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Hellas Verona, Pazzini lascia: “Speravo di rinnovare”

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Adesso è ufficiale, Giampaolo Pazzini non sarà un calciatore dell’Hellas Verona al termine della seguente stagione. Il club veneto non ha rinnovato il contratto al classe ’84. A darne l’annuncio sono stati lo stesso attaccante e il Ds Tony D’Amico in conferenza stampa. Il prossimo 36 enne – il due agosto – lascerà gli scaligeri dopo cinque anni, escludendo i sei mesi di prestito passati al Levate dal gennaio al giugno 2018. Fu prelevato dal Milan a titolo gratuito, in cinque stagioni ha disputato centotrentatre partite condite da cinquanta reti e sei assist. Di seguito le parole di Pazzini e del Ds D’Amico in conferenza stampa riportate da tuttomercatoweb.com:

Prende la parola Pazzini: “Sono molto emozionato. Già da tempo lo sapevo, ma in cuor mio non ci pensavo. Ma l’ultima volta che sono andato allo stadio ho capito che eravamo alla fine. Sono stati cinque anni intensi, tra alti e qualche basso. È stato un percorso bellissimo, sono contento di averlo finito in Serie A. È stato un percorso bello, intenso. Verona e i tifosi mi hanno dato molto, mi hanno sempre supportato, dal primo anno, quando le cose andavano male e quando andavano bene. Nei momenti di difficoltà è stata l’unica cosa che mi ha fatto andare avanti, perché so che riponevano tanta fiducia in me. Ringrazio la città, che ha accolto me e la mia famiglia. Mi ha fatto sentire uno di Verona, sempre. Non ho parole per tutto l’affetto che mi avete dato, l’Hellas resterà sempre nel mio cuore”.

Continuerai altrove? C’è stato un pensiero di continuare in un’altra veste?
“Ho sempre pensato giorno per giorno. Domenica mi sono reso conto che era l’ultima. È stata un’annata bellissima, mi sono dimenticato di ringraziare i miei compagni. Finisce il rapporto con l’Hellas, la società ha fatto le sue scelte. Io ho un’idea abbastanza precisa in testa, ma voglio finire l’anno, stare con la mia famiglia, e a mente lucida cercare di capire cosa voglio fare da grande. Non ci sono state offerte per me, se non qualcosa dall’estero. Ho un’idea, ma voglio valutare con calma. È stata un’annata bella, inaspettata, un’escalation di emozioni. La gente di Verona dopo anni tribolati avrebbe meritato di vedere allo stadio questa squadra. Abbiamo creato un bel gruppo, ci siamo aiutati a vicenda”.

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Avresti voluto prolungare?
“Sicuramente sì, in cuor mio ci speravo. Sapevo di non poter più fare quaranta partite, ma a Verona sto da Dio. Stiamo valutando di fermarci qua, quindi non è una cosa detta così. Ma con me sono stati corretti, quando uno è sincero per me va bene”.

Ci fai un bilancio di questi cinque anni?
“Estremamente positivo. Anche nei momenti difficili c’era un affetto incondizionato, e questo mi ha ripagato di tanto, di qualche atteggiamento non all’altezza. Ho cercato di immedesimarmi nel tifoso, e penso che la città abbia capito la mia persona. Ho sempre dato tutto, e Verona mi ha dato molto di più. Sono orgogliosissimo di aver vinto due volte la B, che una squadra come questa non dovrebbe fare, così come di indossare la fascia. Spero di aver lasciato qualcosa anch’io, a livello di mentalità, qualcosa di bello”.

Quando arrivasti, come te la immaginavi questa esperienza?
“Quando affronti una nuova esperienza ci sono sempre mille dubbi. Per me il contratto lungo è stato un modo di vedere che per me c’era grande interesse. C’era Toni, una squadra che voleva crescere. Ma il primo anno successe qualcosa che non succede mai. Ma lì si è creato il rapporto, non sono stato bene ma è scoccata la scintilla, dovevo riportare su la squadra. Penso che lì si sia creato il legame d’appartenenza, fu una sfida molto grande. Dopo la partita di Cesena mi ero anche lasciato andare, sentivo grande responsabilità quell’anno. Mi aspettavo di fare bene, di lasciare qualcosa. Ho dato tutto, sempre, ho sempre cercato di dare una mano, di mettermi a disposizione. Ma Verona mi ha dato molto di più”.

