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NUMERO 14 – Il samba della bandierina

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Vinì, tu m’ha portato a chist’ ccà, ma secondo te chist’ è nu jocatore e’ pallone?”. Il commendator Antonio Sibilia, padre padrone dell’Avellino, non usa mai mezze misure. Anche e soprattutto nei confronti dei suoi dipendenti. La pesante inflessione dialettale del suo linguaggio non tiene conto né del glorioso passato da calciatore dell’allenatore brasiliano Luis Vinicio né della sua indubbia competenza. Lui gli passa lo stipendio e si sente in diritto  di emanare ordini. E non si capacita che l’attaccante che ha richiesto sia quel piccoletto di colore che siede davanti a lui con gli occhi bassi. Solo in seguito alle insistenze del tecnico gli fa un contratto. Ma sia ben chiaro, se il suo rendimento non sarà soddisfacente ci sarà il benservito. Per entrambi.

La segnalazione del Gringo

Il diretto interessato, Jorge Dos Santos Filho, meglio conosciuto come “Juary”, non batte ciglio. E’ abituato alle diffidenze iniziali cosi come a smentirle a suon di gol. Ha solo 21 anni ma un curriculum da veterano: debutto nel Santos ancora minorenne, vittoria nel campionato paulista nel 1978 con 14 reti messe a segno, esordio in nazionale nella Coppa America dell’anno seguente e, infine, il trasferimento in Messico nelle file dell’Universidad de Guadalajara. E’ un attaccante  sgusciante e veloce, bravo sia a fornire assist  che a trovare la via della rete. La sua prima stagione a Guadalajara non è stata da incorniciare (25 presenze e 5 gol) ma le sue doti non sono sfuggite all’occhio attento di Sergio Clerici, detto “Il Gringo”. E’ un ex attaccante, sa valutare su cosa serve per muoversi bene tra le arcigne difese italiane. Naturale per lui fare il suo nome al connazionale Vinicio in cerca di un centravanti per la sua squadra. Juary si ritrova su un aereo in volo per Madrid, solo ad alta quota apprenderà da un dirigente messicano di essere stato ceduto all’Avellino per 700 mila dollari. Dopo lo scalo in Spagna la piccola comitiva prosegue per Roma. A Fiumicino c’è Vinicio a fare gli onori di casa: presentazioni e partenza immediata direzione Avellino. Per incontrare il patron Sibilia e firmare il contratto. Venti milioni di ingaggio annuale, Juary è la nuova punta dei bianco verdi.

Gol in allegria

Arriva in un momento difficile per il calcio italiano, gli effetti dello scandalo del calcio scommesse si fanno ancora sentire. La squadra irpina parte con cinque punti di penalizzazione, la pena inflitta dalla Federazione per il coinvolgimento negli eventi della primavera precedente. Arrivare alla salvezza in queste condizioni appare come una impresa proibitiva, si fa molto affidamento sul rendimento dell’attaccante brasiliano. Vinicio non esita a schierarlo titolare non appena arriva il transfert dal Messico, in Coppa Italia contro il Catania. Juary non tradisce le attese, anzi regala qualcosa in più. Va a segno e dopo si dirige verso la bandierina del corner. Dopo averla raggiunta si esibisce in alcuni passi di danza, girandole attorno come se stesse eseguendo un samba. E’ il suo modo di esultare per la marcatura, un invito ai tifosi a gioire assieme a lui, un rituale scaramantico. Ai tempi dei suoi esordi nel Santos gli chiesero come avrebbe esultato se fosse andato a segno. Lui si inventò questa danza della bandierina che  scatenò l’entusiasmo del pubblico e ne fece il suo marchio di fabbrica. Oltre che il biglietto da visita con cui presentarsi ai suoi nuovi tifosi. Il sorriso contagioso del brasiliano e la sua gioia di vivere applicata al calcio lo spediscono di filato nelle grazie della curva del Partenio.

