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Le piaghe del calcio italiano: la criminalità

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Violenza, razzismo e scandali è ciò che caratterizza il calcio italiano ormai da anni. Il gioco più bello del mondo sta morendo per mano stessa di chi ritiene di amarlo. Viviamo l’epoca peggiore, e non mi riferisco ai risultati di campo sarebbe veramente troppo banale, ma c’è di mezzo l’attendibilità di un sistema che ormai rappresenta tra le imprese più grandi del nostro paese. Credibilità, ormai minima, che giorno dopo giorno continua a diminuire a causa di ignobili atti compiuti da tifoserie marce fino al midollo, di uomini corrotti che raggiungono il potere. Avvenimenti vomitevoli per chi segue spensieratamente questo sport che progressivamente stanno allontanando sempre più i ragazzi e le ragazze.

Un’atmosfera surreale

Che bello quando si andava allo stadio per godersi uno spettacolo, la partita di calcio, e  il pubblico ne era la cornice mozzafiato. Quando stare sui gradoni era una valvola di sfogo positivo per chi affrontava la settimana, per chi lottava quotidianamente per l’ambizione sociale cercando di emergere. Adesso invece il campo è teatro di insulti, palcoscenico di risse che molto spesso hanno condotto alla morte, spezzando giovani vite. Tra i problemi che maggiormente affliggono il nostro paese c’è sicuramente la discriminazione verso il diverso, come se facesse effettivamente la differenza il colore della pelle o l’appartenenza ad un determinato paese. Il razzismo è sempre più una piaga del nostro paese e il calcio, non di meno, continua ad essere un mezzo per alimentare odio. Tutto questo sta conducendo alla creazione di una forma mentis grave che si consoliderà sempre più in futuro se non si interviene con forza ora.

Tra gli episodi che più di recente hanno suscitato maggior clamore, ricordiamo quello del 29 ottobre 2022 allo stadio San Siro, durante il match tra Inter e Sampdoria. Durante la partita la Curva Nord è scossa dalla notizia della morte, in strada causata da almeno cinque colpi di arma da fuoco, del capo ultras Vittorio Boiocchi. Da quel preciso momento cala il silenzio più totale, ed alcuni tifosi decidono di andare via anzitempo. Inizialmente sembrava un gesto di rispetto collettivo è precipitato in minacce verso tutti di lasciare il settore.

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“La curva nord ha obbligato tutti i tifosi li presenti, donne e bambini compresi, a lasciare la curva con urla e spintoni – ha scritto un utente su Twitter – Ho pagato il biglietto per vedere il primo tempo nel secondo verde e metà del secondo nel terzo verde, un comportamento indecente da parte dei capi ultrà”. “Ci stanno costringendo con le minacce ad uscire – ha aggiunto un altro – un padre picchiato con la bambina, gente che ha fatto 600 km costretta a tornare a casa”.

Sempre più ultras e meno tifosi veri

Etimologicamente il termine ultrà è (rectius: era) utilizzato nel linguaggio politico con il significato di oltranzista, estremista, sia di destra sia di sinistra. Nel linguaggio sportivo, invece, allude ad un fantomatico “tifoso” appartenente ad un gruppo organizzato, un individuo facente parte di un branco che ha come obiettivo creare confusione, pavoneggiando la sua resistenza avverso lo Stato. Ma ci rendiamo conto? Come si può essere fieri di appartenere ad un tale “ordine”? Invece questo modus operandi di tifare per se stessi, mascherandosi dietro una squadra di calcio, è sempre più presente nella mente dei giovani, sostenuti da chi i propri reati e le proprie condanne le ha già collezionate, come se fossero ambiti trofei.

Avvenimenti come quelli verificatisi sull’A1 tra ultras del Napoli e della Roma è la rappresentazione dello schifo che quotidianamente ascoltiamo in televisione oppure leggiamo sui giornali. Uomini contro uomini, armati di bastoni, pietre, pronti a farsi la guerra. Immagini del genere portano alla mente una strofa della canzone “La guerra di Piero” scritta da De Andrè, che recita così:

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Napoli Juventus Maradona Serie A

(Foto: LBDV)

“E mentre marciavi con l’anima in spalleVedesti un uomo in fondo alla valleChe aveva il tuo stesso identico umoreMa la divisa di un altro colore

Sparagli Piero, sparagli oraE dopo un colpo sparagli ancoraFino a che tu non lo vedrai esangueCadere in terra a coprire il suo sangue
E se gli sparo in fronte o nel cuoreSoltanto il tempo avrà per morireMa il tempo a me resterà per vedereVedere gli occhi di un uomo che muore (…)”
Sarebbe banale soffermarsi sull’analisi delle parole, la miglior soluzione è che ognuno tragga le proprie conclusioni, avendo ben a mente le continue e terribili immagini di chi, ripeto, mascherandosi dietro una squadra di calcio, è fautore di violenza, odio spacciando confusione, terrore e morte.

