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Angolo del tifoso

ANGOLO JUVE – Eurovision

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Ogni fine è un nuovo inizio, i ben informati dicono così. Certo dipende da come termina: nel caso di Andrea Pirlo, la sua carriera da allenatore avrebbe potuto prendere una piega definitiva ben prima. E invece no, tocca guardare la partita con il Bologna di Sinisa Mihajlovic con ben più di un orecchio sul Diego Armando Maradona di Napoli, e sul Gewiss di Bergamo. La Juve si gioca la sua ultima occasione per conquistare il terzo obiettivo stagionale, almeno per quest’anno, che in fondo un  vero obiettivo non è. È più un modo per non far terminare qualcosa, per non abbandonare definitivamente l’idea che la Juve non scudettata non sia degna di andarsi a giocare le sue chance europee, i cui ricordi felici sono decisamente sbiaditi.

Andrea Pirlo in quella che potrebbe, come non potrebbe essere, la sua ultima panchina con i colori bianconeri almeno per un po’, decide di tenere a riposo Cristiano Ronaldo. Dopo la vittoria della Coppa Italia qualche giorno fa, il portoghese resta a riposo “per scelta tecnica”. Inutile sciorinarvi i manuali interi di teoria e pratica dell’abbandono della squadra, per l’occasione rispolverati e pubblicati su tutti i social di questo mondo. Semmai, una scelta del genere può destare stupore, ma per i tifosi bianconeri ormai abituati ai coup de theatre di mister Pirlo questa è solo l’ennesima scommessa.

La posta in gioco è ghiotta, e la squadra lo percepisce, glielo abbiamo già visto fare in Coppa. Il match in sé dura più o meno mezz’ora, tempo necessario alla ripresa di De Ligt per infortunio inclusa. Ad aprire le danze è Federico Chiesa, chiudendo una splendida azione innescata da Morata con la gentile collaborazione di Kulusevski, ben assoldato in queste ultime giornate. L’onicofagia la fa da padrona in questa gara in cui la veemenza agonistica dei bianconeri si concretizza subito, come a volersi togliere un peso di dosso, per poter presto correre in panchina a guarda ciò che accade altrove. Ci pensa Morata a infilare in porta un pallone splendido di un Dybala in stato di grazia, che voleva andare dritto alle spalle di Skorupski, poi ci pensa Adrien Rabiot a segnare in velocità su assist di Kulusevski il goal che vale il tre a zero.

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Poker made in Spain, di nuovo Morata su assist nientedimeno che di Szczesny su lunghissimo rilancio, di nuovo dopo un check per un eventuale fuorigioco. Nota a margine: il portiere polacco lascia per l’ultima pare della gara i guantoni a Carlo Pinsoglio: solo sentire le voci festanti dei compagni dovrebbe farvi capire quanto vale questo ragazzo nello spogliatoio bianconero.

È Orsolini a segnare il goal della bandiera per il Bologna, lasciandosi andare a qualche parola di fastidio per la gara. Ma di Juve in questi novanta minuti ce n’è troppa, come immenso è il rimpianto per non aver caricato tutte le precedenti partite con la forza e la voglia di sfondare le reti che sono state messe in campo in questi ultimi match. Dopo il crollo verticale con il Milan, di speranze non ce n’erano più. Sarebbe stato forse meglio andare a rifare tutto da capo il Europa League, cambiare guida tecnica, salutare chi abbiamo amato con i nostri colori addosso ma che forse hanno dato tutto ciò che potevano dare, o forse anche meno.

Eppure, la squadra è tutta lì. Il fischio finale del signor Valeri è il libera tutti, tocca andare a vedere che succede sugli altri campi, perché la Juve come poche volte nella sua storia non è padrona di sé stessa. E l’urlo liberatorio, è ancora più forte di quello che abbiamo lanciato in questi nove anni di scudetti. Ci saremmo accontentati della Supercoppa e della Coppa Italia, avremmo ricominciato. Ci siamo rialzati dopo un anno di purgatorio, che sarà mai un anno di Europa League?

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Non è per la qualificazione, o meglio, non completamente. È soprattutto per l’aver ritrovato un gruppo che sembrava dissolto, potersi guardare nuovamente negli occhi e sul petto al ritiro della prossima stagione. Magari non c’è più lo scudetto, degnamente festeggiato dai nerazzurri oggi. Ma c’è, e ci sarà per sempre una J, lo scudetto più bello che potessimo desiderare.

E che ancora una volta porteremo ad illuminare gli stadi d’Europa.

Zitti e buoni.

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