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Un pezzo irricevibile
Poche volte, in vita mia, mi è capitato di imbattermi in un pezzo più intollerabile ed irricevibile di
quello scritto da Gallo su Il Napolista dopo la folle serata di Napoli – Milan.
L’articolo consiste in un miscuglio per nulla casuale di inesattezze, inutili esagerazioni, valutazioni del tutto personali contrabbandate per verità assolute.
Gallo esordisce dicendo che c’è “una distanza abissale e incolmabile tra il Napoli di De Laurentiis e una buona fetta di Napoli”. Manco “una buona fetta di tifoseria”, che sarebbe affermazione sulla quale si potrebbe anche discutere, no: per Gallo, l’abisso si è determinato fra Adl e una buona fetta della città. Chi lo stabilisce, tutto ciò? Cosa c’entra la città, se quella di cui si discute da tempo e di cui si discuterà per giorni è vicenda tutta interna al mondo del calcio? E poi, di grazia, che vuol dire “buona fetta”? Chi la quantifica? Gallo? Se sì, come? Bah. E uno.
Andando avanti, il Napolista riconosce che “qualcuno potrà obiettare che in mezzo c’è una robusta fetta di città che silenziosamente sta con il presidente”, salvo poi chiarire che si tratta di una fetta, per quanto consistente possa essere, del tutto inutile. Ciò si deve al fatto che costoro non urlano e quindi non hanno voce, visto che, prosegue Gallo, viviamo in tempi in cui il silenzio non è assenso ma assenza, “tempi gridati, in cui conta solo chi la propria voce la fa sentire”. Chi come me ieri era allo stadio, con biglietto regolarmente acquistato e mai ricevuto in dono da chicchessia, sa bene che ad ogni coro anti presidenziale partito dalle curve, lo stadio, nella sua quasi totalità, ha risposto subissando di fischi i contestatori. Siccome i tifosi degli altri settori sono più numerosi di quelli che in curva, manco tutti, hanno contestato, si afferma il falso quando si dichiara che i più contestano; siccome ieri sui contestatori sono piovuti fischi a morire, si afferma il falso quando si dichiara che chi non condivideva la contestazione è rimasto in silenzio.
Ma poi, che logica è quella di cui si fa apologia? Vale di più il pensiero di chi urla? Siccome si vuole sostenere la tesi di una città quasi tutta ostile ad Adl, allora si fa passare per inutile, perché priva di voce, la massa critica di gente che non ha contestato. A me, onestamente, quella di chi dice che se non si urla non si hanno ragioni pare una logica un po’ da ultrà: chissà, magari Gallo dentro sé vorrebbe essere un capo ultrà, solo che non lo sa ancora, o non riesce ad ammetterlo.
Col tempo, magari, si chiarirà le idee.
Di male in peggio
Finita qui? Neppure per idea. Secondo Gallo, “il contributo della città a questa strepitosa stagione è praticamente nullo”, e ciò in ragione del fatto che, nel momento dello smantellamento apparente, si osò contestare.
“Contributo nullo”???? E cosa altro dovrebbe fare, la città, per sostenere la squadra da un lato, la società dall’altro?
Il Maradona è
sold out praticamente da settembre, la gente sta spendendo somme considerevoli per andare allo stadio in casa e in trasferta; non conosco i numeri del
merchandising ma – da frequentatore decennale del Tempio – posso dire che mai come quest’anno sto vedendo in giro tante
maglie originali. Questo per ciò che concerne il supporto alla società.
Quanto alla squadra, sono mesi che Napoli le fa sentire attorno e addosso una passione smisurata, sono mesi che gli azzurri, prima ancora di diventarlo di fatto, sono trattati da eroi epici di un’impresa memorabile.
Il problema sono le scuse mai arrivate per le polemiche estive? Mettiamole in un sol conto con quelle mai pervenute nonostante tante frasi arroganti, ostili, volgari pronunciate da Adl e lasciamo che tutto vada in pari. Ci stiamo mettendo tutti l’anima e pure la faccia, non possiamo accettare che il Gallo si erga sulla mondezza delle polemiche e ci impartisca lezioni di come si contribuisce, da tifosi, al sogno che stiamo vivendo.
La comiche finali
Potrebbe essere finita, lo so, ma non lo è, perché Gallo non ne vuole sapere di fermarsi, bensì va avanti. Andando avanti, scrive testualmente che: “Il Napoli ha già perso sei punti (contro Lazio e Milan) per l’assurdo clima venutosi a creare allo stadio”.
Certo, se dobbiamo parlare di calcio sarebbe il caso che, di calcio, qualcosa si capisse.
Il Napoli ha perso contro la Lazio perché non è stato brillante, perché Vecino ha imbroccato un tiro della domenica, perché la Lazio è forte e bene allenata ed ha giocato bene. Può capitare.
Il Napoli ha perso contro il Milan perché, semplicemente, gli azzurri erano irriconoscibili e i campioni d’Italia hanno fatto i campioni d’Italia. Punto, fine della storia.
Si vuole dire che, in alcuni momenti, la squadra avrebbe avuto bisogno di un supporto che le è mancato? Lo si dica, è vero. Se però si afferma che contro Lazio e Milan si è perso a causa delle contestazioni, oltre a dimostrare di voler davvero piegare ogni brandello di realtà a fare da supporto alla propria tesi, si presentano gli azzurri come un gruppo di smidollati che, senza il sostegno di tutto uno stadio, non sanno cosa fare, che pesci pigliare. Come la mettiamo con l’andata dei quarti di Champions’, quando si giocherà davanti a 70000 persone ostili?
Vorrei scrivere qualcosa anche sulla chiusa, tutta concentrata su un’analisi tra il sociologico e l’antropologico, e sulla proposta di portare il Napoli a giocare lontano da casa propria: vorrei scrivere qualcosa su queste gemme, dicevo, ma non ci riesco perché devo asciugarmi le lacrime, tali e tante sono le risate che mi sto ancora facendo.
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