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NUMERO 14 – Testa o croce

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Napoli, 5 Giugno 1968. Italia – Urss, la semifinale del Campionato Europeo, si è appena conclusa. Anche nei tempi supplementari non si è sbloccato il pareggio tra le due squadre maturato nei novanta minuti regolamentari. L’epilogo dell’incontro si svolgerà negli spogliatoi dello Stadio San Paolo. I capitani Facchetti e Shesternev sono convocati dall’arbitro nella sua stanza. Si deve procedere al sorteggio per decidere chi andrà in finale.

Ricominciare da zero

L’accesso all’atto conclusivo della manifestazione è di vitale importanza per gli azzurri. Il calcio italiano si trova in uno stato di grave crisi di gioco e risultati, culminati nella clamorosa eliminazione dai Mondiali inglesi di due anni prima ad opera dei carneadi della Corea del Nord. Una tale disfatta ha imposto un totale rinnovamento della Nazionale, con la panchina affidata a Ferruccio Valcareggi (inizialmente in coppia con il “mago” Helenio Herrera). Quest’ultimo ha riorganizzato il gruppo, trovandone il leader nel carismatico bomber del Cagliari Gigi Riva. Proprio lui, aggregato controvoglia  alla spedizione in terra inglese come “apprendista”, ha messo la firma sulla qualificazione alla fase finale dell’Europeo con sei reti in tre incontri. Il suo riscatto coincide con la ripresa della squadra, che avrà anche il vantaggio di disputare gli ultimi incontri in casa, dato che l’Italia ospita il torneo. Sono le condizioni ideali per puntare ad una vittoria che restituirebbe prestigio all’intero movimento. Rimane solo un ostacolo da superare sulla strada per la semifinale, i due incontri dei quarti di finale con la pericolosa Bulgaria. Uno scoglio da affrontare senza il talismano Riva, azzoppato da una insidiosa pubalgia.

Forze nuove

A Sofia, nella gara di andata, il c. t. fa giocare l’esordiente centravanti del Milan Pierino Prati. L’incontro si mette subito male per gli azzurri: l’attaccante Asparuhov viene atterrato in area dallo stopper Bercellino. E’ calcio di rigore e la Bulgaria passa in vantaggio. Come se non bastasse, alla mezz’ora, il libero Picchi si infortuna in uno  duro scontro. Il regolamento vigente allora non consentiva le sostituzioni: Picchi stringe i denti e si posiziona all’ala destra, fuori dal cuore delle azioni, per non lasciare i compagni in dieci. Tuttavia l’Italia non si da per vinta e il vivace debuttante Prati si dimostra all’altezza di Riva, colpendo due pali. Una autorete dei bulgari regala il pari all’Italia che poi si vede costretta a subire la reazione degli avversari, concretizzata con altre due reti. E’ ancora Prati a rintuzzare, segnando nel finale la preziosa rete del definitivo 3 a 2. Al ritorno, a Napoli,  basterebbe una vittoria di misura per la qualificazione. Valcareggi lancia tra i pali l’esordiente Zoff, al centro della difesa Castano prende il posto di Picchi mentre in attacco è confermato Prati con Riva ancora indisponibile. L’attaccante rossonero sblocca il risultato, il giovane portiere dimostra sicurezza con alcune fondamentali parate, l’ala Domenghini fissa il risultato finale sul 2 a 0. E’ fatta, si resta al San Paolo per la semifinale contro l’Unione Sovietica.

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Una sfida infinita

Il c. t. si fida dei nuovi arrivati: Zoff è ancora tra i pali, Castano in difesa e Prati in attacco. Riva è tra i 22 convocati ma  in condizioni fisiche molto precarie e i medici hanno consigliato prudenza. Gli avversari sono gente abituata alla battaglia, nei quarti hanno ribaltato il 2 a 0 subito all’andata dall’Ungheria con un perentorio 3  a 0. Sono disposti a tutto pur di arrivare alla finale e lo dimostrano subito, azzoppando Rivera con un duro intervento già al terzo minuto. Il regista del Milan è costretto a posizionarsi all’ala destra, completamente avulso dal gioco, impossibilitato a dare il suo contributo. L’inferiorità numerica non condiziona l’Italia che, incitata da circa 100.000 sostenitori, guerreggia con i sovietici per novanta minuti, colpendo anche un palo con Domenghini. Il pareggio costringe le due formazioni ai supplementari che gli azzurri disputano in 9 contro 11 a causa di un nuovo infortunio che mette fuori causa lo stopper Bercellino. L’Urss parte all’assedio della porta di Zoff ma, anche stavolta, il portiere si mostra all’altezza della situazione. E’ ancora parità,  in assenza di calci di rigore, l’esito della partita sarà deciso dalla monetina.

Un urlo dagli spogliatoi

L’arbitro tedesco Tschenscher mostra ai due capitani la moneta da 5 franchi svizzeri: Facchetti sceglie testa, il suo omologo sovietico  acconsente. L’arbitro effettua il lancio ma non riesce a raccogliere la moneta al volo. Tutti si chinano e vedono che si è infilata in una fenditura del pavimento. Tensione a mille e  sorteggio da rifare. L’arbitro lancia di nuovo e poi mostra il risultato. Il capitano sovietico ha il volto impassibile, quello azzurro è trasfigurato dalla gioia. Facchetti lancia un urlo di trionfo (“Siiii, testaaa!”) che viene colto dai suoi compagni, in angosciosa attesa nella stanza adiacente. Tutti escono e si accodano al capitano che, intanto, si è lanciato di corsa nel corridoio che porta al sottopassaggio verso il campo. Esce sul terreno di gioco mostrando i pugni alzati al pubblico in segno di vittoria. Il boato liberatorio dei tifosi in  paziente attesa è la miglior ricompensa che possa desiderare.

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