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ESCLUSIVA #LBDV – Vannucchi a #ACasaConVlad: “Serie B e le giovanili vanno valorizzate”

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Un ospite d’eccezione, oggi, per il nostro appuntamento social ‘#ACasaConVlad‘.

Parliamo dell’ex fantasista, tra le altre, dell’Empoli, Ighli Vannucchi, che ha rilasciato alcune dichiarazioni nel corso della diretta Instagram.

Di seguito riportiamo l’intervista completa.

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Non hai mai nascosto l’impressione di seguire poco il calcio: come mai questa cosa?

Lo seguo davvero poco. Mi piace tanto il rettangolo verde, anche se ciò significa potersi esprimere a certi livelli come la terza categoria, proprio come adesso che sto portando avanti un progetto con lo Spianate Calcio. Per il resto non mi interessa più di tanto il contesto attorno all’universo calcio. Presi una pausa nel 2015, salvo poi tornare quest’anno in questa realtà. Quest’esperienza che sto vivendo è un qualcosa di veramente fantastico. Mi dispiace che si sia interrotto a causa di questa pandemia. Col mister abbiamo stabilito dei principi, per lo spogliatoio, che valgono a prescindere dalla categoria. Stiamo mettendo su una realtà senza particolari pretese ma fatte bene nei dettagli. Quando vedo il pallone, mi si illuminano gli occhi. Cerco di divertirmi e di trasmettere questo entusiasmo ai più giovani”.

La tua carriera parte nella Lucchese.

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A quei tempi, le squadre erano formate da persone di esperienza e di spessore. Una volta dovevi addirittura chiedere il permesso per fare la doccia. Oggi è sicuramente cambiato il rapporto tra tutte le componenti dello spogliatoio. Sono stati anni che mi hanno insegnato molto e che mi hanno consegnato alle piazze importanti della mia carriera, senza nulla togliere alla piazza di Lucca ovviamente”.

Sull’esperienza alla Salernitana:

Come dicevo, sono passato ad una piazza molto più grande dove la pressione è maggiore dato che al Sud sono più passionali. E’ una pressione che senti anche nel quotidiano. Ho vissuto tante emozioni a Salerno; poi, purtroppo, in quell’anno abbiamo pagato l’inesperienza societaria, tante persone erano insoddisfatte e quindi la somma fece inevitabilmente il totale. Il girone di andata fu davvero disastroso, mentre in quello di ritorno trovammo in parte la quadra. Il passaggio da Delio Rossi a Francesco Oddo? I tifosi non erano d’accordo ma, alla fine, la scelta societaria portò i suoi frutti, nonostante non ci salvammo per un solo punto”.

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Poi è seguito un anno in Serie B ad alto livello che ti ha consegnato alla Nazionale Under 21, vincendo gli Europei di categoria del 2000 in Slovacchia.

Portare la maglia azzurra, seppur non quella della nazionale maggiore, è emozionante, così come allenarsi con tanti giovani promesse quali erano i vari Gattuso, Pirlo e via dicendo. In quell’Europeo, giocai anche la semifinale perché proprio Pirlo era squalificato. Movimenti come il calcio giovanile, ma anche la stessa Serie B, vanno tutelati e va fatto un lavoro di valorizzazione”.

Sei stato in piazze importanti come Venezia e Palermo. Proprio in Veneto hai avuto modo di lavorare con Cesare Prandelli: come ti sei trovato con lui?

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L’esperienza al Venezia fu molto intensa perché, quando arrivai, conquistammo la Serie A, poi l’anno dopo retrocedemmo. Prandelli è un allenatore preparatissimo. Spesso, però, capita che gli ingranaggi non siano più oliati ed i primi a pagare siano proprio i tecnici. Per quanto riguarda la mia parentesi in Sicilia, la stagione a Palermo è stata molto positiva, ho conosciuto una piazza nuova. L’ingranaggio mio con Baldini, però, non è stato buono e quindi sono andato via”.

Per voi calciatori, il cambio di allenatore nel corso di una stagione quanto è destabilizzante?

L’allenatore lo vedo appunto come un ingranaggio che si deve inserire in altri, quindi non è detto che questo possa riuscire. Se non ti inserisci in queste dinamiche, viene difficile lavorare. Anche certi allenatori di spessore a volte possono trovare difficoltà, come abbiamo visto con Ancelotti a Napoli. L’allenatore è un mestiere molto logorante, si lavora 24 ore su 24. E’ stressante, non ti puoi distrarre perché appena ti sfugge anche solo un fattore sono guai”.

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E’ un tuo obiettivo diventare allenatore?

A me piace giocare a calcio, ma insegnarlo non fa per me”.

Dopo l’esperienza in rosanero, arriva l’approdo definitivo ad Empoli. Tanti anni in Toscana e tanti allenatori che hanno fatto bene.

