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ANALISI A BRIGLIA SCIOLTA: Inter 1-1 Juventus

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Tempo di lettura: 5 minuti

E mentre marciavi con l’anima in spalle/ Vedesti un uomo in fondo alla valle/ Che aveva il tuo stesso identico umore/ Ma la divisa di un altro colore” (La guerra di Piero, Fabrizio De Andrè).

La potremmo anche raccontare con queste parole la vigilia di questa partita tra Inter e Juventus. Due squadre che arrivavano entrambe con la voglia di approfittare del pareggio del Napoli a Roma per accorciare sulla vetta, ma entrambe consce che perdere sarebbe stato problematico per la classifica. In questi casi ha sempre la meglio il pareggio, il risultato che non fa dispiacere nessuno.

DZEKO: BOMBER E REGISTA

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Il centravanti bosniaco è stata la chiave di volta che ha trovato Inzaghi per scardinare il blocco basso della Juventus. Il giro palla tra i centrali veniva lasciato piuttosto agevolmente ai nerazzurri, che vedevano oscurarsi la possibilità di servire Brozovic dalla marcatura a uomo di Kulusevski. Solitamente l’Inter porta avanti i terzi della difesa ad accompagnare e a creare superiorità numerica in mezzo al campo, ma sta volta il tecnico ex Lazio ha preferito non rischiare. La paura era quella di concedere transizioni positive ad una squadra come la Juventus che, a differenza dello Sheriff in Champions League, avrebbe potuto fare molto male all’Inter. A questo punto il faro è diventato Dzeko. La capacità del nuovo numero 9 dei campioni d’Italia di venire fuori, specie nel primo tempo, e comportarsi da vero e proprio regista della manovra offensiva, è stata determinante. Questo non solo consente alle mezz’ali di inserirsi nello spazio lasciato vuoto, ma anche di cambiare gioco per trovare gli esterni in 1 vs 1. Serve però un episodio che la sblocchi, e al 17’ arriva. La Juventus è in dieci con Bernardeschi fuori dal campo. Si abbassa e si stringe. Il giro palla porta da destra a sinistra, con Bastoni e Skriniar che fiutano la possibilità di accompagnare finalmente l’azione. Il cambio gioco del centrale azzurro su Darmian è perfetto. Skriniar avanza e scarica per Calhanoglu. La fortuna vuole che il tiro deviato da Locatelli si infranga sull’incrocio e diventi buono proprio per Dzeko, che sveste i panni del regista e mette quelli del bomber.

DYBALA CAMBIA LA MUSICA

La Juventus non si è lasciata scomporre dal vantaggio. Il piano è rimasto lo stesso. Aspettare con un blocco basso posizionato con un 1-5-3-2, e non concedere dialoghi all’interno alle mezz’ali interiste, in particolare Barella, che ha messo a referto solo il 68% di passaggi riusciti, a testimonianza degli spazi intasati dai bianconeri. Fino ai cambi non si percepiva nemmeno il bisogno e la voglia di pareggiare, e basta andare a cercare i dati dei due attaccanti juventini per capire la sterilità della proposta offensiva della squadra. Morata e Kulusevski insieme hanno toccato solo 29 palloni. A quel punto però il piano di Allegri prende forma. Entrano Chiesa e Dybala. E soprattutto l’argentino cambia la musica. Il ritmo del giro palla sale, il pericolo si materializza, e alla fine anche il gol. Solo lui, da solo, ha toccato 27 palloni, completato 3 dribbling, tirato 3 volte (rigore escluso) e realizzato 2 passaggi chiave. Un bottino superiore ai suoi colleghi che avevano iniziato la partita. Proprio da uno di quei passaggi chiave si genera l’episodio del pareggio. Dybala si abbassa a centrocampo e riceve da Danilo. È braccato alle spalle e sta arrivando il raddoppio di Gagliardini, ma lui lo spezza ed entra dentro al campo scaricando per Bentancur che apre il gioco a sinistra. Il 10 bianconero segue l’azione e riceve al limite cercando subito l’imbucata per Morata che controlla male. A quel punto arriva il contatto.

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CONCLUSIONI

Sparagli Piero, sparagli ora/ E dopo un colpo sparagli ancora/ Fino a che tu non lo vedrai esangue/ Cadere in terra a coprire il suo sangue”.

Sicuramente Simone Inzaghi ripenserà a queste parole e a questa partita, che la sua squadra aveva in controllo, ma che non ha chiuso. Sembra un leit-motiv di questa stagione dell’Inter. I cambi del tecnico hanno abbassato il baricentro della squadra, che grazie a Dzeko e al suo dominio aereo – ben 4 duelli vinti – riusciva a consolidare il possesso, senza però andare mai a colpire. La paura delle rimonte subite, vedi quella con la Lazio nell’ultimo turno, si deve essere fatta sentire. Così facendo ha esposto il fianco all’avversario, portandosi il nemico in casa senza ucciderlo, cercando di vincere una partita al modo della Juventus, ma trovando solo insicurezze invece che solidità.

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“E mentre gli usi questa premura/ Quello si volta, ti vede e ha paura/ Ed imbracciata l’artiglieria/ Non ti ricambia la cortesia”. 

Non può che gongolare Allegri invece, per una partita che si era messa male ed è stata acciuffata nel finale con il minimo sforzo. Rigore a parte, la squadra ha prodotto solamente 0,58 di xG. Un dato troppo basso per sperare di continuare ad ottenere risultati nel lungo periodo. Al momento però una cosa è certa: o la Juventus la ammazzi o da sola non muore mai. La mentalità è sicuramente il pregio di questa squadra, che non ha perso la testa dopo essere andata sotto, e si fida della possibilità di trovare sempre un gol, in un modo o nell’altro. La strategia era evidente, dal momento che gli uomini di maggior qualità erano in panchina, ma non può bastare. Allegri ha bisogno di mettere un po’ di tecnica e di imprevedibilità ad una squadra che adesso è umile, concentrata e battagliera, come piace a lui.

L’Inter si lecca di nuovo le ferite dopo aver condotto gran parte della gara, e non averla portata a casa. Inzaghi dovrà fare tesoro di un atteggiamento troppo remissivo nella ripresa, che ci ha portato a vedere una gara con poco spettacolo, poche occasioni, decisa dagli episodi: insomma tipicamente italiana. Ora i nerazzurri dovranno risollevarsi, ma 7 punti dalla vetta cominciano a diventare troppi, specie se poi non ammazzi il nemico e lo lasci in vita.

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“Cadesti in terra senza un lamento/ E ti accorgesti in un solo momento/ Che il tempo non ti sarebbe bastato/ A chiedere perdono per ogni peccato”. 

 

 

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