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ZONA CESARINI – La Grande Bellezza

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Aria nervosa in quella settimana. Il giorno 28 di Maggio, Anno Domini 2017, Totti avrebbe dato l’addio al calcio. Era un pò che non andavo allo stadio. Da quando non ero più abbonato, 2003, sono state sporadiche le mie sedute all’Olimpico. Troppo caos, troppa scomodità, i litigi per i posti, chissà. L’ultima era un Roma-Barcellona, quella dell’eurogol di Florenzi, per intenderci.

Insomma, una mattina verso le 11, esco dall’ufficio e mi avvicino a un tabaccaio. Fila ai Roma Store non la faccio, sia chiaro. Perchè in fondo io non ho voglia di andare allo stadio ma sono turbato e sento che devo. Dopo alcuni problemi di connessione mi viene stampato il biglietto, distinti sud. Andata.

Domenica

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Aspetto pranzo e vengo caricato da mio fratello. Parcheggiamo sul marciapiede di Piazza Bainsizza, abbastanza lontano dallo Stadio per avere una pettorina numerata, ma non abbastanza per doversi portare la borraccia. Ci separiamo, lui da anni abbonato in curva, io improvvisato e magari ho rubato il posto ad un bambino, penso. È tutto sbagliato.

Ora voglio fare outing. Io ero lì per il motivo sbagliato: non ero lì da tifoso della Roma, ma per salutare un “amico”, un vero compagno di giochi.

Ero lì per Totti, e della partita, o del suo svolgimento, mi interessava quasi zero. Considerato che col Genoa salvo non mi aspettassi certo una battaglia, non avevo alcun interesse per l’imperdibile secondo posto che ci avrebbe garantito la Champions e tanti soldi per fare la squadra (si legge il sarcasmo?).

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Lo ammetto: le corse per gli ultimi posti Champions mi fanno piacere, piacere mi fa parteciparvi, ma il gioco del “quanti sordi pijamo” non mi fa correre al Circo Massimo e, come dico sempre, non si tratta di vincere ma di competere e crescere. Insomma un pessimo esempio di tifoso.

Roma-Genoa

In pochi minuti, il Genoa passa in vantaggio ma la Roma pareggia subito e quando, a metà del secondo tempo, De Rossi fa 2 a 1, penso sia finita. Mi preparo alla festa, o al funerale, fate voi.

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Totti era già entrato al 9′ dopo minuti in cui lo stadio rumoreggiava. Il signore accanto a me era incacchiato. Gridava: “ma che ce frega, qua dovemo vince”, ineccepibile.

Al pareggio del Genoa mi incazzo, una delle poche male uscite del portiere polacco, prossimo campione d’Italia in altri lidi. Comincio a dar ragione al signore che, da romanista consumato, urla: “ma guarda questi maledetti, so sarvi e danno l’anima. Solo contro a Roma”.

Quando, nel recupero, Perotti la butta dentro, lo stadio esplode, nascondendo le mie urla di insulto, che mi toglieranno la voce. Insulti per l’emozione che non avevo chiesto, insulti per avermi dato ansia in un giorno che volevo tranquillo, ma forse era altro.

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Comunque sia, tutti contenti, e io incrocio le braccia aspettando che si allestisca lo “spettacolo”. Mi guardo le bandiere e gli striscioni, guardo l’amore che viene fuori. Il più bello di tutti è il più ironico, dissacrante e “romano” che ci possa essere…

Esce Francesco e già mentre saluta i suoi compagni in fila… ma non piangerò, cavolo, ho quarant’anni.

Comincia il giro di campo e il signore indemoniato e cinico accanto sta piangendo come un bambino… ma io non piangerò.

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Quando Francesco si ferma, al centro della Tevere, si appoggia in lacrime ai cartelloni e quando guarda in alto la vastità dell’amore per lui, mi accorgo che in realtà piangevo da quando era finita la partita.

Tutto lo stadio piangeva, a singhiozzo, anche i giocatori in campo: finiva un’era, finiva la storia recente della nostra squadra e finiva nel cassetto dei ricordi una parte di vita. Perchè questo stupido gioco, se lo ami, fa parte di essa.

Piangiamo tutti per l’intera durata del girocampo e della lettera. Quando esco, ci si ritrova con il fratello e non si dice nulla: nessuno ha voce e tutti hanno gli occhi rossi.

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Ripiango la sera e la mattina rivedendo il tutto davanti alla tv.

COME LI SPIEGHI 25 ANNI?

Non è facile per chi non è romano e romanista. Quella mattina ci ho provato con un post. Non ero solito scrivere cose del genere, ma in realtà forse è stato il principio di ciò che mi ha portato a collaborare con questa testata. Allora lo ripropongo.

