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Angolo del tifoso

ANGOLO MILAN – Il Milan vuole la seconda stella

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Il derby di Milano numero 197. Molti lo conoscono come derby della Madonnina. Quella statuina che sta lassù, su quella guglia in cima al Duomo e che, da un paio d’anni, è tornata a vedere una stracittadina degna del suo nome. E della sua storia.

Il Milan si impone per 3-2, giocando da vera detentrice del titolo che non intende mollare lo scudetto, ben cucito sulla maglia. Anzi. Una partita giocata con una tale personalità che fa capire benissimo che in realtà il Milan costruito da Moncada, Massara e Maldini, vuole raggiungere quota venti scudetti e cucirsi anche la seconda stella.

Un atteggiamento aggressivo, mai rinunciatario, combinato ad un livello tecnico altissimo e alla padronanza dei meccanismi di gioco, di un gruppo di calciatori che si conoscono e stanno in campo insieme da oramai tre anni e mezzo.

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Maignan ovviamente fra i pali, Calabria a destra, Kalulu, Tomori centrali, Theo Hernandez a sinistra, Tonali e Bennacer in mediana, Leao, De Ketelaere e Messias dietro Olivier Giroud unica punta.

La partita

Dal primo pallone giocato, diventa chiara l’inerzia che muoverà l’incontro. Il Milan costruisce con un giro palla fluido, offrendo pochi punti di riferimento agli avversari, mentre l’Inter sembra affidarsi più a improvvise fiammate che non ad una manovra ragionata. Proprio da una di queste fiammate, nasce il vantaggio ospite.

Una serie di passaggi nella zona centrale del campo, le marcature a uomo degli uomini di Pioli si annodano troppo e ha la meglio Brozovic che esce dall’ingorgo con un grande inserimento in velocità, depositando la palla in rete alla sinistra di Maignan.

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Inter in vantaggio ma la stessa fiammata che ha portato il vantaggio nerazzuro, accende poi la partita dei rossoneri che trovano il pareggio dopo soli otto minuti. Percussione di Tonali che largo a sinistra trova sempre libertà d’azione, scarico a sinistra dove Leao, di prima, infila Handanovic con un interno sinistro potente e preciso.

È il pareggio. Ed è solo l’antipasto di quello che ha in serbo il portoghese per questo derby di inizio settembre, nel secondo tempo. L’ala sinistra decide di giocare come in Serie A non si vedeva fare ad un ragazzo cosi giovane, da più di un decennio e i rossoneri in sei minuti, dal 54’ e al 60’, prima passano in vantaggio con Giroud e poi allungano con Leao, con un gol che meriterebbe un manuale di filosofia del calcio, per essere davvero compreso e raccontato. Vera Arte. Degno della Galleria dei grandi gol dei derby di Milano.

Il secondo gol di Leao

Leao riceve palla da Giroud, in un fazzoletto di campo fa una finta di corpo, pizzichetto alla palla e scatto che lo proietta all’esterno dell’area verso sinistra. Davanti ha due avversari che presto diventano tre. Due tocchi ravvicinati alla palla per avanzare ancora, un altro di esterno sinistro per mettere la sfera su la zolla d’erba giusta e poi con lo stesso sinistro, ma di interno, insaccare piazzando la palla sul palo lontano.

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È il gol, messo a segno in un derby, più bello degli ultimi quidici anni, senza paura di sbagliare, senza paura di esagerare.   Handanovic ci prova ma l’espressione sul volto è di chi sa come andrà a finire.

San Siro esplode e il clima della torcida rossonera sembra riportare al maggio della stagione scorsa che pare non essere mai passato.

L’Inter troverà il 3-2 con Dzeko e tanta foga ma non riuscirà ad agguantare il pareggio. Perchè se è vero che il Milan ha un fenomeno, in attacco sulla fascia sinistra, è anche vero che ha il suo fenomeno più continuo e decisivo fra i pali.

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Mike Maignan decide di chiudere la porta rossonera e sfodererà almeno due interventi da migliore portiere d’Europa, prima su un colpo di testa ravvicinato di Lautaro Martinez e poi su un tiro da fuori di Calhanoglu. Elasticità, riflessi e presenza nervosa. Doti di un portiere che è decisivo quanto un attaccante e solido quanto un veterano, un vero capitano. Uno di quegli uomini che in campo emanano e danno sicurezza ai suoi compagni di squadra col solo sguardo. 

Milan, squadra vera

Un derby non è mai una partita come le altre. Vero. Perdere punti all’inizio del campionato è poco male perchè ci sono più partite per recuperare. Vero anche questo. Ma vincere un derby, di questa caratura, fra due pretendenti al titolo, all’inizio della stagione aggiunge punti pesanti in classifica e mette una consapevolezza precisa nelle ossa, nella testa e nel cuore dell’avversario. La consapevolezza di essere inferiore.

L’avversario si dimena, da tutto quello che ha, ci mette foga ma finisce per perdere. Perchè gioca contro una squadra che ha una sua precisa natura e un suo preciso credo calcistico. Costruita intorno ad un gruppo forte che resiste sotto pressione da 42 mesi. Che concede pochissimo e crea dal nulla gol incredibili. E oggi questa squadra si chiama Milan.

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