I nostri Social

Approfondimenti

A(F)FONDO – Sport educativi per genitori diseducativi

Pubblicato

il

Tempo di lettura: 3 minuti

 

È di pochi giorni fa questa storia che ha come protagonista un giovane calciatore spagnolo.

Diego Pablo Hernández è il portiere dell’Avilés Stadium, squadra giovanile delle Asturie, una regione spagnola.

Pubblicità

Il piccolo portiere undicenne, per difendere l’arbitro donna dagli insulti di alcuni papà presenti sugli spalti, ha interrotto la partita.

Il bambino, infatti, non ha trovato corretto che a quella donna ci si rivolgesse il quel modo, etichettandola con appellativi maschilisti e volgari. Così, ha fermato la gara ed ha urlato agli spettatori poco sportivi: “State zitti e lasciate l’arbitro tranquillo una volta per tutte. Non vedete che sta piangendo? Fermi, fermi!“.

In un tempo in cui è difficile riconoscere e ritrovare valori quali l’empatia, la lealtà ed il coraggio, il piccolo Diego rappresenta, nel suo piccolo, un esempio. Senza neppure pensare più alla partita in corso, il bambino ha riconosciuto come prioritario il bisogno di difendere la giovane donna, Ana López, un arbitro di soli 19 anni.

Pubblicità

Ma non solo. Dopo essersi rivolto ai tifosi, si è avvicinato ad Ana per rassicurarla e le ha detto: “Lo stai facendo bene“.

Al termine dell’incontro, la donna ha ringraziato il piccolo portiere per la sua sportività e per la sua empatia.

Mi dispiaceva vederla piangere e mi sembrava che fossero ingiusti nei suoi confronti. Sono i genitori che devono imparare a trasmettere valori diversi“, ha dichiarato Diego.

Pubblicità

Mentre Ana ha detto: “Non so perché le persone si esprimano così davanti ai bambini. Non è la prima volta che sento una cosa del genere. Una volta dissero che il calcio è un gioco per uomini e che non avrei dovuto arbitrare la partita. Questo non deve accadere“.

Troppo spesso, sugli spalti di una partita di calcio di bambini o ragazzi, gli adulti si rendono protagonisti in negativo, fungendo da esempi diseducativi. Come possiamo pensare che un bambino non sia influenzato da tali modelli e condotte di questo tipo?

L’adulto, il genitore per primo, riveste un ruolo educativo e i ragazzi non apprendono solo dalle parole, ma anche e soprattutto dall’esempio, dal comportamento quotidiano dei grandi.

Pubblicità

Sono tanti, troppi, i genitori ‘fissati’ a che i figli pratichino sport. Sono troppi quelli settati sulle performances più che sugli aspetti emotivi e valoriali alla base di una crescita serena. Bisogna vincere a tutti i costi perché, per molti adulti, vincere è l’unica cosa che conta.

E il divertimento? La valenza educativa? L’appartenenza? L’incontro? L’integrazione? La necessità di sperimentare frustrazioni per imparare ad accettare le difficoltà della vita? Di scaricare l’aggressività in un contesto di contenimento?

L’attività sportiva giovanile può rappresentare realmente una straordinaria esperienza educativa.

Pubblicità

Ma è fondamentale riconoscerne la funzione ludica e sociale. Grazie allo sport, praticato già da bambini, si ha la possibilità di imparare il rispetto di sé, degli altri e delle regole, l’impegno, la cooperazione, l’accettazione della sconfitta, oltre che di accresce la fiducia in sé, migliorando l’autostima.

A proposito di episodi deplorevoli accaduti durante le partite a livello giovanile, la FIGC ha scritto: “L’approccio educativo del mondo del calcio è troppo spesso uno specchio attraverso cui si riflettono comportamenti e atteggiamenti degli adulti, quindi competitività esasperata, esclusione dei meno dotati, accentuazione dell’aspetto fisico e agonistico”.

Diversamente dagli adulti, i bambini accettano l’errore e, per loro, riconoscere che un altro sia più bravo rappresenta quasi una cosa naturale, hanno bisogno di sentirsi liberi di sbagliare, di seguire il proprio istinto e, soprattutto, di fare da soli. Quando sbagliano, i bambini tendono a scuotere le spalle e a cancellare quasi subito l’errore o la sconfitta. Tante volte sono più preoccupati della ‘predica’ che li attende a casa da genitori esigenti e competitivi.

Pubblicità

Molti genitori, infatti, esercitano una pressione psicologica sui figli – pushing parents – e spesso confondono l’agonismo – la voglia di confrontarsi e di verificare quanto uno vale – con l’antagonismo  – vincere a tutti i costi – cosa che comporta una percezione della stima di sé legata al risultato. Della serie: “se vinci sei forte, se perdi sei scarso”.

L’attività sportiva è uno dei mezzi migliori per aiutare il proprio figlio a maturare e a crescere. Lo sport spinge il bambino o il ragazzo ad impegnarsi, a cercare di migliorarsi, a mettersi continuamente alla prova, a socializzare, a cooperare, a comprendere il valore dell’impegno, il sacrificio e l’umiltà, ad assumersi responsabilità e riconoscere che ci sono diritti e doveri da rispettare in una dinamica di collettività.

A prescindere dal movimento e dagli esercizi fisici, il calcio è soprattutto cultura sportiva. Ossia rispetto, insieme di valori, condivisione, cooperazione, accettazione dei propri limiti, valorizzazione delle proprie risorse, sana competizione e inclusione.

Pubblicità

Nel calcio, come nella vita, è necessario imparare a sopravvivere alle cadute, rialzandosi, a ripartire dalle sconfitte e, soprattutto, a vivere pienamente le emozioni, nel riconoscimento, nella gestione e nella consapevolezza delle varie sfumature che le caratterizzano.

Pubblicità

in evidenza