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Quella è una realtà molto familiare e stretta. Certo, non si guadagna moltissimo ma alla fine l’ambiente giusto è quello che conta per fare bene. Con Mister Somma c’era un’idea di calcio innovativa, è stato uno dei migliori allenatori che ho incontrato. Successivamente c’è stato Cagni che ebbi già a Salerno: ad Empoli riuscì a trovare un’alchimia e facemmo un calcio spettacolare, facendo si che io e gli altri rendessimo al meglio. All’inizio volle conoscere la squadra e capire se poteva adattarmi da trequartista. Poi mi trovò anche in grande forma e da lì partirono mesi importanti. Le due partite contro lo Zurigo in Europa? Venne preferito utilizzare la squadra di seconde linee e ciò alimenta oggi i rimpianti”.

Nella tua carriera sei stato anche uno specialista nei calci piazzati: cosa ci puoi dire in merito?

Innanzitutto è importante la prospettiva tra palla e porta, che dal campo tiene conto di tanti fattori. Se è esatta, puoi indovinare la traiettoria giusta. A volte può capitare di carpire anche il minimo errore e bisogna essere furbi in queste cose”.

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Michedlidze è una delle promesse mancate in casa Empoli.

“Il problema grosso, nel suo caso, sono stati gli infortuni che lo hanno condizionato tantissimo. Quando arrivò, aveva le movenze di un certo Ibrahimovic, era davvero forte fisicamente e tecnicamente. E’ risaputo che nel calcio serva anche tanta fortuna”.

Il calcio italiano ha sempre dominato in passato. Adesso questa forza è venuta a mancare: c’è un modo per tornare a dominare?

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Bisogna lavorare moltissimo tecnicamente, portare avanti il lato atletico. Il problema è che oggi viene limitata molto la libertà di espressione: oggi si coltiva pochissimo la fantasia. Dopo il ciclo vincente tra il 1994 ed il 2006 è partita la curva discendente. Tuttavia bisogna dire che il calcio è cambiato tanto nel frattempo. La figura del trequartista, in quest’epoca, è scomparsa. Soltanto calciatori come Luis Alberto, che ho avuto modo di osservare, incarnano queste caratteristiche”.

Il 19 febbraio 2006 ci fu quel terribile infortunio di Francesco Totti, che mise a repentaglio la sua partecipazione ai Mondiali: cosa ci puoi ricordare di quei momenti?

Voglio fare una premessa: Vanigli (protagonista del contrasto in questione ndr) è uno dei calciatori più umani e corretti che abbia mai conosciuto, mi dispiace ci sia stato un accanimento contro di lui. Non vi fu un intervento cattivo, ma Francesco si fece male per un eccessivo sbilanciamento sulla caviglia. Alla fine tutte le cose sono andate bene e questa è l’unica cosa che conta”.

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Su Calciopoli:

Spesso mi domandano questa cosa, ma devo dire che io, dall’interno, non mi sono mai accorto di nulla. Mi è sembrato strano sapere di persone con cui ho avuto a che fare da vicino che sono state coinvolte in certi giri strani”.

Finito il contratto con l’Empoli, è arrivato nella tua carriera lo Spezia.

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Dopo la scadenza contrattuale con Empoli sono stato alcuni mesi con gli amatori. Ho sofferto molto questa cosa perché i tempi degli amatori sono completamente diversi da quelli professionistici. Lo Spezia è stata una fortuna: il mio procuratore mi propose e mi presero. Le cose andarono bene e conquistammo la Serie B”.

Spesso si chiede ai trequartisti, soprattutto in questi anni, di adattarsi in altri ruoli. Quanto può essere limitante questa cosa?

Per noi ‘anime libere’ chiedere di adattarsi a meccanismi complessi tattici vincola tantissimo, non dando la possibilità di esprimersi totalmente. Credo che sia una questione di caratteristiche: ci sono calciatori che hanno bisogno di giocare con il punto di riferimento della fascia ed altri no. Noi trequartisti abbiamo bisogni di spazi nel campo dove esprimerci liberamente. Attacco a tre? Avere due calciatori sulle fasce aumenta il peso offensivo ma c’è bisogno di calciatori dinamici”.

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Malesani nella sua carriera non è più riuscito a trovare una dimensione adatta a lui.

Io l’ho avuto ad Empoli, è arrivato dopo l’addio di Cagni, cosa che, da capitano, non presi benissimo. Ciò non toglie che sia un allenatore molto preparato e che necessiti, come tutti, di un habitat adatto per rendere al meglio”.

L’attaccante con cui ti sei trovato meglio?

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Io mi sono divertito davvero tantissimo. Il divertimento del trequartista sta proprio nel doversi adattare a chi si ha davanti. Ce ne sono stati tanti: Di Natale, Rocchi e anche lo stesso Saudati, molto sfortunato. È difficile sceglierne uno, ma la cosa più bella è che sono stati tutti diversi tra di loro”.

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