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CORNER CAFE’ – La livella

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“C’ha perzo tutto, ‘a vita e pure ‘o nomme: tu nu t’hè fatto ancora chistu cunto?”. Torna a sferzare, forte, il Covid-19 sui vetri delle abitazioni. Sarà il tempo, un marzo di schiarite e uggiosità, ma la giornata di ieri è stata un po’ più triste del solito.

Si chiamava Dolors Sala Carriò, la madre di Pep, forse il tecnico più rappresentativo della prima decade – e più – del ventunesimo secolo, nel calcio. Un uomo che pareva assurgere al Dio, un uomo quasi inscalfibile sul terreno di gioco, un uomo capace di portare voglia, ambizioni e trofei dovunque andasse. E’ andata via per il coronavirus, la madre di Pep; un male terribile, che scandisce i minuti, le ore ed i giorni di questa prima parte di duemilaventi. Un male incredibile a dirsi, silenzioso e ostico al tempo stesso: non fa altro che mietere anime, chiunque esse siano.

Non voglio sminuire, con questo, le vittime – passate e prossime – della pandemia che ha colpito il mondo. Piuttosto, questo fa tornare alla mia mente la poesia di Totò, ‘a livella: una poesia semplice, eppure non banale; una storia come tante ma con un significato più che profondo: di fronte alla morte siamo tutti uguali. E’ uguale chi piange il proprio figlio, è uguale chi termina la propria vita senza un ultimo saluto; è uguale anche chi, di domenica in domenica, viene visto come un’entità eterea, astratta, eppur ora più umana di molti altri. Piange Pep come piange Donatella, Stefano, Riccardo o chiunque altro ha toccato con mano una sorte che avrebbe preferito mai si presentasse.

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Piangono tutti in egual modo, che siano normalissimi uomini o icone sportive o dello spettacolo. Tristemente, mestamente, senza nemmeno poter lasciare un ultimo bacio sul viso di chi c’è stato per tanto ed ora, improvvisamente, non è più. Piangono in silenzio, un silenzio che dev’essere rispettato, assecondato e compreso. Perché la morte miete indiscriminatamente con la sua scure; perché, di fronte alla fine, siamo tutti quanti uguali‘A morte ‘o ssaje ched”e?…è una livella.

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