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Il primo infortunio

Non tutti, però, sono cosi entusiasti delle sue prestazioni da ballerino. All’esordio in campionato, a Brescia, l’arbitro Lattanzi gli proibisce di fare la sua danza del corner pena l’espulsione. Nessun problema perché, anche se l’Avellino vince in trasferta, il brasiliano gioca solo 45 minuti e non va a segno. Fa comunque in tempo a vedersi negato un rigore, diretta conseguenza della sua naturale facilità a liberarsi dell’avversario diretto. Alla quarta giornata, contro il Cagliari, si procura un rigore e poi segna il gol della vittoria, festeggiato poi alla sua maniera. Stesso discorso per la gara dell’ottava giornata contro l’Ascoli: rigore procurato e marcatura, accompagnata dall’ormai proverbiale esibizione presso la bandierina. Il brasiliano ormai è lanciato e sembra non volersi fermare più, contro l’Udinese la sconfitta di misura è addolcita da una sua doppietta che regala ai tifosi irpini un doppio samba del corner. La settimana successiva, invece, la sua danza è il simbolo della vittoria sul Catanzaro. E’ nei piani alti della classifica marcatori e ha contribuito in maniera determinante ad annullare i punti di penalizzazione. Persino il severo censore Sibilia adesso si atteggia a suo talent scout precisando ad eventuali acquirenti che vuole 4 miliardi per il suo cartellino. Un simile momento può essere interrotto solo da un infortunio:il 18 Gennaio 1981 uno scontro fortuito con il portiere interista Bordon lo costringe ad uscire dal campo.  I tempi di recupero inizialmente sembrano brevi ma un nuovo stop costringe il brasiliano a un altro consulto medico. Dopo il responso l’operazione al ginocchio è inevitabile, cosi come la  lunga ripresa. il primo campionato italiano di Juary si conclude con 12 presenze e cinque gol.

Ritorno in campo

Per rivederlo all’opera bisogna attendere la prima giornata del campionato successivo. Contro la Roma del connazionale Falcao Juary torna in campo. E’ un esordio-bis altamente sfortunato, però, con il brasiliano costretto a farsi sostituire dopo solo dieci minuti di gioco, vittima di una tremenda distorsione al ginocchio. Gli occorrono due mesi e mezzo per tornare a giocare ma lui è sempre lo stesso: gol-vittoria al Cesena e tutto il Partenio a danzare intorno alla bandierina assieme a lui. Stesso copione per la rete contro il Milan, quella della vittoria esterna contro il Como e quella del fondamentale successo contro la Roma. Gol, samba e sorrisi, quella tra l’Avellino e il brasiliano ormai è una storia d’amore che frutta il quinto posto in classifica e il sogno di una storica qualificazione in Coppa Uefa. Pensieri dolcissimi che vengono però stroncati brutalmente da una pesante flessione di rendimento dell’intera squadra: l’Avellino scivola indietro in classifica, l’irascibile Sibilia se la prende con l’allenatore che decide, quindi, di dare le dimissioni. Alla fine la salvezza arriva comunque, con Juary al centro delle voci di mercato, forte dei suoi 8 gol in 22 presenze.

Nuovi lidi

L’attaccante brasiliano si trasferisce a Milano, sponda Inter. E’ un matrimonio di convenienza, il club nerazzurro lo aveva acquistato per girarlo al Cesena in cambio del bomber austriaco Schachner. Ma il giocatore e il club non trovano l’accordo, Juary rimane a disposizione del neo tecnico interista Marchesi. Non si trova bene nella nuova realtà metropolitana e il rendimento è deludente: solo due gol in tutta la stagione, in entrambi i casi ininfluenti ai fini del risultato. Anche le sue danze del corner sembrano più un atto dovuto che autentiche manifestazioni di gioia. Si congeda senza rimpianti da Milano ma anche le due esperienze successive, ad Ascoli e Cremona, seguono lo stesso canovaccio: poche presenze, pochissimi gol. Il folletto che ad Avellino incendiava lo stadio con gol e passi di danza sembra essere svanito, cosi come il suo sorriso. Il trasferimento al Porto, per 40mila dollari, sembra essere l’ultima tappa della carriera di un giocatore in declino. Ma il Destino ha in serbo per lui la più dolce delle rivincite, la sera del 27 Maggio 1987, nella finale di Coppa dei Campioni contro il Bayern  Monaco. L’anno precedente si è laureato campione del Portogallo con la sua nuova squadra, ha conquistato il diritto di disputare la prestigiosa competizione europea ed è approdato alla finale contro i più quotati tedeschi. Il suo congedo dal grande calcio è anche il suo canto del cigno: assist per il gol di tacco del compagno Madjer e gol della vittoria segnato su assist di quest’ultimo. Il sigillo del trionfo del Porto è la sua corsa verso la bandierina con le braccia alzate per l’ultimo samba.

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