La criminalità organizzata come Mangiafuoco con i suoi burattini

Come evidenziato poc’anzi, nelle curve degli stadi non c’è solo la vera passione calcistica, sottotraccia si muove la criminalità organizzata con i suoi vigliacchi e sprucidi interessi. Nel 2017 il rapporto dell’Antimafia ha fatto emergere considerazioni inquietanti sulle infiltrazioni e purtroppo tutte le società, chi più chi meno, ne sono vittime.  Un’infiltrazione resa possibile, si legge nel lungo dossier, anche grazie all’anarchia nella gestione degli spazi rispetto ai criteri di assegnazione dei posti. All’interno del territorio stadio le frange del tifo organizzato violento agiscono con modalità che riproducono il metodo mafioso, cioè utilizzare la forza intimidatrice del vincolo associativo e la condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva. Metodo che, come fatto da “Cosa Nostra”, ha creato un fitto reticolo di “soldati”, plagiando la mente alla maggioranza degli stessi.  L’immagine che riassume alla perfezione questo stile quella di Mangiafuoco con i suoi burattini nel recente film di Guilhermo del Toro.

Gli accordi clan – ultrà

La ‘ndrangheta e il mondo Juventus

Una storia quella tra ultras e clan che ha iniziato a delinearsi agli occhi del pubblico con l’Inchiesta Alto Piemonte. La ‘ndrangheta era riuscita a controllare i gruppi ultras dello Juventus Stadium. Tramite il controllo della curva, controllava anche il bagarinaggio e faceva pressioni sulla società per poter ottenere più biglietti di quanto consentito dalle norme della giustizia sportiva, ragione per cui Andrea Agnelli e la società  sono stati condannati. Era il 1° luglio 2016 quando gli agenti della polizia hanno fatto scattare l’operazione “Alto Piemonte” contro le infiltrazioni delle cosche a Torino, Biella e Vercelli. Tra tutti gli arrestati, spiccavano i nomi di Saverio Dominello e suo figlio Rocco, ritenuti esponenti della cosca Pesce-Bellocco di Rosarno, e quello di Fabio Germani, l’ex ultras dei “Drughi” e poi fondatore dell’associazione “Italia Bianconera” che vantava ottimi rapporti con giocatori, allenatori e dirigenza. (Come riportato da “Il Fatto Quotidiano”)

I Casalesi sulla Lazio: Chinaglia il pass d’ingresso

Noto è inoltre il tentativo di un gruppo riconducibile ai Casalesi di acquistare un pacchetto di azioni della Lazio, con l’intermediazione dello storico bomber Chinaglia. Il noto clan napoletano voleva entrare nel mondo del calcio attraverso la via principale, facendosi supportare da molti professionisti. L’obiettivo era introdurre denaro sporco proveniente da attività illecite e utilizzarlo per l’acquisizione della società capitolina. (Fonte: footballstory.mondocalcionews.it)

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La Camorra e lo stadio Maradona

In terra campana, invece, la divisione Curva A – Curva B” dello stadio Maradona, prima San Paolo, è legata a una nevrotica, ma attualmente quiescente contrapposizione tra clan camorristici. Ricordiamo la pavoneggiante presenza a bordo campo, con pass da giardiniere, dell’ex boss dei Capitoni di Secondigliano, Antonio Lo Russo, durante il match tra Napoli e Parma, vinto per tre a due dai Ducali, risaliente alla stagione calcistica 2009-2010. Su questo aspetto la procura della Figc ha archiviato l’indagine perché “si è dimostrato che la Società Calcio Napoli non avesse nessun potere di scelta o verifica sui giardinieri. Ma ancora lo storico volto della finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina: Gennero De Tommaso detto “‘a Carogna, è stato un narcos internazionale per conto della camorra, e anche il capo del gruppo ultras più importante della Curva A, ovvero i «Mastiffs». Molta di quella droga finiva allo stadio alimentando sempre più il legame tra la clan e ultrà. (Fonte: Il Fatto Quotidiano)

La criminalità organizzata lombarda e il calcio

Anche la criminalità organizzata lombarda punta sempre di più verso gli spalti, vera e propria “porta d’ingresso” per avvicinarsi alle società: secondo il Gafi, il Gruppo di azione finanziaria internazionale, il mondo del calcio da un lato “offre opportunità di ripulire denaro sporco”, facendo leva sui suoi bisogni di natura finanziaria, dall’altro consente di “conseguire consenso sociale all’interno delle tifoserie”. Uno degli schemi di riciclaggio più ricorrenti in questo settore è l’acquisto di club in difficoltà economiche: i più a rischio, per via dei minori controlli, sono quelli delle serie minori.

La prossima settimana la seconda parte dell’approfondimento di LBDV si concentrerà sul tema del razzismo che resta l’altro grande problema del calcio (e non solo) italiano.

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(Foto: LBDV)

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Laureando in Giurisprudenza presso l'Università degli studi Suor Orsola Benincasa. Redattore LBDV, nonchè scrittore e conduttore di "BLITZ!" e "MATCH!" - i programmi in diretta social dedicati, rispettivamente, al calciomercato e alla stagione calcistica.

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