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Di solito, se un autore si autocita i casi sono tre: o è un genio, o è uno arrivato alla frutta o è un coglione. Nella quasi certezza di rientrare nella terza opzione, preferisco ricordare che non sono un autore e quindi non devo sottostare a regole letterarie.

Quello che è stato Francesco per noi, ma anche quello che è stato per il calcio tutto. In tanti ci sono arrivati, ma il marchio di romano pigro e sornione non se lo è mai tolto. Ancora oggi, nonostante tutto, mi sento dire: “ancora con Totti stai?”. Sì.

Sia chiaro, nessun giocatore è più importante della maglia che indossa e Totti non è stato più importante della Roma. Ma la Roma, con Totti, è stata più importante, durante il giubileo della sua carriera.

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Non ha vinto niente, ancora me lo sento dire. Ammesso e non concesso che un mondiale e uno scudetto a Roma sia niente, è vero, rispetto ai Ronaldo, ai Messi e a molti altri del gotha del calcio è pochino. Hanno vinto più Birindelli e Pessotto, lo sfottò preferito dai bianconeri, che ci sta, numericamente è vero.

Facciamo un gioco allora…

Partiamo dal “Non ha vinto niente”… anzi gnente che rende meglio.

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Ripensate anche solo a quella settimana che ha preceduto l’addio. Ripensate un attimo a momenti topici della sua carriera.

Pensate a uno che è rimasto tutta la vita sportiva nella stessa squadra, una squadra medio grande, non il Milan di Berlusconi… già, Berlusconi, che avrebbe fatto carte false per portarlo al Milan ma disse: “le bandiere non si comprano… e comunque non lo avrebbero mai venduto”. Pensate alla corte di Moratti (quello del triplete) e all’assegno in bianco dato in mano a Sensi da Florentino Perez e gentilmente restituito.

Pensate ai duecentocinquanta gol in serie A, miglior marcatore della storia del campionato italiano (dopo Piola, per carità, non toccate Piola nel pleistocene calcistico). La serie A, non la Liga ballerina o le divertentissime praterie della Premier. La serie A, dove il più scarso difensore viene addestrato col tortore. La serie A dei pullman davanti alle reti.

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Pensate a un CT che a febbraio perde un pezzo di Nazionale e aspetta un improbabile recupero in quattro mesi che contribuirà al mondiale tedesco. Pensate a quel cucchiaio in Olanda che ancora vi fa sognare, mentre il povero Van Der Saar ormai usa solo la forchetta anche per la minestra, tanto il dolore.

Pensate agli stadi di Messina e Genova blucerchiata (tra i tanti) in piedi per un gol capolavoro. Pensate a Mr cento milioni Bale, a prendersi una tirata d’orecchie dal Real perchè sorpreso fuori dallo spogliatoio della Roma, come un bambino, a chiedere la maglia.

Pensate all’addio di Francesco, al mondo del calcio che si ferma. Ai tributi di giocatori e allenatori, supervincenti di tutta Europa, a onorare il giocatore e anche quel concetto di “bandiera” che con lui finisce, quasi definitivamente. The King of Rome is not dead…

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Ramos, uno dei giocatori con più trofei che capelli, mostra orgoglioso la maglia numero 10.

Si ferma lo sport, dal povero Bryant a Federer.

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La politica e la cultura sono in lacrime per questo “burino”, “romanaccio”, “pigro” (trovatevi la poesia di Favino che dice tanto).

Gente famosa che ammette di non sapere se il pallone sia tondo o quadrato gli tributa un pensiero.

Pensate al rispetto e all’amore di campioni consumati (Pirlo, Del Piero, Buffon etc). Ronaldo, il fenomeno recentemente dirà che avrebbe meritato il pallone d’oro. Maradona gli ha sempre tributato stima.

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Televisioni collegate da tutto il mondo, come per nessun altro. Il gol col City ve lo faccio raccontare da Repice e dai suoi colleghi da tutto il mondo…

L’ultima stagione acclamato negli stadi d’Italia. Anche i tifosi della Lazio salutano un vecchio nemico perchè anche i nemici, alla lunga, ci definiscono.

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Pensate a San Siro, SAN SIRO!, lo stadio più vincente d’Europa, chiamare a gran voce il Capitano per l’ultimo saluto da dentro la sua arena, urlo deluso dalle decisioni “tattiche” di Spalletti (di Spalletti bis parlerò meglio se e quando avrò un patentino, così da uomo me lo faccio revocare in un attimo).

Insomma, riguardatevi l’attenzione, l’amore (e l’odio certo) che Francesco ha creato in venticinque anni. Guardate il “mondo” Francesco Totti, da Porta Metronia.

E ora, a questo quadro, per forza di cose colpevolmente incompleto, aggiungete le cinque parole con cui il gioco è cominciato:

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ma

non

ha

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vinto

gnente

Siate onesti: ancora non la vedete?

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LA GRANDE BELLEZZA

 

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