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Gavilucci, ‘l’uomo nero’: “Arbitri vittima di un sistema che non gli permette di essere sereni”

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“Gli arbitri non possono parlare”. Claudio Gavillucci, invece, può farlo, e lo fa in un’intervista rilasciata a Fanpage.it. Dal 30 giugno 2018 non è più un arbitro di Serie A. Dismesso, a sorpresa, dall’Associazione Italiana Arbitri in virtù dell’ultimo posto nella graduatoria stagionale, secondo le valutazioni di osservatori e organo tecnico. Il capolinea della sua carriera ad alti livelli è così diventato l’inizio della sua battaglia. Spinto dalla delusione per la fine di un sogno, Gavillucci ha deciso di accendere i riflettori sul complesso sistema che regola l’AIA al suo interno e condiziona la vita professionale degli arbitri. Dalla singola partita all’intera carriera. Dinamiche raccontate nel dettaglio, con prove e documenti a supporto, ne ‘L’uomo nero’. Un libro che parla di arbitri ma “scritto per gli arbitri”.

Gavillucci, chi è l’uomo nero?
“Nell’immaginario collettivo è sempre stato un personaggio malvagio, che incuteva timore. Nel calcio l’uomo nero per decenni è stato identificato nell’arbitro. Per la divisa nera e perché era il nemico, il cattivo, colui che decretava il calcio di rigore e imponeva la sconfitta alla squadra del cuore. Ho scelto questo titolo perché il mio libro vuole aprire la conoscenza sulla figura dell’arbitro”.

Nella sua storia ha avuto un ruolo centrale quel Sampdoria-Napoli del 2018. Facciamo chiarezza una volta per tutte su cosa è successo?
“È successo che al 30′ del secondo tempo ho interrotto per cori discriminatori di tipo territoriale, per la prima volta, una partita di Serie A. Quello è stato il momento in cui la mia fama è arrivata ai massimi livelli. La fine della mia carriera e l’inizio della storia del libro. Quello che mi ha insinuato dei dubbi è stato il silenzio assordante che nei giorni successivi è calato su quella decisione. Mi aspettavo che almeno dai vertici dell’AIA e dalle istituzioni calcistiche fosse utilizzata come uno spot, come un punto di partenza nella lotta al razzismo”.

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Ha trovato una spiegazione alla sua dismissione?
“È la ragione per cui ho iniziato questa battaglia per la trasparenza: capire perché a 38 anni, dopo aver diretto oltre 600 gare in carriera, di cui 50 in Serie A, dopo essere stato in quella stagione il quarto arbitro più utilizzato e avendo diretto persino una delle quattro partite ‘vere’ dell’ultima giornata di quel campionato, con la salvezza in palio, sono stato dismesso. Motivate valutazioni tecniche, ufficialmente. In soldoni: non ero più idoneo a dirigere partite di Serie A”.

Ed era davvero così?
“Sono andato a vedere se quelle valutazioni fossero realmente motivate. L’ho scoperto? No”.

Chi non conosce la sua storia può pensare: ecco l’arbitro fatto fuori dal sistema che ora cerca vendetta.
“Voglio solo che quanto accaduto a me, per il bene del calcio e dell’AIA, non succeda ad altri. Evitare quei retropensieri che vedono gli arbitri assoggettati alle società di calcio e le polemiche divampare per una semplice mancanza di comunicazione. Un nuovo punto di partenza affinché il sistema arbitrale si apra, migliori dal punto di vista della comunicazione e della trasparenza”.

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A proposito di trasparenza: le dinamiche che regolano la carriera degli arbitri all’interno dell’AIA non ne sono un modello.
“Questo era un tema delicato da affrontare, perché molto tecnico. Ho pensato che la cosa migliore fosse pubblicare i referti. Per fare un esempio, il più noto, ho scelto Inter-Juventus del 2018, la partita che ha sancito l’assegnazione dello Scudetto (quella della mancata espulsione di Pjanic, ndr). L’arbitraggio di Orsato è stato valutato più che buono, come la mia direzione in Sampdoria-Napoli. Orsato resta uno degli arbitri più forti di sempre, ma è evidente che in quella partita sia inciampato in una serata no: qual è il motivo per cui a quella prestazione negativa è stato assegnato lo stesso voto di una prestazione positiva? Andando a scavare, avendo ricevuto per la prima volta nella storia dell’AIA i referti con cui veniamo giudicati, i parametri sono risultati incongruenti”.

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