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NUMERO 14 – Condannati alla panchina

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All’inizio degli anni Ottanta è il sogno di ogni portiere In Italia. E anche la sua più grande paura. Prendere il posto di Dino Zoff, indistruttibile numero uno della Juventus e capitano della Nazionale, è una impresa da far tremare i polsi. Gli anni che passano dovrebbero imporre a chiunque di pagar dazio all’inevitabile declino fisico. E quindi suggerire di passare la mano. A chiunque, tranne che a Zoff. Cura maniacale della preparazione atletica o patto faustiano per avere l’eterna giovinezza? Qualsiasi sia la risposta sta di fatto che, a dispetto delle primavere che si sono accumulate, il portierone friulano ha occupato la porta bianconera per undici stagioni di fila. Mai un’assenza, mai un infortunio, mai una squalifica. E chi ha avuto l’ingrato compito di fargli da vice ha collezionato una infinita serie di panchine, vittima predestinata della inesorabile regolarità del titolare.

Massimo Piloni

Lo sbarco a Torino di Zoff, nell’estate del 1972, serve a colmare un vuoto. Nelle ultime due stagioni, infatti, si sono alternati tra i pali ben quattro portieri. E nessuno di loro è riuscito a convincere appieno né l’allenatore né la dirigenza. Tra di loro Massimo Piloni è il più giovane (classe 1948) e quello che ha fornito le prestazioni più decorose. E’  anche un prodotto del vivaio, naturale che la società l’abbia confermato in rosa: il titolare è il neoacquisto Zoff, già da tempo nel giro della Nazionale, ma a Piloni è stato detto che avrà comunque l’opportunità di scendere in campo. E lui, in cuor suo, coltiva ancora l’aspirazione di poter competere con il rivale per la maglia numero uno. Speranza vana: Zoff ha l’abitudine di saltare mai un allenamento, figurarsi una partita. Che sia anche l’ultima amichevole della stagione. Per Piloni comincia una lunga anticamera che durerà per ben tre anni. Tre campionati in cui non potrà mai indossare i guantoni, se non per un insignificante match di Coppa Italia contro il Cesena. Sembra inconcepibile per i ritmi del calcio odierno schiavizzato dal turn over ma, ai tempi, il numero esiguo di partite imponeva il ricorso alle riserve solo in caso di infortunio del titolare. Che, nel caso in questione, era un evento impossibile da verificarsi. L’unica scelta per Piloni era quella di cambiare aria per poter risentire l’odore dell’erba. Dopo tre anni di anonimato in panchina sceglierà di andare in Serie B, al Pescara.

Giancarlo Alessandrelli

Il suo posto viene preso da Giancarlo Alessandrelli (classe 1952), anche lui prodotto del vivaio bianconero e richiamato alla base dopo alcuni campionati giocati in prestito con Ternana, Arezzo e Reggiana. E’ un ragazzo gioviale ed estroverso, non gli ci vuole molto per farsi benvolere dai compagni di squadra. E anche il burbero Zoff gli riserva qualche mugugno in meno rispetto al suo predecessore. Si adegua di buon grado al suo ruolo di panchinaro fisso e riesce anche a ritagliarsi un compito particolare. Munito dell’apposito apparecchio si incarica di aggiornare il resto della squadra sui risultati dei concorrenti sugli altri campi. In questo modo si guadagna il nomignolo di “Radiolina”. In ogni caso, complice la ruvida simpatia che suscita nel titolare, riesce a collezionare qualche scampolo di presenza, specialmente in Coppa Italia, oltre ad una partita in Coppa dei Campioni. In campionato invece, riserva di caccia dell’implacabile predatore Zoff, neanche un minuto. Almeno fino all’ultima giornata del torneo 1978-79, il momento in cui il Destino gli gioca il più crudele degli scherzi. E’ un incontro senza significato, si gioca al Comunale contro l’Avellino, la Juventus non ha più traguardi da rincorrere.  Siamo già quasi alla mezz’ora del secondo tempo e la squadra bianconera è in vantaggio per 2 a 0. Alcuni veterani chiedono a gran voce all’allenatore Trapattoni di far debuttare Alessandrelli, è la situazione ideale. Il mister interroga con lo sguardo Zoff che acconsente alla sostituzione. Finalmente “Radiolina” si toglie la tuta ed entra in campo. La Juventus segna il terzo gol, la partita sembra davvero non avere più storia. Ma, incredibilmente, l’Avellino riesce a segnare per tre volte nel giro di un quarto d’ora e a strappare un pareggio. Il tanto sospirato esordio si è tramutato in un incubo. Alessandrelli, frastornato per il traumatico episodio, si trasferisce a Bergamo, per giocare nell’Atalanta.

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Luciano Bodini

Il suo sostituto viene proprio dagli orobici: Luciano Bodini (classe 1954) è cresciuto nel settore giovanile della Dea e, dopo un prestito alla Cremonese, è tornato a Bergamo per disputare due campionati da titolare. In quella estate del 1979 ha la grande occasione per far carriera. E’ vero che parte come dodicesimo, alle spalle di Zoff, ma è altrettanto vero che ormai Dino va per i 38 anni mentre lui ne ha solo 25. E da più parti si mormora che il portierone friulano abbia imboccato la strada di un onorevole declino. Se il ragazzo si farà trovare pronto, sostengono i bene informati, ben presto la porta bianconera cambierà proprietario. Bodini lo sa bene, è intenzionato a giocarsi le sue carte. Massimo rispetto per il monumento Zoff ma anche impegno allo spasimo in allenamento per provare a soffiargli il posto. Dal canto suo il titolare non ha nessuna intenzione di farsi da parte, i riflessi e il colpo d’occhio sono ancora eccellenti e il suo finale di carriera durerà fino all’estate del 1983, quando si toglierà i guantoni dopo essersi tolto lo sfizio di vincere un Mondiale l’anno precedente con la carta d’identità che segnava quota 40 anni.  La sua  incredibile longevità agonistica ha costretto Bodini, come gli altri, alla perenne occupazione della panchina. Il suo ritiro aprirà la corsa alla sua successione, ma questa è un’altra storia..

 

 

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