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La tua famiglia è cresciuta a Verona, come glielo hai spiegato?
“Mio figlio è cresciuto a Verona, ha otto anni e mezzo e siamo qui da cinque. Ha la cadenza veronese (ride, ndr). Qui ha tutti i suoi amici, questa è casa sua. Stiamo valutando, noi a Verona stiamo molto bene”.

Ce la fai a rientrare per il finale?
“Sì, sicuro, domani ci sono. Anche se il mister non vuole, entro lo stesso (ride, ndr). Prima dell’Inter avrei dovuto giocare, poi ho avuto un piccolo problema. Ma domani ci sono”.

Hai qualche sassolino dalla scarpa da toglierti?
“Non ho detto tutto. Ci ho pensato, ma parlando cosa raggiungerei? Ho la coscienza a posto. Quando uno finisce un percorso a testa alta, perché si è sempre comportato bene, per me è un grandissimo motivo d’orgoglio. Negli ultimi giorni giro per la città ripensando a tutto questo tempo, ma vedo solo cose positive. Sembrava ieri la presentazione, l’entusiasmo a inizio ritiro, invece sono passati cinque anni”.

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Chi meglio di te può descrivere l’Hellas?
“È molto più di una squadra. Uno prima lo capisce e prima riesce a fare bene. Il tifoso può avere Messi o Ronaldo, ma prima c’è la maglia. L’Hellas resterà sempre. Loro vogliono una squadra che suda, combattiva. Ricordo il primo anno, uscivamo tra gli applausi dopo le sconfitte. Questo ti fa capire l’Hellas. Non è una questione di categoria, è un modo di giocare diverso rispetto ad altre piazze. C’è un tifo bello, peccato non averlo avuto in questo finale di campionato. Tante partite ce l’hanno fatte vincere loro, e dopo anni tribolati si meritavano di essere allo stadio”.

Tra i tifosi c’è molto rammarico. Come pensi di salutarli?
“Ho letto i molti messaggi sui social, è una cosa che mi fa molto piacere. Mi dispiace non poterli salutare. Spero di avere l’occasione di poterli salutare in futuro”.

Come hai vissuto il rapporto con Juric?
“All’inizio ero in ritardo. Alla terza conferenza sono andato a parlargli, e abbiamo avuto un dialogo schietto. Penso che il mister abbia capito che qualcosa poteva evitare. Gli ho detto che ci sarei sempre stato, per dargli una mano. Da lì è nato un rapporto più sincero, perché il mister è così con tutti. Da lì sono stato contento di aver potuto dare una mano. A livello tattico è stata una bella scoperta, penso sia stata una grandissima scelta restare qua. È stata una bella annata: siamo partiti in salita, forse perché il mister era prevenuto, ma poi si è ricreduto”.

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Il momento peggiore e quello migliore?
“Faccio fatica a pensare alle cose negative, mi restano impresse quelle positive, come le due promozioni o la serata di Cesena. L’altra col Cittadella, sono stati dieci giorni bellissimi. La ciliegina è la partita con la Juve, aspettavamo da tanto di ottenere una vittoria così, e il bello è stato che sia arrivato con un mio gol”.

Un saluto ai ‘butei’, i tifosi del Verona?
“Sono stati fantastici, mi hanno dato moltissimo. Io ho dato tanto, ma loro di più. Mi hanno sempre sostenuto: mi ripeto, ma è la verità. Non smetterò mai di ringraziarli, tutte le emozioni che ho provato mi riempiono d’orgoglio. A volte sentire così tanto affetto ripaga del rammarico che uno può avere. Prima o poi le luci si abbassano, e quello che resta è l’affetto, le emozioni che uno ha vissuto”.

Prende la parola il Ds: “Abbiamo convocato questa conferenza per comunicare che dopo cinque anni bellissimi, a fine stagione terminerà il rapporto con Giampaolo. Ci sembrava doveroso essere al suo fianco. Tutta la squadra avrebbe voluto essere presente, ma per le normative anti-Covid non è stato possibile”.

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C’è stata la possibilità che restasse?
“Penso che Giampaolo sia una persona molto intelligente, oltre ad essere un grande professionista. Credo che per le sue capacità potrà intraprendere la strada da grande che vuole percorrere. Per la sua struttura umana penso che dovrà entrare dalla porta principale, in qualsiasi veste che lui voglia intraprendere. Creare un ruolo di rappresentanza non sarebbe stato sufficiente”.

Il momento di massima incomprensione è stato il prestito al Levante. L’avresti avallato?
“Non credo sia giusto rispondere, oggi sarebbe troppo semplice rispondere, e non sarebbe giusto”.

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