BRIGLIA SCIOLTA: Milan 0-1 Napoli

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Tempo di lettura: 5 minuti

La battaglia di San Siro ha decretato vincitrice la squadra che nella lotta è riuscita a metterci più qualità. Due squadre che nell’emergenza hanno saputo reinventarsi per dare vita ad un bello spettacolo di intensità.

LOTTA DURA, SENZA PAURA

“Chi lotta può perdere, chi non lotta ha già perso” (Ernesto Che Guevara)

Entrambe avrebbero potuto adagiarsi nel vittimismo delle tante assenze, speculare sulle mancanze, e invece i due allenatori hanno deciso di combattere con le armi a loro disposizione. Armi spuntate, sicuramente, ma mai dome nelle mani di chi ha scelto di sguainarle. Il primo colpo lo sferza il Napoli, che punge ancora una volta da palla inattiva, sempre più trademark della banda Spalletti. La gara poi si è sviluppata secondo un leitmotiv che vedeva le due squadre pressare incessantemente l’inizio azione dell’avversario, e riaggredirlo immediatamente una volta persa palla. Questo ha portato entrambe le squadre a concedere solamente 9 passaggi prima di intraprendere un’azione di pressing (ciò che gli analisti chiamano PPDA). Il Milan in particolare, con la sua pressione a uomo, ha spesso invitato gli ospiti ad andare diretti dagli attaccanti e sperare nei loro duelli uno contro uno, quasi sempre persi nel primo tempo. L’unico a trovare la luce negli spazi angusti e nei ritmi altissimi imposti dai rossoneri è stato Piotr Zielinski. Il polacco, responsabilizzato anche dalla fascia di capitano, è stato in grado di dare le pause giuste ad una partita che ha imprigionato la qualità nell’intensità, come testimoniano i 4 passaggi chiave messi a referto. Spesso cercava quella posizione nel centro sinistra che invitava Tomori ad uscire, lasciando Petagna a combattere con Romagnoli, ed in particolare Lozano con Ballo-Touré. Il messicano è stato sicuramente il più pericoloso degli azzurri. Come ad es in occasione di uno dei tanti recuperi di Juan Jesus ai danni di Brahim Diaz, seguendo sempre quel principio di aggressione alta che è stato il filo che ha unito la partita delle due squadre. Il brasiliano riconquista e va diretto da Lozano, che con uno splendido stop di petto volante elude il terzino francese, punta la porta, e viene murato due volte, da Romagnoli prima e Tomori poi.

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In fase di possesso, Pioli ha disegnato i suoi con un Florenzi bloccato, a formare una linea a 3 con i due centrali, con Ballo-Touré e Messias a coprire l’ampiezza, e Brahim Diaz e Krunic nei mezzi spazi alle spalle di Ibrahimovic. In questo modo occupava tutti e 5 i corridoi offensivi. Peccato che abbia pagato una prestazione a dir poco deludente dello spagnolo. Solo 27 palloni toccati (il peggiore dei titolari), 3 palle perse (nessuno come lui), 0 passaggi chiave e 0 dribbling tentati. Un’evanescenza che ha costretto Pioli a dei cambiamenti nel secondo tempo.

CHI LA DURA LA VINCE

Nel secondo tempo cambiano gli interpreti ed anche la partita. Spalletti ha visto che la squadra si adagia troppo su questa palla lunga verso Petagna, bravo a tenerne molte per far uscire la squadra dalla pressione, e inserisce Lobotka al 52’. Lo slovacco sale subito in cattedra, e concluderà la partita come il terzo giocatore dei suoi ad aver completato più passaggi. Il suo ingresso alza il baricentro del Napoli, che si sistema in fase di possesso con Malcuit alto a destra ed Elmas molto largo a sinistra, per liberare Zielinski e Petagna nei mezzi spazi, e lasciare la profondità alla velocità di Lozano, che nel corso della gara ha svariato tantissimo, riuscendo anche ad arginare le continue salite di Ballo-Touré. Gli ospiti hanno cominciato a controllare il gioco, chiudendo il Milan nella sua metacampo, orfana degli strappi di giocatori come Leao, Theo e Rebic per ribaltare il fronte. Pioli allora è passato al piano b. Ha messo da parte la qualità e ha puntato sulla fisicità dei suoi attaccanti inserendo Giroud e Saelemaekers per Brahim Diaz e Krunic, ridisegnando i suoi con questo 1-4-4-2 molto verticale. Spesso si è cercata la palla sopra a scavalcare il centrocampo, con le due torri rossonere a vincere ben 9 duelli aerei. Rispondono a dovere Rrahmani e Juan Jesus con 11. Ma in una situazione sono andati in difficoltà. Attaccanti in pressione sui difensori milanisti, la linea difensiva del Napoli rimane bassa, le distanze si allungano, allora palla alta verso Ibra e Giroud. La prende Rrahmani, ma la seconda palla è del bomber svedese, che controlla al limite, punta l’area, chiede l’uno-due al francese, ma l’ex difensore del Verona salva tutto completando uno dei suoi 3 intercetti, altrimenti Ibrahimovic sarebbe stato solo davanti ad Ospina. Una situazione, questa dei lanci lunghi, che ha chiuso il Napoli nella sua area nel finale, costringendola a lottare nel corpo a corpo, e che ha esaltato Spalletti: “Quando ti mettono in condizione di fare fase difensiva uno contro uno con palle alte, non si ritrovano le proprie qualità: è lì che esce fuori il carattere che dà forza alle caratteristiche tecniche”.

CONCLUSIONI

Due squadre un po’ snaturate dalle assenze, che fanno della qualità il loro marchio di fabbrica, e che hanno combattuto per continuare a inseguire l’Inter e lo Scudetto. Entrambe hanno dimostrato di essere abbastanza mature da fare una partita diversa dai loro canoni, come la squadra di Spalletti aveva dimostrato già con l’Atalanta. Questa volta la vince, meritatamente come confermano gli xG (0,37-0,99). Se Zielinski è emerso come un campione in mezzo ai 22 in campo, Brahim Diaz si è eclissato nella lotta finendo per soccombere, e lasciando il Milan orfano della qualità necessaria per segnare alla miglior difesa della Serie A. Ha ragione Pioli però quando dice: “Non siamo stanchi”. I rossoneri hanno cercato con l’intensità di venire meno alle loro assenze, senza successo, ma mostrando il carattere e la convinzione, che ha avuto lo stesso Napoli, di combattere per le proprie idee, perché “Se un uomo non è disposto a lottare per le sue idee, o le sue idee non valgono nulla, o non vale nulla lui” (Ezra Pound)

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