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Atalanta, Robin Gosens: “Ora ho paura, Bergamo è una città fantasma”, il racconto

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La città di Bergamo sta vivendo un periodo delicatissimo e conta ad oggi oltre tremila contagiati a causa del coronavirus. Robin Gosens, laterale sell’Atalanta, racconta ciò che sta vivendo nella città bergamasca a La Gazzetta dello Sport. Ecco le sue parole:

“Non capisco una cosa: perché ci hanno fatto giocare a porte chiuse ma poi c’erano tutti i tifosi fuori ammassati nelle città europee per la Champions? Non ha senso…”.

“La paura l’ho sentita quando mi hanno spiegato che la Lombardia era il centro di tutto, che da nessun’altra parte d’Europa c’erano tanti casi. Quel giorno mi sono detto: ok, prima era a Wuhan, così lontano, e adesso è qui: ora siamo in pericolo. C’è paura non solo nella provincia vicina, ma proprio a Bergamo che oggi è una città fantasma”.

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NECROLOGI – “Mi hanno parlato di pagine e pagine dell’Eco di Bergamo piene di necrologi: una cosa spaventosa. E’ stato lì che mi sono detto: “Io e Rabea, la mia fidanzata, dobbiamo parlare: forse è il caso che lei torni in Germania”. Ma è voluta rimanere con me, e insieme abbiamo deciso che restasse”.

RUGANI – “Quel giorno del suo contagio abbiamo pensato tutti: e adesso chissà quando torneremo a giocare. Pensai alla quarantena: per lui, i compagni, gli avversari. Pensai che siamo davvero tutti sulla stessa barca. E infatti da oggi sono in autoisolamento anche io, ma non è cambiato nulla: in pratica lo ero già da mercoledì. Sono preoccupato quanto lo sono da giorni, né più né meno”.

CHAMPIONS – “Sapevamo che al 99% avremmo giocato almeno in Champions, dunque abbiamo provato a fare allenamenti molto buoni, a lavorare forte. Ma concentrarsi non era facile. Come ci siamo riusciti? Continuando a ripeterci che se avessimo messo tutto in campo e scritto la storia, avremmo dato almeno un sorriso alla nostra gente. Avremmo fatto felice la città almeno per due ore. E’ stato il nostro chiodo fisso”.

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Ancora sul COVID-19: “L’abbiamo sottovalutato tutti, io per primo. Al massimo è un’influenza”, mi dicevo. E sono uscito, sono andato al ristorante, ho incontrato gli amici. Non conoscevamo questo nemico e la sua capacità di contagio, lo abbiamo capito solo quando i casi erano già tantissimi. Troppi. Quando ci hanno spiegato il significato di quelle due parole: zona rossa”.

ITALIANI – “Dopo un po’ di superficialità sono emerse le vostre cose migliori: il coraggio, la solidarietà, l’identità di popolo. E l’amore per la vita, la riconoscenza: leggere di gente che si affaccia ai balconi e applaude i medici, gli infermieri, mi ha commosso”.

SERIE A E CHAMPIONS – “Mi chiedo come faranno, quale potrà essere la soluzione che accontenti tutti: davvero non so come finirà. E’ brutto essere smarriti, ma lo siamo”.

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“In questo periodo di quarantena ho molto più tempo per la mia fidanzata, per studiare e preparare qualche esame di psicologia, per leggere dei libri che erano rimasti lì, in attesa di essere aperti. E poi mi alleno un po’ a casa, anche se è stranissimo. Non è strano farlo a casa: è strano farlo senza sapere quando mi servirà”.

Produttore Esecutivo in Mediaset per contenuti di informazione (hardnews e softnews), telegiornali e talk tv prime-time. Ho ideato il progetto LBDV e fondato la testata giornalistica. Sono amante del dubbio, socratico per formazione e mi piace guardare al di là delle apparenze tutto, le persone e la vita.

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